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vita religiosa domenicana
Chiamati dall'amore di Dio alla vita religiosa, come domenicani intendiamo corrispondere con pienezza alla grazia della vita nuova nello Spirito, meritata dal Cristo e partecipata a noi nella Parola e nei sacramenti dell'iniziazione cristiana.
Impegnati così, in forza della nostra particolare vocazione, al servizio divino in modo esclusivo e totale, quasi offrendo un olocausto (ST II-II 186, 1), vogliamo maturare, nel pieno esercizio del sacerdozio comune, la nostra conversione al Cristo, nella comunione con Lui e nell'amorevole servizio dei fratelli, come segno profetico del Regno di Dio che, già iniziato e continuamente operante, avrà il suo compimento quando Cristo sarà tutto in tutti (Col 3, 11) e consegnerà il suo regno a Dio Padre (1 Cor 15, 24).
Per questo accogliamo con gioia una particolare forma di vita nella quale, rinunciando per grazia a certi valori che possono farci preoccupare delle cose del mondo (cf. 1 Cor 7, 29-35), siamo resi più disponibili all'amore di Cristo e all'edificazione del suo regno.
Infatti, l'amore di Cristo (cf. 2 Cor 5,14) e il nostro «essere in lui davanti a Dio» è per ridondanza l'anima del nostro «essere per questo mondo» (cf. J.-M. R. Tillard, Davanti a Dio e per il mondo, Paoline, Alba, 1975), l'anima della nostra partecipazione operosa alle vicende storiche nelle quali si sviluppa l'attuale missione della Chiesa.
Nell'essere presenti agli uomini e alle donne del nostro tempo con la forza trasformante di Cristo e del Vangelo, nell'organica comunione ecclesiale, in fedeltà dinamica alla nostra consacrazione secondo il carisma del fondatore (cf. RP 14-31), come far penetrare il messaggio evangelico nella società delle masse? Come agire ai livelli in cui si elabora una nuova cultura, in cui si instaura un nuovo tipo di uomo che crede di non aver più bisogno di redenzione?
Noi religiosi, chiamati alla contemplazione del mistero di salvezza, dobbiamo comprendere quale serio impegno derivi alle nostre esistenze da tali interrogativi e quale stimolo per il nostro zelo apostolico (cf. ET 52).
Il progetto di san Domenico
Il santo padre Domenico, mosso dall'amore di Cristo, colpito dalle necessità spirituali degli uomini e delle donne del suo tempo, constatate nei suoi viaggi di predicazione, avverte l'urgenza di un nuovo stile di vita religiosa e di un nuovo spirito e metodo apostolico.
Nella quotidiana familiarità con il Vangelo vi scopre il primato della Parola di Dio che illumina ogni uomo che viene in questo mondo e che fonda la possibilità per degli uomini peccatori di convenire (conventus, domus misericordiae) in una comunità di fratelli (fraternitas).
E' infatti l'assidua e vivificante familiarità personale e comunitaria con questa Parola di vita -celebrata nella preghiera liturgica e personale, approfondita nello studio e comunicata in una contemplazione che diventa testimonianza e predicazione- che plasma le caratteristiche della «fraternità domenicana».
Una fraternità di chierici e di cooperatori, aperta all'aiuto e sostenuta dalla comunione di altri ceti (monache, suore, laici...), che è resa possibile da una visione positiva della vita comune di uomini «nuovi» e maturi, riuniti dallo Spirito e perciò chiamati ad una piena corresponsabilità nell'organizzazione della vita regolare e ad un esercizio dell'autorità e dell'obbedienza vissute come reciproco servizio, aiutati da una struttura semplice, orientata in modo nuovo (legge della dispensa, valore penitenziale della predicazione in povertà) all'apostolato.
Apostolato di una fraternità che, come comunità di chierici e di laici, si impegna principalmente all'evangelizzazione (LCO 1 § III; QC 15), inserendosi in modo diretto nel tessuto socio-ecclesiale (attraverso l'itineranza e l'assunzione di quei valori -povertà e castità consacrate- che, benché vissuti imperfettamente dagli eretici, ben potevano essere trasformati dall'uomo evangelico per rendere più credibile la Parola predicata), e nutrendosi di uno studio intenso, a contatto con il mondo universitario.
