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santi martiri del viet-nam
La memoria liturgica del 24 novembre ricorda i 117 martiri canonizzati da Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988 e dichiarati Patroni del Vietnam il 14 dicembre 1990. Di essi 59 appartengono alla Famiglia domenicana: 6 vescovi e 16 sacerdoti dell’Ordine, 2 sacerdoti terziari domenicani, 10 laici terziari domenicani e 25 cristiani appartenenti alle missioni domenicane. La maggioranza subì il martirio nelle persecuzioni del XIX secolo, alcuni in quelle del XVIII secolo. I vescovi domenicani ed alcuni sacerdoti dell’Ordine erano di nazionalità spagnola, gli altri vietnamiti. Furono beatificati in gruppi diversi negli anni 1900, 1906, 1909 e 1951.
Un po’ di storia…
L’evangelizzazione delle regioni asiatiche: Tonchino, Annam e Cocincina, corrispondenti all’attuale Vietnam, iniziò nel XVI secolo ad opera dei Padri Gesuiti; intorno al 1580 è documentato il passaggio in quelle terre di missionari domenicani, due dei quali morirono martiri. Ma una loro presenza stabile si attuò soltanto nella seconda metà del XVII secolo, quando il Provinciale dei Domenicani a Manila (Filippine) inviò nel Vietnam del Nord i primi volontari. All’epoca il territorio era già suddiviso in due Vicariati apostolici, Nord e Sud: quello del Nord (Tonchino) fu suddiviso a sua volta in due parti seguendo la linea del fiume Rosso. Il Tonchino Occidentale fu affidato ai sacerdoti delle Missioni Estere di Parigi e il Tonchino Orientale ai domenicani. La nuova missione fu incorporata con decreto del Maestro dell’Ordine alla Provincia del S. Rosario di Manila. Nel 1696 la Congregazione di “Propaganda Fide” nominò Vicario Apostolico del Tonchino Orientale il P. Raimondo Lezzoli, milanese di nascita, proveniente dal Convento di S. Sabina in Roma. Nel 1702 fu consacrato vescovo, divenendo così il primo vescovo domenicano del Nord-Vietnam. Nel XIX secolo l’ampia azione missionaria dei domenicani portò alla creazione di altri due Vicariati Apostolici: Tonchino Centrale e Settentrionale. In questi due ultimi Vicariati operarono e diedero la testimonianza del martirio i 6 vescovi domenicani menzionati nel gruppo dei 117 martiri. L’opera evangelizzatrice dei domenicani penetrò profondamente nel popolo cristiano, soprattutto con la devozione a Nostra Signora del Rosario, e se ne videro i frutti nell’eroica fortezza dimostrata da migliaia di cristiani nell’affrontare la morte per il nome di Gesù in mezzo a terribili torture. Le persecuzioni, iniziate nel 1630 con un editto del re del Tonchino, che proibiva ai suoi sudditi la pratica della religione cristiana, durarono circa due secoli e mezzo, alternate a brevi periodi di pace. Una delle più crudeli fu quella ordinata nel 1833 nella quale i cristiani venivano facilmente “scoperti”, perché tutti i luoghi di passaggio erano disseminati di croci e chi evitava di calpestarle si rivelava come cristiano: a migliaia si contarono le vittime, rimaste per lo più sconosciute. Altre feroci persecuzioni si susseguirono in quegli anni fino al 1862, quando il re Tu-Duc sanzionò il principio della libertà religiosa per tutti i suoi sudditi.
Nel XX secolo l’impegno missionario dei Frati Predicatori portò all’erezione di cinque nuove diocesi e alla creazione da parte del Maestro Generale P. Aniceto Fernandez, il 18 marzo 1967, della nuova Provincia Domenicana del Vietnam “Nostra Signora dei Martiri”.
Nel 1975, con l’avvento del regime comunista, i frati hanno dovuto lasciare le terre del Nord, essendo loro proibita ogni attività pastorale, ma la Famiglia domenicana è presente con le suore e i laici.
