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la preghiera in santa caterina da siena
LA PREGHIERA IN SANTA CATERINA DA SIENA
di Giuliana Cavallini
di Giuliana Cavallini
Le Orazioni di Caterina da Siena hanno inizio in uno slancio diretto verso la Divinità, poi si dilatano nella contemplazione o si concentrano nella domanda: O alta, eterna Trinità... O Dio eterno, o Dio eterno... O summo Iddio amore inestimabile...
Uno slancio ardito, che non perde di vista la bassa quota della piattaforma di lancio:O Dio eterno, alta ed eterna grandezza, tu sei grande ma io sono piccola...
perché non può esserci conoscenza di Dio senza conoscenza di noi, né di noi se non "nello specchio dolce di Dio". Apriamo il volume alla prima Orazione:
Deità, Deità ineffabile Deità 0 somma bontà che per solo amore hai fatto l'uomo a la immagine e similitudine tua, non dicendo 'sia fatto' quando creasti l'uomo come quando facesti l'altre creature, ma dicesti 'Facciamo l'uomo a la immagine e similitudine nostra' o amore ineffabile, perché consentisse tutta la Trinità...
Caterina medita alcune parole della Genesi e nota questa differenza: "fiat", sia fatto, è un comando impersonale che va bene per il sole, le stelle, la luna, il mare.- ma la creazione dell'uomo coinvolge ciascuna Persona della beata Trinità perché nell'anima umana la memoria sarà riflesso della Potenza del Padre, l'intelletto, della Sapienza del Verbo, e la volontà dell'Amore increato lo Spirito Santo.
... e gli hai data la forma della Trinità, Deità eterna, nelle potenzie dell'anima sua, donandogli la memoria, per dargli la forma di te, Padre eterno, che come padre tieni e conservi ogni cosa in te. Così hai data la memoria perché ritenga e conservi quello che l'intelletto vede e intende e conosce di te, Bontà infinita. E così participa la sapienza de l'unigenito tuo Figliuolo. Gli hai donata la volontà, clemenza dolce di Spirito santo, la quale volontà si leva piena de l'amore tuo, e sì come mano piglia quello che lo intelletto cognosce della tua ineffabile bontà. Così per la volontà e forte mano dell'amore s'empie la memoria e l'affetto di te.
La divina somiglianza impressa nell'anima umana dal Dio Uno e Trino è la realtà che sottende tutta l'opera di Caterina. Può essere oggetto di contemplazione o servire come argomento per ottenere una grazia particolare. Così nel caso dei due delinquenti condotti al supplizio che, invece di cedere ai tormenti, continuano a bestemmiare. Caterina li vuole salvi e per ottenere la grazia del pentimento fa leva anzitutto sulla preziosità del dono che essi portano in sé:
Diceva: Clementissimo mio Signore, perché disprezzi tanto la tua creatura fatta a tua immagine e somiglianza e pietosamente redenta dal tuo sangue prezioso, da permettere che venga martoriata nella carne, e tormentata pure crudelmente dagli spiriti dell'inferno?
Più che di preghiera, queste parole hanno il tono del rimprovero 0, almeno, del richiamo e, a renderle più efficaci, Caterina cita "precedenti" d'indiscutibile peso: il Paradiso aperto al buon ladro, il pentimento di Pietro, la conversione della peccatrice ... E tanto insiste che ottiene ciò che vuole: il Cristo grondante sangue appare al condannati, li illumina, e allora le bestemmie si cambiano in lodi, e i due vanno alla morte "come se fossero stati invitati a nozze" (Vita, 229-30). Caterina ha la certezza che la sua richiesta è in sintonia con la volontà divina e perciò sa concentrarla anche in un semplice lo voglio!" (cf. Lett. 273).
Alcuni episodi registrati nella vita e in rari passi delle Lettere ci dicono il modo forte di Caterina nella preghiera d'impetrazione: "non mi muoverò di qui finché tu non mi abbia esaudita"; oppure: "sono forse venuta a discutere di giustizia, o a chiederti misericordia?" (Vita, 243, 226).
Ma del suo intimo colloquio con la "Prima dolce Verità" dobbiamo la conoscenza ai discepoli che ascoltarono le parole delle sue Orazioni e le scrissero. Poche, senza dubbio, in rapporto alle molte che ella disse, come riconosce sinceramente uno dei trascrittori, ma preziose per i loro contenuti, e perché ci aprono il segreto del suo spirito.