L'oggi del progetto di san Domenico
Il rinnovamento della vita religiosa avviato dal concilio Vaticano II e attuato per la nostra vita domenicana sotto la guida degli ultimi capitoli generali, ci impegna ad approfondire la nostra fedeltà al carisma di s. Domenico, con uno sguardo nuovo alla «storia e al mondo dell'uomo come luogo dove si fa la salvezza» (QC 15,1).
La formazione iniziale (religiosa, dottrinale, pastorale) non deve essere considerata completa, ma deve prolungarsi in una formazione permanente, organizzata in modo stabile e comunitario (QC 85 II; W 103,6; 199; R 317; OGF 712).
Nella vita di preghiera si è maggiormente sottolineato il carattere comunitario della celebrazione liturgica (Eucaristia conventuale concelebrata, soppressione delle dispense generalizzate) invitando anche ad adattarla giustamente alle esigenze di ogni singola comunità (W 53 b). Si è di nuovo insistito sulla perenne validità della oratio privata.
La vita fraterna è stata intensificata, rendendo più vivo il dialogo
tra tutti i frati con una maggior possibilità di incontri comunitari ed una partecipazione più attiva e allargata alle decisioni comuni (maggior importanza del capitolo conventuale).
Inoltre viene richiesta la graduale integrazione dei frati in formazione alla vita, al governo e all'apostolato della comunità che con il maestro condivide la responsabilità della loro formazione integrale.
La particolare importanza dello studio nella vita domenicana deve renderci sempre più consci della necessità di una seria e rigorosa formazione filosofica e teologica, sotto la guida e l'esempio di s. Tommaso (QC 85, 1 A. D; W 103. 111), e sempre più attenti allo sviluppo delle scienze umane e naturali che in particolar modo oggi condizionano il pensiero dell'uomo. Inoltre la complessità delle scienze umane attuali richiede la disponibilità ad una collaborazione interdisciplinare che favorisca un vero confronto-integrazione con la filosofia per una elaborazione-proposta veramente scientifica della Rivelazione divina (QC 85, 1 B; W 113).
L'approfondimento del mistero della Chiesa operato dal concilio Vaticano II, preparato dallo studio di molti teologi (cf. ad es., Y. Congar, Jalons pour une Théologie du Laicat, Cerf, Paris, 1953) ha messo in risalto in modo nuovo la dignità e il ruolo dei laici nella vita della comunità ecclesiale, nella sua struttura e nel suo apostolato. Questa nuova visione ha indotto l'Ordine a comprendere e organizzare meglio la vita e il ruolo dei frati cooperatori.
L'universalità del nostro ministero e il nostro carisma che ci porta a lavorare alle frontiere, ci rendono sensibili a suscitare e a sviluppare la vita teologale in tutti, credenti e non-credenti, ma soprattutto devono renderci disponibili ai problemi dei poveri (LCO 98), del mondo universitario, dei fratelli separati e del mondo del lavoro (LF III; LM III, 4 a).
La conoscenza del mondo in trasformazione richiede però un inserimento che ci permetta di comprendere le sue caratteristiche di pluralità e di conflittualità (QC 15,2) per poter, in modo particolare, affrontare i problemi inerenti alla catechesi presso i decristianizzati, alle tensioni derivate dall'ingiustizia sociale, in una continua ricerca di forme e di mezzi nuovi e più adeguati di apostolato (es.: mass-media) (QC 15,5). La nostra predicazione infatti, come lo è sempre stata (LCO 1 § V), deve essere veramente profetica, non astratta, né semplice presentazione intellettualistica di un sistema (W 17, A1.4). Essa deve nascere anche da un'esperienza e da una testimonianza di povertà che la renda credibile (W 17, A2) e che l'arricchisca della reale partecipazione alla sofferenza dei nostri contemporanei e del loro umile ascolto (W 17, A3). Solo così il nostro ministero della Parola, vivificato nella contemplazione, potrà essere attento a quei segni dei tempi che dobbiamo cogliere e ripensare vitalmente nella solida tradizione teologica dell'Ordine e che ci rendono capaci di scoprire i modi più idonei all'odierna predicazione del Vangelo (W 17, A4).