Cenni biografici di alcuni martiri domenicani
Gerolamo Hermosilla, vescovo.
Nacque a S. Domingo de la Calzada, diocesi di Logroño, in Spagna, il 30 settembre 1800. Entrò nel convento domenicano di Valencia a quindici anni, ma potè emettere i voti religiosi soltanto nel 1823 a causa della situazione politica del paese. Chiese di far parte della Provincia domenicana delle Filippine, che reclutava i giovani frati spagnoli desiderosi di essere missionari. Dopo l’ordinazione sacerdotale partì per l’Estremo Oriente e, dopo aver trascorso alcuni mesi a Manila studiando la lingua annamita, s’imbarcò su una nave da carico e approdò nel Tonchino il 15 maggio 1829. Svolse l’apostolato per circa trentadue anni in mezzo a stenti, fatiche e persecuzioni d’ogni genere, cambiando spesso nome e residenza per non essere scoperto, dando prova costante di santità e di coraggiosa forza d’animo. Quando fu nominato Vicario Apostolico del Tonchino Orientale, dovette nascostamente raggiungere il Tonchino Occidentale per poter essere consacrato Vescovo il 25 aprile 1841, sfuggendo alla cattura in mezzo a pericoli e sofferenze fisiche d’ogni genere. Seguirono alcuni anni di relativa pace ed il vescovo potè visitare le sue comunità e riorganizzare il Vicariato. Considerate le difficoltà e l’estensione del medesimo, ottenne dal Papa Pio IX che venisse suddiviso in due parti: una rimaneva Tonchino Orientale e l’altra diventava Tonchino Centrale. Ma presto la persecuzione si inasprì con gli editti regi del 1847 e del 1855, il cui intento era sterminare i missionari, il clero indigeno e i cristiani. Il vescovo Gerolamo Hermosilla fu catturato il 20 ottobre 1861 insieme al catechista beato Giuseppe Khang. Inutilmente si cercò di fargli calpestare il Crocifisso, posto a terra all’ingresso della città. Fu rinchiuso in una gabbia di piccole dimensioni dove era costretto a stare seduto o ricurvo. Spiegò chiaramente ai giudici lo scopo della sua vita:«Venni nel Tonchino per amore di bene, per far conoscere alla gente Cristo Gesù, Figlio di Dio, morto per i peccati degli uomini». In carcere non cessò di predicare la fede ed ottenne la conversione di un condannato per motivi politici in attesa dell’esecuzione.
Fu decapitato il 1 novembre 1861 insieme ai confratelli Valentino Berrio-Ochoa, vescovo, e Pietro Almatò, sacerdote. Il Papa Pio X lo beatificò insieme ad altri martiri il 20 maggio 1906.
Vincenzo Liêm, sacerdote.
Nacque a Trà-Lu, villaggio della provincia di Bui-Chu, da genitori cristiani verso il 1731. La profonda educazione religiosa vissuta in famiglia fece sorgere nel suo animo il desiderio di consacrarsi al Signore, per cui verso i dodici anni iniziò a frequentare una delle «Case di Dio» del suo distretto, retta dai domenicani. Nelle «Case di Dio» si raccoglievano tutti quelli che volevano consacrarsi, vivendo il celibato, all’opera di evangelizzazione tra i loro compatrioti. Qualche anno più tardi fu inviato a proseguire gli studi ecclesiastici a Manila, presso il Collegio “S. Juan de Letrán”, dove apprese lo spagnolo ed il latino. Divenuto Frate Predicatore ed ordinato sacerdote, ritornò agli inizi del 1759 nel Tonchino a svolgere il suo ministero. Per quattordici anni si dedicò con zelo all’attività missionaria per diffondere il Vangelo e portare la salvezza alle anime, riservando particolare attenzione ai poveri e agli infermi e spostandosi in vari distretti secondo le disposizioni dei superiori.
