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san giovanni macias

di Sr. M. Carla Bertaina
Da poco tempo era morta S. Rosa quando a Lima giunse l'emigrante Juan Macias, nato un anno prima della Santa, cioè il 2 marzo 1585, a Ribera de Fresno (Badajoz), nella regione spagnola dell'Estremadura vicina ai confini meridionali col Portogallo: una conca verdeggiante coperta di pascoli e di boschi, con paesaggi ondulati e degradanti ad anfiteatro, dove tuttora svernano i greggi. Da quell'ambiente silenzioso, aperto su spazi illimitati, dove l'uomo subisce il fascino dell'opera incontaminata del Creatore, il piccolo Juan trasse sicuramente un elemento caratteristico della sua personalità: la capacità di vivere con l'anima assorta in Dio mentre svolgeva le mansioni necessarie alla vita quotidiana.
Da un Padre domenicano, testimone al processo canonico del 1644, sappiamo che « tra i sei o sette anni, i suoi genitori lo mandavano a custodire bestiami di maiali e pecore ». Cominciò dunque presto per Juanito una vita solitaria, segnata dal bisogno di guadagnarsi il pane svolgendo con responsabilità il proprio lavoro, tanto più che rimase in breve tempo orfano di entrambi i genitori e fu accolto, insieme ad una sorellina, in casa di un parente.
Fin da allora ci fu una presenza particolare accanto a lui: il suo protettore S. Giovanni Evangelista, che gli si mostrò colpe un bambino della sua età, lo consolò per la morte dei genitori e gli promise di essergli guida costante. Poco a poco lo istruì nella vita spirituale, lo aiutò anche nella custodia del gregge perché potesse recarsi in chiesa a pregare o semplicemente potesse finire il Rosario nascosto dietro una roccia; soprattutto rafforzò nel giovane pastorello l'ispirazione profonda di mettersi alla sequela di Cristo, di dare testimonianza della sua fede, di diventare un missionario conquistatore di anime andando lontano dalla sua terra, là dove Dio gli avrebbe manifestato il luogo stabilito dalla sua Provvidenza. Per questo, verso i quindici anni, Juan si mise in cammino senza affatto sapere quale sarebbe stata la meta, ma procedendo passo dopo passo, avvenimento dopo avvenimento, vero pellegrino nella fede e per la fede, con l'unico desiderio di testimoniare l'Amore di Dio salvando le anime. Lasciato il suo paese, si mise a servizio di qualche padrone di mandrie, girando varie località dell'Estremadura e dell'Andalusia, fin quando giunse a Siviglia. In questa città finì in una casa di malaffare e per l'occasione ecco presentarsi di nuovo visibilmente il suo < santino > a trarlo fuori dal pericolo.
Finalmente al mandriano d'Estremadura, ormai trentenne, apparve chiaro che Dio lo chiamava a santificarsi al di là dell'Atlantico, ad < andare alle Indie », in quel Nuovo Mondo dove tanti spagnoli cercavano ricchezze potere fama, avventure, e troppo pochi erano i ferventi missionari che si dedicavano alla diffusione del suo Regno. Fece i preparativi per imbarcarsi e partì con un mercante di bestiame che lo aveva assunto conoscendo la sua provata capacità nel custodire gli animali: non era certo facile badare alle bestie durante la traversata dell'oceano e provvedere alle loro necessità!
Viaggiò come un emigrante qualunque, ma nel suo cuore viveva l'attesa del pellegrino di Dio, desideroso di portare a compimento la Sua santa volontà. Sbarcò a Cartagena, sulla costa settentrionale dell'odierna Colombia e, dopo quattro mesi e mezzo di viaggio a piedi lungo la Cordigliera delle Ande, entrò nella città di Lima. Trovò lavoro presso un mercante di grosso bestiame e restò a suo servizio per alcuni anni aspettando un segno indicatore dei disegni di Dio a suo riguardo. Continuava ad essere protetto e guidato dal suo amico e compagno Giovanni Evangelista il quale, come affermò un testimone al processo di beatificazione, « non una, ma molte volte lo soccorse nella carestia di cose che aveva e gli guardò il bestiame in forma di giovane vaccaro, così che, in più di due anni e mezzo, mai gli mancò un animale, anzi il numero aumentò! ». Fu ancora per suggerimento del suo santo patrono che Juan Macias chiese di essere accolto come converso, cioè fratello cooperatore, nel convento domenicano di S. Maria Maddalena: era il mese di gennaio del 1622 e quel postulante spagnolo aveva ormai trentasette anni, ma portava con sé il segreto grazie mistiche particolari e, soprattutto, era convinto di avere raggiunto la « terra della sua conquista di anime » a cui avrebbe dedicato il resto della sua vita.
Passò l'anno di Noviziato in compagnia di fra Paolo della Carità, portinaio, e col suo santo esempio cominciò la vita d'orazione per sei o sette ore, di giorno e di notte, e la pratica della penitenza e della carità verso i poveri. Imparò che la sua naturale taciturnità di mandriano dell'Estremadura era un ottimo aiuto per praticare il santo silenzio e fondere azione e contemplazione come aveva indicato il Santo Fondatore dei Frati Predicatori, nella cui Famiglia Religiosa entrò definitivamente con la Professione dei Voti il 23 gennaio 1623. Una gioia rassicurante gli invase l'anima sapendo che da quel giorno diventava come un agnello ben custodito e guidato dalla Regola tracciata dall'ardente Spagnolo di Caleruega.