Impegnati così, in forza della nostra particolare vocazione, al servizio divino in modo esclusivo e totale, quasi offrendo un olocausto (ST II-II 186, 1), vogliamo maturare, nel pieno esercizio del sacerdozio comune, la nostra conversione al Cristo, nella comunione con Lui e nell'amorevole servizio dei fratelli, come segno profetico del Regno di Dio che, già iniziato e continuamente operante, avrà il suo compimento quando Cristo sarà tutto in tutti (Col 3, 11) e consegnerà il suo regno a Dio Padre (1 Cor 15, 24).
Per questo accogliamo con gioia una particolare forma di vita nella quale, rinunciando per grazia a certi valori che possono farci preoccupare delle cose del mondo (cf. 1 Cor 7, 29-35), siamo resi più disponibili all'amore di Cristo e all'edificazione del suo regno.
Infatti, l'amore di Cristo (cf. 2 Cor 5,14) e il nostro «essere in lui davanti a Dio» è per ridondanza l'anima del nostro «essere per questo mondo» (cf. J.-M. R. Tillard, Davanti a Dio e per il mondo, Paoline, Alba, 1975), l'anima della nostra partecipazione operosa alle vicende storiche nelle quali si sviluppa l'attuale missione della Chiesa.
Nell'essere presenti agli uomini e alle donne del nostro tempo con la forza trasformante di Cristo e del Vangelo, nell'organica comunione ecclesiale, in fedeltà dinamica alla nostra consacrazione secondo il carisma del fondatore (cf. RP 14-31), come far penetrare il messaggio evangelico nella società delle masse? Come agire ai livelli in cui si elabora una nuova cultura, in cui si instaura un nuovo tipo di uomo che crede di non aver più bisogno di redenzione?
Noi religiosi, chiamati alla contemplazione del mistero di salvezza, dobbiamo comprendere quale serio impegno derivi alle nostre esistenze da tali interrogativi e quale stimolo per il nostro zelo apostolico (cf. ET 52).
Il progetto di san Domenico
Il santo padre Domenico, mosso dall'amore di Cristo, colpito dalle necessità spirituali degli uomini e delle donne del suo tempo, constatate nei suoi viaggi di predicazione, avverte l'urgenza di un nuovo stile di vita religiosa e di un nuovo spirito e metodo apostolico.
Nella quotidiana familiarità con il Vangelo vi scopre il primato della Parola di Dio che illumina ogni uomo che viene in questo mondo e che fonda la possibilità per degli uomini peccatori di convenire (conventus, domus misericordiae) in una comunità di fratelli (fraternitas).
E' infatti l'assidua e vivificante familiarità personale e comunitaria con questa Parola di vita -celebrata nella preghiera liturgica e personale, approfondita nello studio e comunicata in una contemplazione che diventa testimonianza e predicazione- che plasma le caratteristiche della «fraternità domenicana».
Una fraternità di chierici e di cooperatori, aperta all'aiuto e sostenuta dalla comunione di altri ceti (monache, suore, laici...), che è resa possibile da una visione positiva della vita comune di uomini «nuovi» e maturi, riuniti dallo Spirito e perciò chiamati ad una piena corresponsabilità nell'organizzazione della vita regolare e ad un esercizio dell'autorità e dell'obbedienza vissute come reciproco servizio, aiutati da una struttura semplice, orientata in modo nuovo (legge della dispensa, valore penitenziale della predicazione in povertà) all'apostolato.
Apostolato di una fraternità che, come comunità di chierici e di laici, si impegna principalmente all'evangelizzazione (LCO 1 § III; QC 15), inserendosi in modo diretto nel tessuto socio-ecclesiale (attraverso l'itineranza e l'assunzione di quei valori -povertà e castità consacrate- che, benché vissuti imperfettamente dagli eretici, ben potevano essere trasformati dall'uomo evangelico per rendere più credibile la Parola predicata), e nutrendosi di uno studio intenso, a contatto con il mondo universitario.