L'orazione di Caterina si fonda sui misteri della Fede, contemplati con intelletto d'amore". Il senso della infinita distanza e, al tempo stesso, della convergenza Creatore-creatura, le è sempre presente. Ne troviamo una delle espressioni più tipiche nella Orazíone (XII) che Caterina pronunziò nella Domenica di Passione del 1379, circa un anno prima di morire:
O Dio eterno, alta ed eterna grandezza! tu sei grande, ma lo son piccola, e però la bassezza mia non può agiognere a l'altezza tua, salvo in quanto l'affetto e l'intelletto con la memoria si levano su dalla bassezza della mia umanità, e col lume, Il quale tu m'hai dato in lo tuo lume, te cognoscano.
L'anima tende a unirsi a Dio, ma si trova inceppata, tenuta a freno dai suoi limiti creaturali: Tu sei grande ma io sono piccola", e perciò se io raguardo in la tua altezza, ogni elevazione la quale possa fare l'anima mia in te è come notte oscura assimigliata alla luce del sole, ovvero quanto è differente la luce della luna dalla ruota del sole, per che io, bassezza mortale, non posso agiognere alla tua grandezza immortale. Ben posso gustare te per affetto d'amore, ma non ti posso vedere in la essenzia tua.
Ma la divina volontà di donarsi alla sua "creatura che ha in sé ragione non conosce freno, e se la creatura non può innalzarsi all'altezza della divinità, Dio le verrà incontro, scendendo al suo livello: si farà visibile nel Verbo incarnato.
E quando ho potuto agiognere a l'affetto della carità tua ... ? Quando fu tempo e venne la pienezza del tempo sacro ... allora quando venne il gran medico nel mondo, cioè il tuo Figliuolo unigenito; quando lo sposo si unì alla sposa: ciò è la divinità in el Verbo alla umanità nostra; della quale unione fu mezzo Maria, la quale vestì te, sposo eterno, della sua umanità.
Io, dunque, non potevo elevarmi fino a te, ma tu mi sei venuto incontro, e la nobiltà che avevi dato alla natura umana creandola a tua immagine e somiglianza, hai voluto perfezionarla facendone la tua sposa, prendendola in sposa.
Ma questa tua presenza nel mondo per la umanità assunta rimaneva nascosta. La tua vita era simile a quella degli altri, e la gente che t'incontrava, che parlava con te, non sospettava che sotto la realtà umana si nascondesse la tua divina infinità. La luce, il fuoco che eri venuto ad accendere rimaneva nascosto come bragia sotto la cenere. Soltanto nella passione avrebbe divampato agli occhi di tutti:
Ma questo amore e unione erano così occulti, che pochi li conoscevano, per la qual cosa l'anima non considerava ancora bene l'altezza tua. Ma, come io veggo, l'anima venne a perfetta cognizione de l'affetto della carità tua, nel lume tuo, nella passione di questo Verbo, perché allora il fuoco ascoso sotto la cenere nostra cominciò a manifestarsi largamente e pienamente, aprendo il suo corpo santissimo sul legno della croce.
La conoscenza non è fine a se stessa: è in funzione dell'amore. Elevato in alto, alla vista di tutti, sulla croce, Cristo dà la prova più evidente dell'amore suo e del Padre: quella del sacrificio di sé. Ma lo fa, come a Caterina viene detto nel Dialogo (XXVI) per muovere il cuore ad amare, perché il cuore dell'uomo è sempre tratto per amore", cioè dall'amore. Così s'intende la parola di Cristo "Se sarò levato in alto trarrò tutto a me" (Gv 12,32). E tuttavia l'uomo può essere tanto "ignorante" da far resistenza alla forza traente dell'amore.
E acciò che l'affetto dell'anima fosse tratto alle cose alte e l'occhio dell'intelletto speculasse nel fuoco, tu Verbo eterno hai voluto essere levato in alto, unde ne hai mostrato nel tuo sangue l'amore: nel tuo sangue ne hai mostrata la misericordia e la larghezza tua. In esso sangue hai lavata la faccia della sposa tua ... e con la morte tua le hai resa la vita.