Il 1 ottobre 1773 si trovava nel villaggio di Cu-Duong dove era stato chiamato a celebrare la festa del S. Rosario, allorché fu catturato: dopo essere stato selvaggiamente percosso, fu condotto in un villaggio vicino ed esposto al pubblico oltraggio, fatto che si ripeté in altri luoghi finché giunse alla presenza del mandarino di Hiên-Nam, capoluogo della provincia. Incitato inutilmente all’apostasia, venne condotto il 20 ottobre ad Ha-Noi, davanti al re Canh Hung. Con lui era il padre domenicano spagnolo beato Giacinto Castañeda, prigioniero dal luglio precedente. Entrambi, durante il lungo interrogatorio a cui furono sottoposti, ebbero l’occasione di presentare al re la dottrina cristiana. In un primo momento Giacinto, essendo missionario straniero, fu condannato alla morte per decapitazione e Vincenzo, essendo indigeno, alla prigionia. Però Vincenzo disse:« Siamo ambedue ministri della stessa religione; perciò o ci si assolva tutte e due, o entrambi ci si condanni».
Vista la sua ferma convinzione nella fede cristiana, venne condannato a morte e fu decapitato insieme a P. Giacinto il 7 novembre 1773. Aveva 42 anni ed è il primo vietnamita dei martiri domenicani, beatificato anch’egli nel 1906 da Papa Pio X.
Agostino Nguyên Van Mói, laico terziario domenicano.
Nacque nel 1806 a Phu-Trang; era contadino, di carattere mite e pio; trasferitosi a Ke-Môt fu battezzato intorno ai trent’anni. Nel giugno 1838, essendosi rifiutato di calpestare la Croce, fu arrestato insieme con i beati Stefano Vinh e Tommaso Dê. Caricati della “canga”, tavola quadrata che imprigionava il collo e le mani, legate da catene, tutti e tre furono trasferiti nella prigione di Jam. Nel carcere trascorsero circa un anno, insieme ad altri due beati domenicani: Domenico Uy e Francesco Saverio Mâu, battezzando un centinaio di pagani.
Il 19 agosto 1839 furono messi a nuova prova perché rinnegassero la fede, ma tutti e cinque rimasero incrollabili; anzi, essendo novizi del Terz’Ordine domenicano, mandarono per scritto la loro Professione al missionario del distretto.
Furono tutti e cinque condannati a morte per strangolamento e la sentenza venne eseguita il 19 dicembre 1839. Furono beatificati nel 1900 da Papa Leone XIII.
Conclusione
I martiri domenicani del Tonchino fanno parte di una lunga lista di membri della Famiglia Domenicana, capeggiata da S. Pietro di Verona, che lungo gli otto secoli della sua storia “sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”(Ap 7,14). Si legge nella vita di S. Domenico che quando fu minacciato di morte dagli eretici rispose: «Non sono degno della gloria del martirio; non ho ancora meritato una simile morte». E aggiunse:«Se fossi caduto nelle vostre mani vi avrei domandato di non uccidermi al primo colpo, ma di protrarre il mio martirio, mutilando ad una ad una le mie membra. Poi di farmi vedere quei brandelli di carne, infine di strapparmi gli occhi e di lasciare che il tronco s’inzuppasse nel proprio sangue o di finirmi senz’altro. Con una morte più lenta avrei meritato la corona di un migliore martirio». A S. Domenico non fu concessa la gloria del martirio né quella di essere predicatore-missionario del Vangelo nelle terre dei Cumani, ma sicuramente portò fino all’ultimo la “croce del desiderio”, secondo un’espressione cara a S. Caterina, di queste sue profonde aspirazioni. Nei piani di Dio era scritto che lui fondasse l’Ordine dei Frati Predicatori, così il bene spirituale del martirio e della predicazione per la diffusione del Regno di Dio si moltiplicò lungo i secoli attraverso la schiera dei suoi figli, degni eredi de “l’amoroso drudo della fede cristiana, il santo atleta benigno ai suoi ed ai nemici crudo.( Divina Commedia, Canto XII del Paradiso).
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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