L'oggi del progetto di san Domenico
Il rinnovamento della vita religiosa avviato dal concilio Vaticano II e attuato per la nostra vita domenicana sotto la guida degli ultimi capitoli generali, ci impegna ad approfondire la nostra fedeltà al carisma di s. Domenico, con uno sguardo nuovo alla «storia e al mondo dell'uomo come luogo dove si fa la salvezza» (QC 15,1).
La formazione iniziale (religiosa, dottrinale, pastorale) non deve essere considerata completa, ma deve prolungarsi in una formazione permanente, organizzata in modo stabile e comunitario (QC 85 II; W 103,6; 199; R 317; OGF 712).
Nella vita di preghiera si è maggiormente sottolineato il carattere comunitario della celebrazione liturgica (Eucaristia conventuale concelebrata, soppressione delle dispense generalizzate) invitando anche ad adattarla giustamente alle esigenze di ogni singola comunità (W 53 b). Si è di nuovo insistito sulla perenne validità della oratio privata.
La vita fraterna è stata intensificata, rendendo più vivo il dialogo
tra tutti i frati con una maggior possibilità di incontri comunitari ed una partecipazione più attiva e allargata alle decisioni comuni (maggior importanza del capitolo conventuale).
Inoltre viene richiesta la graduale integrazione dei frati in formazione alla vita, al governo e all'apostolato della comunità che con il maestro condivide la responsabilità della loro formazione integrale.
La particolare importanza dello studio nella vita domenicana deve renderci sempre più consci della necessità di una seria e rigorosa formazione filosofica e teologica, sotto la guida e l'esempio di s. Tommaso (QC 85, 1 A. D; W 103. 111), e sempre più attenti allo sviluppo delle scienze umane e naturali che in particolar modo oggi condizionano il pensiero dell'uomo. Inoltre la complessità delle scienze umane attuali richiede la disponibilità ad una collaborazione interdisciplinare che favorisca un vero confronto-integrazione con la filosofia per una elaborazione-proposta veramente scientifica della Rivelazione divina (QC 85, 1 B; W 113).
L'approfondimento del mistero della Chiesa operato dal concilio Vaticano II, preparato dallo studio di molti teologi (cf. ad es., Y. Congar, Jalons pour une Théologie du Laicat, Cerf, Paris, 1953) ha messo in risalto in modo nuovo la dignità e il ruolo dei laici nella vita della comunità ecclesiale, nella sua struttura e nel suo apostolato. Questa nuova visione ha indotto l'Ordine a comprendere e organizzare meglio la vita e il ruolo dei frati cooperatori.
L'universalità del nostro ministero e il nostro carisma che ci porta a lavorare alle frontiere, ci rendono sensibili a suscitare e a sviluppare la vita teologale in tutti, credenti e non-credenti, ma soprattutto devono renderci disponibili ai problemi dei poveri (LCO 98), del mondo universitario, dei fratelli separati e del mondo del lavoro (LF III; LM III, 4 a).
La conoscenza del mondo in trasformazione richiede però un inserimento che ci permetta di comprendere le sue caratteristiche di pluralità e di conflittualità (QC 15,2) per poter, in modo particolare, affrontare i problemi inerenti alla catechesi presso i decristianizzati, alle tensioni derivate dall'ingiustizia sociale, in una continua ricerca di forme e di mezzi nuovi e più adeguati di apostolato (es.: mass-media) (QC 15,5). La nostra predicazione infatti, come lo è sempre stata (LCO 1 § V), deve essere veramente profetica, non astratta, né semplice presentazione intellettualistica di un sistema (W 17, A1.4). Essa deve nascere anche da un'esperienza e da una testimonianza di povertà che la renda credibile (W 17, A2) e che l'arricchisca della reale partecipazione alla sofferenza dei nostri contemporanei e del loro umile ascolto (W 17, A3). Solo così il nostro ministero della Parola, vivificato nella contemplazione, potrà essere attento a quei segni dei tempi che dobbiamo cogliere e ripensare vitalmente nella solida tradizione teologica dell'Ordine e che ci rendono capaci di scoprire i modi più idonei all'odierna predicazione del Vangelo (W 17, A4).
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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