La dialettica tra piccolo e grande sì attua come rapporto di figliolanza e paternità, in un clima di amore paterno-filiale dove la piccolezza umana sa di poter contare sulla potenza dell'infinito Amore:
0 dolce ed eterno Iddio, infinita sublimità! perché non potevamo elevare l'affetto, il quale era infimo, né'l lume dell'intelletto alla tua altezza per la tenebre della colpa, però tu, sommo medico, ne hai donato il Verbo con l'esca della umanità, e hai preso l'uomo; e hai preso il dimonio non in virtù della umanità ma della divinità (0. XII).
La divinità ha dato alla passione di Cristo un infinito valore redentivo, ma la umanità ha fatto da schermo alla divinità e il demonio, incapace nella sua malvagità di concepire un simile atto di amore, ha creduto, procurando la morte dì Cristo, di disfarsi di lui, e si è ingannato perché proprio da quella morte è stato sconfitto. Malgrado la sua astuzia, ha fatto come il pesciolino che abbocca l'esca, e rimane preso dall'amo nascosto nell'esca.
Caterina deve aver gustato la comicità della situazione: il grande ingannatore ingannato dalla Prima Verità e costretto a collaborare alla redenzione dell'uomo! Perciò vi ritorna più volte. Ma è caratteristico della divina Sapienza servirsi di mezzi inadeguati per compiere ciò che vuole:
E così facendo te piccolo hai fatto grande l'uomo, satollato di obbrobri l'hai riempito di beatitudine, avendo tu patito fame l'hai satollato nell'affetto della tua carità, spogliandoti della vita hai vestito esso della grazia, riempito tu di vergogna hai reso a lui l'onore, essendo oscurato tu quanto alla umanità hai reso a lui il lume, essendo disteso tu sulla croce hai abbracciato esso, ed gli hai fatta una caverna nel costato tuo nella quale caverna può cognoscere la tua carità, perché per essa mostri che li hai voluto dare più che non potessi per finita operazione (O. XII).
E' questo, secondo Caterina, il significato del colpo di lancia che apre il costato del Cristo già morto: dimostrare che il Suo amore va oltre gli stretti limiti della morte.
Il rapporto salvifico Dio-uomo si presenta nella Orazione X con la figura dell'innesto. Per il peccato l'umanità era come un albero morto, ma con la sua incarnazione il Verbo vi ha inserito la gemma che lo ha rinverdito:
0 deità eterna! che è vedere, nel lume tuo, l'arbore puro della tua creatura, la quale tu hai tratta di te, somma purità, con pura innocenzia!
Ma questo arbore, perché si parti della innocenzia, per la disobbedienza cadde, e d'arbore di vita diventò arbore di morte, unde non produceva frutti altro che dì morte. Per la qual cosa tu, alta ed etterna Trinità, si come ebbro d'amore e pazzo della tua creatura, vedendo che questo arbore non poteva fare frutto altro che di morte perché era separato da te, vita, gli desti il rimedio con quello medesimo amore con che tu l'avevi creato innestando la deità tua nell'arbore morto della nostra umanità.
O dolce e soave innesto: tu, somma dolcezza, ti sei degnato d'unirti con la nostra amaritudine; tu splendore con la tenebre; tu sapienza con la stoltizia; tu, vita, con la morte, e tu infinito con noi finiti. Chi ti costrinse a questo per renderli la vita, avendoti essa tua creatura fatta tanta ingiuria? Solamente l'amore, come detto è, unde per questo innesto si dissolve la morte.
Ma l'amore suggeriva di fare ancora di più:
E però tu, Verbo eterno, inaffiasti questo arbore col sangue tuo. Questo sangue per lo calore suo el fa germinare se l'uomo col libero arbitrio innesta sé in te, e teco unisce e lega el cuore e l'affetto suo, legando e fasciando questo innesto con la fascia della carità e seguitando la dottrina tua, però che'1 Padre non possiamo né dobbiamo seguitare, però che in lui non cadde pena, e noi ci dobbiamo conformare e innestare in te per la vita delle pene e de' crociati e santi desideri sì che per te, vita, produciamo frutti di vita se noi ci vogliamo innestare in te. E così si vede che tu creasti noi senza noi, ma non ci salverai senza noi.
Dunque il dono dell'innesto non possiamo riceverlo passivamente ma esercitando il nostro libero arbitrio per un corrispondente innesto di noi in Dio, reso saldo dal legame dell'amore, per seguire decisamente Cristo nella via della sua dottrina.
