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santi martiri della cina
"Eravamo tutti incatenati e ammanettati", ci raccontano essi stessi in una lettera. II carcere di Fogán si vede inondare di prigionieri: cristiane, cristiani e i missionari europei. Tanto che bisogna distribuirli nelle varie carceri della città.
Per molti anni i missionari sono stati testimoni di Cristo attraverso la parola e la loro vita esemplare. La prudenza esigeva di nascondersi per non lasciare le comunità cristiane senza sacerdoti, ma ora è arrivato il momento di portare un altro tipo di testimonianza.
"Così rispondi al Pontefice?", rimproverava il servo del sommo sacerdote del Sinedrio a Gesù dandogli uno schiaffo. E quando i nostri missionari non rispondono alle domande del mandarino come questi desidera, anch'essi vengono picchiati; e con tale violenza che due di essi restano sordi.
"Non trovo nessuna colpa in quest'uomo", disse Pilato; e nemmeno i dotti mandarini di Fukien, chiamati a formare il primo tribunale riunito per giudicare i nostri martiri, trovano colpe e li assolvono. Ma il viceré istituisce un altro tribunale chiamando mandarini che condividono la sua opinione, i quali pure non riescono a trovare accuse sufficienti per condannarli a morte. I martiri approfittano del processo e colgono l'occasione per fare con le loro risposte un'ulteriore catechesi. Senza dubbio, la malizia e l'odio del viceré per la religione cristiana fanno sì che vengano condannati a morte per decapitazione.
L'imperatore però non vuole martiri, e dispone affinché lascino la Cina per non farvi mai più ritorno, ma il viceré di Focheu, appena nominato viceré e membro della giuria dei tribunale, lo convince a ratificare la sua sentenza e ad approvare la condanna alla decapitazione.
E' tutto finito per questi avventurieri di Dio. Hanno lasciato tutto, famiglia, patria, averi, avvenire... e ora sono giunti al momento culminante della loro vita: la morte e il trionfo.
Un passo sulla terra e l'altro in cielo. Francisco Fernández de Capillas sta recitando tranquillo il suo rosario quando viene chiamato alla presenza del mandarino militare, che incontra su un'altura vicino alla muraglia. II mandarino gli rinfaccia i suoi crimini ‑predicare il messaggio di salvazione di Cristo‑ e ordina la decapitazione. Mentre, denudato, scende una scala, dopo pochi passi il boia si affianca al martire e, con un taglio netto, gli mozza la testa che rotola a terra; il corpo di Francisco vacilla un ultimo passo e poi crolla. Quest'ultimo passo apre a Francisco la porta del cielo, lo incammina verso l'abbraccio eterno del Padre. E' il 15 gennaio 1648.
Seguite la religione cristiana, che ora mi conduce al cielo. E' l'ultimo consiglio che Joaquín Royo dà alle guardie incaricate di soffocarlo. "Lo prendemmo e lo buttammo a terra, poi gli tappammo le vie respiratorie e gli gettammo in faccia un sacco pieno di calce, finendo di soffocarlo". La testimonianza di questo boia termina aggiungendo: "Oh, quell'uomo, in verità, era un santo". E' il 28 ottobre 1748.
Vado in cielo. Apprendendo che la sua morte è ormai imminente, Pedro Mártir Sans si prepara con una buona confessione al momento decisivo. Lo portano al cospetto del mandarino il quale firma con inchiostro rosso la pergamena della sentenza con il motivo della condanna ‑ Predicatore di Cristo ‑ e con disprezzo getta via la penna ritenendola maledetta. Arrivati al luogo dell'esecuzione, Pedro dice ai suoi giustizieri: "Vado in cielo". E dopo aver raccomandato al boia di essere buono, si inginocchia e gli porge il collo. Un solo colpo gli taglia la testa. E' il 26 maggio 1747.
E' Dio che mi chiama al cielo. E' notte fonda quando i giustizieri vanno a prelevare Francisco Serrano. In un primo momento Francisco rimane turbato, ma subito si rende conto che è giunta la sua ora ed esclama: "Ah, ho capito. Non sono i mandarini che mi chiamano; è Dio che mi chiama al cielo". I giustizieri gli applicano un impiastro nella bocca e nel naso ostruendo così le vie respiratorie in modo che "riuscì soltanto a sussultare sei volte e poi spirò". E’ sempre il 28 ottobre 1748.
Grande gioia. Francisco Diaz e Juan Alcober muoiono insieme. "Noi ci avvicinammo a loro che, molto sereni, continuavano a pregare e ci esortavano a seguire la legge di Cristo. Gli mettemmo il cappio al collo e dopo averci girato la corda intorno alcune volte tirammo con forza, uno da una parte e uno dall'altra, strangolandoli. Fu così che morirono". E continua la testimonianza: "Li vidi mentre, pregando il loro Dio con grande gioia, venivano uccisi". E' il 28 ottobre 1748.
Glorificazione
A Manila le campane di San Domenico e della cattedrale suonano in suo onore. E la voce si sparge di bocca in bocca: "Francisco de Capillas è morto in nome di Cristo! I domenicani hanno un nuovo martire, benedetto sia Dio!". Nella cattedrale si canta il Te Deum in segno di ringraziamento. Un secolo dopo, la scena si ripete, ma questa volta in onore di cinque martiri: Pedro Mártir Sans, Joaquín Royo, Francisco Serrano, Juan Alcober e Francisco Díaz.Il 14 maggio 1894, nella basilica Vaticana, papa Leone XIII ha beatificato i cinque martiri di Fogán. Capillas ha dovuto attendere fino al 1909, quando papa San Pio X l'ha beatificato come protomartire di Cina.
Nel grande Giubileo del 2000, il 10 di ottobre, papa Giovanni Paolo II eleva questi sei avventurieri di Dio agli altari come santi, insieme a 114 martiri della Cina. Santi martiri di Cina, pregate per noi e per la Cina!
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Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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