Il 14 gennaio 2023 sono stato ordinato Diacono dall’Arcivescovo di Bari, Monsignor Giuseppe Satriano. Nella cosiddetta Bibbia dei settanta la parola diacono significa messaggero, corriere, servo. Nella Lumen Gentium al numero 29 si dice che durante l’ordinazione diaconale il vescovo impone le mani “non per il sacerdozio, ma per il ministero”. Nel motu proprio di San Paolo VI, “Sacrum diaconatus ordinem” del 1967, si parla per la prima volta di “carattere indelebile” riguardo la grazia sacramentale del diaconato. Infine, nel diritto canonico del 1983 ai numeri 1008-1009 viene definito il diaconato uno dei tre ordini sacri, di conseguenza il diaconato è una realtà sacramentale, di istituzione divina, che fa dei diaconi sacri ministri.
L’ordinazione è chiamata anche consacrazione poiché è una separazione e un’investitura da parte di Cristo stesso. Il sacramento dell’ordine imprime un sigillo (carattere) che nulla può cancellare e configura a Cristo il quale si è fatto diacono, cioè servo di tutti. Tra i noti compiti del diacono in ambito liturgico e di assistenza ai malati e ai poveri, mi sono soffermato sull’ “istruire ed esortare il popolo”. Nell’ambito quindi della predicazione, compito proprio di un frate domenicano, è necessaria l’esortazione. È importante, cioè, predicare con energia, esortando prima se stessi e poi gli altri, credendo e facendo quello che si predica.
Ma questo non è sufficiente. Nel vangelo di Matteo si legge “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? ” (Mt 7, 21-22) eppure questi che hanno predicato nel nome del Signore Gesù non entreranno nel Regno dei Cieli perché non hanno fatto la volontà di Dio. Quest’ultima certamente passa per il superiore, è data dall’obbedienza al vescovo e al legittimo superiore, obbedienza che ho promesso durante il rito dell’ordinazione diaconale. Prima di prometterla ricordo che il vescovo, sorridendo, mi ha sussurrato: “Sai, questa è la parte più difficile”!
Tutto questo perché è necessario tenere sempre presente il nostro fine: la salvezza delle anime. Sono tenuto a proclamare il Vangelo, a predicare e a dedicarmi ai vari servizi della carità, come è espresso durante il rito di ordinazione attraverso la consegna del libro dei Vangeli.
Il momento che più mi ha commosso è stato l’abbraccio di pace con il vescovo, appena ordinato diacono: dopo un lunghissimo percorso di discernimento durato 13 anni, ero lì diacono. Il vescovo aveva percepito la sofferenza del mio cammino, infondendo in quell’abbraccio compassione e pace.
Riflettevo sulla preghiera di ordinazione diaconale, dove la dicitura essenziale per la validità recita: “effondi in lui lo Spirito Santo, che lo fortifichi con i sette doni della tua grazia, perché compia fedelmente l’opera del ministero”. Meditavo di quanto forse poco preghiamo lo Spirito Santo e di quanto ancor meno chiediamo i suoi setti doni: spesso, troppo spesso dimentichiamo di chiederli nella preghiera! Consiglio, fortezza, scienza, sapienza, intelletto, pietà e timor di Dio.
Volevo soffermarmi, in particolare, sul dono della pietà. Secondo Papa Francesco il dono della pietà “è un legame che viene da dentro, è una relazione vissuta col cuore: è la nostra amicizia con Dio, donataci da Gesù, un’amicizia che cambia la nostra vita e ci riempie di entusiasmo, di gioia. Per questo, il dono della pietà suscita in noi innanzitutto la gratitudine e la lode. Tocca nel cuore la nostra identità e la nostra vita cristiana. Nello stesso tempo ci aiuta a riversare questo amore anche sugli altri, a riconoscerli come fratelli. Il dono della pietà significa essere davvero capace di gioire con chi è nella gioia, di piangere con chi piange, di stare vicini a chi è solo, angosciato, di correggere chi è nell’errore, di consolare chi è afflitto, di accogliere e soccorrere chi è nel bisogno. C’è un rapporto molto stretto fra il dono della pietà e la mitezza. Il dono della pietà che ci dà lo Spirito Santo ci fa miti, ci fa tranquilli, pazienti, in pace con Dio, al servizio degli altri con mitezza”. È proprio il dono dello Spirito Santo che chiederò più di ogni altro. È il dono con il quale si può esercitare il ministero diaconale e senza il quale non si può essere un servo umile e generoso ogni giorno della vita. Desideravo concludere con un augurio che mi ha inviato un confratello per l’ordinazione diaconale: “Il tuo cuore e la tua intelligenza siano solo a servizio del Vangelo e della Chiesa, in spirito di obbedienza nella ricerca continua della volontà di Dio”.
Fr. Gennaro Vitrone OP