Può sorprenderci di leggere, nel Dialogo che gl'imperfetti vorrebbero seguire il Padre: ma non c'invita il Vangelo ad essere perfetti come il Padre che è nei cieli (cf. Mt 5,48)? Sì, ma il Padre è il mare pacifico, è la meta del nostro andare, non è la via. La via è Cristo, ponte tra cielo e terra, che del suo corpo inchiodato alla croce fa scala a noi per giungere al Padre.
Ma ... perché disse: 'Venga a me e beva?' Però che non potete passare senza pena, e in me non cadde pena sì In lui; e però che di lui vi feci ponte, niuno può venire a me se non per lui. E così disse egli: 'Niuno può andare al Padre se non per me'. E cosi disse verità la mia Verità (R LIII).
La necessità di andare per la via difficile, aspra, è ribadita nella visione dell'albero circondato da una siepe di spine. La gente che passa vorrebbe cogliere gli splendidi frutti dell'albero, ma ha paura delle spine e allora, per soddisfare alla fame, si volge a un mucchio di pula, che ha l'apparenza del grano ma grano non è, perciò la loro fame rimane insaziata. Altri si aprono una via tra le spine e gustano i frutti dell'albero. Ma quelli che per paura delle spine non osano passare la siepe s'ingannano. Infatti:
non possono fuggire che non sostengano pena, però che in questa vita niuno ci passa senza croce, so non coloro che tengono per la via di sopra: non che essi passino senza pena, ma la pena a loro è refrigerio (D. XLIV),
Infatti, come spiega altrove, la pena viene dalla ribellione della volontà, e quando la volontà è d'accordo non c'è più vera sofferenza. Non c'è vita umana senza dolore, è inutile cercare di evitarlo, ma accettato o voluto per amore, anche il dolore si fa gioia.
La Orazione IV, che prende le mosse in quel clima d'intimità familiare padre-figlia, si estende poi subito alla grande famiglia che è la Chiesa, e a tutta la famiglia umana:
O alta etterna Trinità, amore inestimabile! E se tu mi dici figliola, e io dico a te, sommo ed etterno Padre. E sì come tu mi dài te medesimo, comunicandomi del corpo e del sangue dell'unigenito tuo Figliuolo, dove tu mi dài tutto-Dio e tutto-uomo così, Amore inestimabile, t'adimando che tu mi comunichi del corpo mistico della santa Chiesa e del corpo universale della religione cristiana, perché nel fuoco della carità tua ho cognosciuto che di questo cibo vuoi che l'anima si diletti.
Tu, Dio etterno, vedesti e cognoscesti me In te, e perché tu mi vedesti nel lume tuo, però, innamorato della tua creatura, la traesti di te e creastila a la imagine e similitudine tua; ma per questo Io, creatura tua, non cognoscevo te In me se non In quanto lo vedevo in me la tua imagine e similitudine.
Ma, a ciò che lo vedesse e cognoscesse te in me, e così avessimo perfetto cognoscimento di te, tu unisti te in noi, discendendo della grande altezza della deità tua in fine al loto della nostra umanità.
L'incarnazione del Verbo viene dunque incontro ad una esigenza fondamentale della natura umana, quella dì conoscere, di sapere. L'intelletto creato non avrebbe mai potuto farsi una vera immagine di Dio, ma il Verbo che è nel seno del Padre è venuto a rivelarci il mistero, saziando quel desiderio di infinito che è insito nell'anima, e al quale l'anima non sa trovare risposta:
perché la bassezza dell'intelletto mio non poteva comprendere né raguardare l'altezza tua; però, acciò che con la mia piccolezza io potesse vedere la grandezza tua, tu ti facesti parvolo, richiudendo la grandezza della deità tua nella piccolezza della nostra umanità; e così ti sei manifestato a noi nel Verbo dell'unigenito tuo Figiuolo. Così ho cognosciuto te, abisso di carità in me, in questo Verbo.
Ma rimane nella mente di Caterina un grosso interrogativo: Dio sapeva, già prima di creare l'uomo, che quella sua creatura gli si sarebbe ribellata, sapeva che il suo riscatto sarebbe costato la passione del Verbo incarnato: perché non ha rinunciato a crearlo?