Ben presto gli fu affidata la portineria, dove egli si esercitò nell'amare Dio e il prossimo fino alla morte, gareggiando con il suo amico Martino de Porres, fratello cooperatore nel convento del S. Rosario, per condurre il maggior numero di anime a Dio col proprio umile sacrificio e non senza alcuni interventi prodigiosi del Cielo. A Lima il numero dei poveri, tra indios, negri, orfani, invalidi, disoccupati... era in continuo aumento, perciò fra Juan dovette organizzarsi per dare a quanti bussavano al convento non solo un piatto di minestra calda, ma anche altri generi di prima necessità secondo le richieste. Ottenne il permesso di andare alla «cerca» in città, di bussare alle porte di chi possedeva di più per soccorrere quanti si rivolgevano a lui, aiutato sempre dalla sua completa fiducia nella Provvidenza divina, capace di spostare ogni ostacolo. Ebbe in dono un asino per trasportare la roba che raccoglieva e la brava bestia imparò a sbrigarsela da sola: fra Juan le metteva sul basto due grosse ceste e le dava le indicazioni necessarie, poi essa si dirigeva nei luoghi stabiliti dove la gente metteva le provviste nelle ceste, quindi se ne tornava al convento, morsicando e scalciando contro i ladruncoli che si fossero azzardati a toccare l'elemosina dei poveri. All'ora fissata il nostro portinaio distribuiva la minestra calda: si inginocchiava, afferrava il grosso mestolo e riempiva le pignatte dei poverelli, altrettanti Gesù Cristo per lui; e sempre tutti erano accontentati, nonostante la scarsità di cibo rispetto all'affluenza dei mendicanti; tanti poveri venivano invece raggiunti direttamente a domicilio dai cestelli portavivande inviate dal «fratello dell'elemosina».
Molte persone di Lima ed anche di altre città del regno, divennero benefattori o benefattrici del portinaio di S. Maria Maddalena, procurandogli grosse somme di denaro per la dote di ragazze indigenti, grandi quantità di tela per vari usi, mercanzie e commestibili d'ogni genere. Ma la carità dell'umile frate converso non si fermava ai bisogni materiali; egli era uomo veramente evangelico, che insegnava a quanti avvicinava la dottrina della salvezza; era dotto ed apostolico, molto intelligente nei divini misteri e nelle cose celesti, che sapeva correggere, esortare e mettere le anime sulla via della guarigione spirituale. Questa sua molteplice opera di bene aveva origine nella continua preghiera, nella devozione tenerissima alla Madonna che supplicava e ringraziava recitando e meditando i misteri del S. Rosario, nella certezza umile e incrollabile che la vita che conduceva era il modo voluto dalla bontà di Dio per lui di essere conquistatore‑missionario. Ogni giorno estendeva la sua carità anche alle anime del Purgatorio, offrendo suppliche per affrettare la loro entrata in Cielo.
Converso in un convento di stretta osservanza regolare, fra Juan trovò nella penitenza durissima ed ininterrotta il mezzo sicuro per ottenere dal Signore tutti gli aiuti che superavano le sue forze umane: praticava la disciplina comune, cioè la flagellazione delle spalle, con gli altri frati, ma anche quella volontaria di notte; portava crudeli cilizi; sopportava in silenzio le piaghe aperte nelle sue carni; accettava le umiliazioni ed i rimproveri del Priore che intendeva mettere alla prova la sua virtù; osservava le astinenze ed i digiuni col massimo rigore; dormiva poco e quasi sempre sui gradini d'un altare, dedicando il più della notte alla preghiera; soffriva per le vessazioni del demonio che lo colpiva e maltrattava, lasciandogli lividi visibili anche sul volto. La fonte di tutta la sua azione d'amore era la S. Messa nella quale poteva comunicarsi col Corpo di Cristo, anche se non tutti i giorni: faceva il possibile per servire, sempre in ginocchio, almeno quattro o cinque S. Messe ogni mattina e per la festa del Corpus Domini preparava con ogni cura in portineria l'altare dove si sarebbe posato l'Ostensorio durante la processione cittadina.
Quando nel 1639 morì fra Martino de Porres, il nostro Santo dovette pensare che anche per lui non era lontana l'ora della sua definitiva emigrazione dalla terra alla Patria Celeste, tanto più che era già stato in punto di morte in seguito ad una dolorosissima operazione chirurgica. Invece gli restavano ancora sei anni, durante i quali si intensificarono gli interventi soprannaturali sia a vantaggio del prossimo, sia per suo conforto, come una visione della Madre di Dio che gli porse il Bambino Gesù perché lo prendesse tra le braccia. Fra Juan Macias mori il 16 settembre 1645, praticamente dello stesso male che aveva condotto a morte il S. Patriarca Domenico, e al confessore che lo obbligava a rivelare qualcosa della sua vita, dichiarò di morire anche lui vergine per grazia di Dio e diede le spiegazioni richieste, soprattutto circa i suoi rapporti con l'Apostolo suo protettore.
Fu sepolto dapprima nella tomba comune sotto il Capitolo, poi le sue spoglie furono trasferite nella Cappella costruita nella portineria, dove il popolo poteva accorrere senza disturbare la vita regolare dei frati.
Quando nella metà del 1800 i Domenicani lasciarono il convento di S. Maria Maddalena, la sua salma fu portata nel convento di S. Domenico ed ora i suoi resti riposano nell'attigua Basilica del S. Rosario, insieme a quelli del suo amico Martino e di S. Rosa sulla cui scia di santità aveva camminato.
Fu beatificato da Papa Gregorio XVI nel 1837 e canonizzato nell'Anno Santo 1975 da Papa Paolo VI che lo definì « una figura meravigliosa ed attraente, una figura attuale, un esempio luminoso per noi, per la nostra società ».
Sr. M. Carla Bertaina

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