0 Padre etterno, o carità increata! lo so' piena d'ammirazione perché nel lume tuo ho cognosciuto che tu vedesti e cognoscesti me e tutte le creature che hanno in loro ragione, innanzi che tu ci dessi l'essere. Tu vedesti el primo uomo, Adam, e cognoscesti la colpa che doveva seguire della disobbedienza sua ... E cognoscesti che la colpa doveva impedire la verità tua (cioè la felicità voluta da Dio per l'uomo), anco impediva la creatura ché non s'adempiva in lei, ciò è che non poteva pervenire al fine per lo quale tu la creavi. Vedesti ancora, Padre etterno, la pena che seguitava al tuo Figliuolo per restituire l'umana generazione a grazia, e per adempire la verità tua in noi.
Sebbene tu conoscessi tutto quel che sarebbe avvenuto, Insistesti nel creare l'uomo 'Io di questo - dice Caterina - so' forte stupefatta'. Come spiegare una simile follia da parte della eterna Sapienza? Non c'è che una risposta: l'amore.
Veramente io veggo ... che per neun'altra cagione el facesti se non che, col tuo lume, ti vedesti costringere dal fuoco della tua carità a darci l'essere, non ostanti le iniquità che dovevamo commettere contra a te, etterno Padre. Adunque, el fuoco ti costrinse. O amore ineffabile, ben che nel lume tuo vedessi tutte le iniquità che la tua creatura doveva commettere contra la tua Infinita bontà, tu facesti vista quasi di non vedere, m a fermasti l'occhio nella bellezza della tua creatura, della quale tu come pazzo e ebbro d'amore t'inamorasti, e per amore le traesti di te dandole l'essere alla imagine e similitudine tua.
Dunque, tu sapevi tutto. Ma era così bella la immagine di questa nuova creatura nella tua mente, che te ne sei innamorato. Tu l'hai vista nella sua fondamentale verità, così come la volevi, e sapevi che per quanto la sua insipienza avesse cercato di allontanarla da te, tu avresti potuto raggiungerla e riportarla a te.
A differenza di certi autori spirituali che per suscitare pensieri di umiltà insistono su quanto in noi vi è di negativo, Caterina insiste sul positivo perché quanto abbiamo di bello e di nobile è puro dono di Dio. L'autentica umiltà è per lei semplicemente verità.
Dignità umana e umiltà si manifestano al sommo grado in Maria. La Orazione XI , detta nella ricorrenza dell'Annunciazione (25 marzo 1379) considera nella umiltà della Vergine il motivo della scelta di lei come Madre del Verbo incarnato:
0 Maria, vassello d'umiltà, nel quale vassello sta e arde il lume del vero cognoscimento col quale tu levasti te sopra di te e però piacesti al Padre etterno, unde egli ti rapì e trasse a sé, amandoti di singulare amore. Con questo lume e fuoco della tua carità e con l'olio della tua umiltà - così interpretato nella esegesi della parabola evangelica delle dieci vergini, Lett. 23 - traesti tu e inchinasti tu la divinità sua a venire in te, ben che prima fu tratto dal fuoco della sua inestimabile carità a venire a noi.
Ma quando è Il momento di attuare Il divino progetto della redenzione, l'eterno Padre non agisce in forza della sua indiscutibile autorità: si presenta quasi timidamente, come un giovane innamorato, e aspetta da Maria il consenso della umanità, confermando così la fortezza del dono della libera scelta di cui ha dotato l'uomo:
In te ancora, o Maria, si dimostra la fortezza e libertà dell'uomo, perché dopo la deliberazione di tanto e sì grande consiglio è mandato a te l'angelo ad annunzìarti el misterio del consiglio divino e cercare la volontà tua; e non discese nel ventre tuo Il Figliuolo di Dio prima che tu el consentissi con la volontà tua. Aspettava alla porta della tua volontà che tu gli aprissi, che voleva venire In te; e giamai non vi sarebbe entrato se tu non gli avessi aperto dicendo: 'Ecco l'ancilla del Signore: sia fatto a me secondo la parola tua'.
Dio In attesa del consenso di una sua creatura, e per l'attuazione di un progetto che coinvolge tutta l'umanità! Qui la relazione Creatore-creatura sembra avviarsi al paradosso. Dio desidera Il "sì" di Maria, ma lei deve poterlo dare liberamente, e liberamente lo dà. Più alto esempio della libertà umana non si sarebbe potuto trovare, e neppure Immaginare: Caterina ne approfitta a sostegno di quella realtà a lei tanto familiare del libero arbitrio, dote preziosa di ogni uomo:
Sappiate che come l'uomo è creato da Dio, gli sono dette queste parole: 'Sia fatto come tu vuoi', cioè: 'Ti fo libero, che tu non sia soggetto a veruna creatura, se non a me'. 0 inestimabile, dolcissimo fuoco d'amore, tu mostri e manifesti la eccellenza della creatura, che ogni cosa hai creata perché serva alla tua creatura ragionevole, e la creatura hai fatta perché serva te (Lett. 69).
Servire a Dio vuol dire usare della propria volontà per vincere le attrattive meno buone e aderire decisamente alla divina volontà. A questo concetto s'impronta la Orazione XXI, nella figura delle due vesti, dove "propria volontà?' non vuol dire libero arbitrio, ma attaccamento al piacere e chiusura egoistica: finché rimane schiavo della sensualità, l'uomo è come accecato:
Deità etterna! O alta etterna deità, amore inestimabile! ... Oggi la verità tua con ammirabile lume dimostra la cagione della tenebre, ciò è il vestimento fetido della propria volontà, e manifesta lo strumento con che si cognosce il lume, cioè è il vestimento della tua dolce volontà. ... La Verità tua dimostra che, sì come l'uomo si trae il vestimento a rivescio, così l'anima si debba spogliare della sua propria volontà se perfettamente si vuole rivestire della tua.
O volontà spogliata, o arra di vita etterna! Tu se' fedele infino alla morte, non al mondo ma al tuo dolcissimo Creatore; tu leghi l'anima in lui perché al tutto s'è sciolta da sé.
La libertà, dote inalienabile dell'uomo, non può essere offerta che a Dio, ed è l'unico dono degno di Lui. Ma Dio ricambia l'offerta della creatura col dono di Sé, la circonda del suo amore:
O Dio etterno, nel lume tuo ho veduto quanta conformità hai data di te alla tua creatura, unde io veggo che tu l'hai posta quasi in uno cerchio, che da qualunque parte ella va si trova in esso. Se io mi vollo a cognoscere nel lume tuo l'essere che tu hai dato a noi, tu ci hai data conformità alla imagine e similitudine tua participando te Trinità etterna nelle tre potenzie dell'anima. Se io raguardo nel Verbo per cui siamo ricreati a grazia, lo veggo te conformato a noi e noi a te per l'unione che tu, Dio etterno, hai fatta nell'uomo. E se io mi vollo all'anima illuminata da te, vero lume, veggo che ella fa mansione in te seguitando la dottrina della tua Verità, e in comune ... e nelle particulari virtù che sono provate per l'amore che l'anima ha conceputo a te nel lume tuo. E tu se' esso medesimo Amore. Adunque l'anima che per amore seguita la dottrina della tua Verità diventa un altro te par amore. Questa, spogliata della sua volontà, è vestita della tua per sì fatto modo ch'ella non cerca né desidera se non quel che tu richiedi e vuoi che sia nell'anima.
La divina immagine di Sé impressa da Dio nell'anima deve essere liberata da quelle sovrastrutture che la deformano per poter rivelare la sua originale bellezza. Questo cammino di liberazione lo abbiamo visto sintetizzato nel Proemio del Dialogo come desiderio di più conoscere per più amare; amare fino a vestirsi della divina Volontà dimenticando sé, e giungere a quella unione che è Identificazione di amante e amato, quella che nell'ascesa del ponte è espressa nel "bacio della bocca" che vuol dire partecipazione alla missione di Cristo nel suo amore filiale che lo fa obbediente al Padre fino alla morte di croce. Amare, dice il Signore a Caterina, è una legge alla quale nessuno può sottrarsi, è inutile cercare scuse nella posizione sociale e nei molti impegni o In altre difficoltà:
... già ti dissi che ogni stato era piacevole e accetto a me pure che fusse tenuto con buona e santa volontà, però che ogni cosa è buona e perfetta, fatta da me che so' somma bontà. Non sono create né date da me perché con esse pigliate la morte ma perché n'abbiate vita.
E prosegue:
Agevole cosa è, però che niuna cosa è di tanta agevolezza e tanto diletto quanto è l'amore. E quello che lo vi richieggo non è altro che amore ore e dilezione di me e del prossimo. Questo si può fare in ogni tempo, in ogni luogo e in ogni stato che l'uomo è... (Dial. LV).
La spiritualità cateriniana, basata sulla contemplazione Intelligente e amante del mistero cristiano, rimane perennemente e universalmente attuale perché illumina la esigenza fondamentale della natura dell'uomo, creatura dell'eterno Amore.

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Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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