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timothy radcliffe
di P. Gerardo Cioffari OP
Nel 1992 assumeva la guida dell’Ordine Timothy Radcliffe, il quale governò fino al 2001. Fu durante il suo generalato che avvennero alcuni cambiamenti nelle province. Tra questi vanno ricordate le unificazioni della provincia di Francia con quella di Lione il 7 luglio del 1997[1], della Utriusque Lombardiae col Piemonte il 10 luglio del 1996[2], della Romana con S. Marco e Sardegna il 20 agosto 1997[3], della provincia di S. Tommaso in Italia (ex Regni) con la Trinacriae il 14 luglio 1997[4]. Egli resse l’Ordine con grande intelligenza, fino a quando al capitolo di Providence (Rhode Island, USA) terminando il suo mandato, salutava quale suo successore il P. Aspiroz Costa.
Tra gli ultimi maestri generali la personalità di maggior spicco è stata forse proprio quella di Timothy Radcliffe. Invece di limitarsi ad esposizioni e commenti delle Regole e delle Costituzioni, egli ha lasciato un’impronta di originalità creativa. I suoi interventi sono stati sempre incisivi e puntuali[5], come il suo Consecrated life and Contemporary Culture, pronunciato al Convegno internazionale dei superiori maggiori ad Ariccia nel 1996, o anche The identity of Religious today, pronunciato in un contesto analogo negli Stati Uniti. Senza dire dei suoi interventi su Girolamo Savonarola e sui domenicani nel Nuovo Mondo in rapporto ai diritti umani.
Ciò che affascina nei suoi scritti (come nelle sue conferenze) è la tendenza a non nascondere i problemi sotto quell’ottimismo tranquillo e retorico del tradizionale uomo di fede senza scosse. Radcliffe non nasconde, anzi evidenzia e affronta i problemi. Ad esempio, egli è più che consapevole della gravità della crisi spirituale del nostro tempo, ed è ugualmente consapevole che una tale crisi non poteva lasciare indenne l’Ordine: Oggi, in un mondo crocifisso dalla sofferenza, dalla violenza e dalla povertà, la nostra vocazione è allo stesso tempo più difficile e più necessaria che mai. Vi è crisi di speranza in ogni parte del mondo. Come possiamo vivere la gioia domenicana, mentre siamo gente del nostro tempo, e condividiamo le crisi dei nostri popoli e la forza e la debolezza della nostra cultura ?[6]
Tra queste crisi troviamo anche i voti di obbedienza, povertà e castità. Infatti, come le promesse matrimoniali vengono spesso disattese, così tutte le parole e le promesse oggi hanno un carattere di transitorietà. Si rende quindi necessario un recupero di autenticità, e quindi saper vedere nell’obbedienza la libertà dei Figli di Dio, nella povertà la generosità del Dio misericordioso, nella castità l’amicizia di Dio. E’ necessaria cioè una riflessione per riscoprire il vero senso dei voti[7].
Molto incisiva è stata la sua lettera all’Ordine su Libertà e responsabilità domenicana. Verso una spiritualità di governo[8].
Le prime parole della lettera sono: Domenico ci affascina per la sua libertà [9]. Come esempi di tale libertà egli porta la povertà, l’itineranza, il disseminare i frati quando sono ancora pochi, il non attaccamento alle proprie convinzioni di fronte alla scelta del capitolo. La libertà che oggi può essere il motore della ripresa è la libertà del buon governo, vale a dire di quel governo che ci rende liberi per rispondere con compassione a quelli che hanno fame della Parola di Dio. Il fatto che qualcuno possa intendere la libertà come un modo di sfuggire al controllo di superiori noiosi non deve far perdere il senso autentico del governo, che consiste in uno strumento della nostra fraternità. Il nostro Ordine non si divide fra governanti e governati. Piuttosto il governo ci mette in condizione di condividere una responsabilità comune per la nostra vita e la nostra missione. .
Quindi la libertà domenicana non deve essere vista fine a sé stessa, ma come libertà per la missione. Lo strumento è il capitolo, espressione della democrazia domenicana. Ma il capitolo si trova di fronte ad una scelta: votare ed avere una maggioranza a favore della continuità, che agevola l’arare il proprio campo liberi dagli interventi dei superiori, oppure per creare le condizioni per dare sé stessi, senza riserve, con la folle generosità della Parola fatta carne.
Anche laddove la condivisione è tutt’altro che evidente è necessario sentirsi comunità: Un fratello o una sorella, che predica attraverso lo scrivere poesie, il dipingere o anche attraverso la ricerca, spesso deve lavorare da solo. Anche allora dobbiamo mostrare che essi non stanno “occupandosi di fatti propri”, che anch’essi stanno contribuendo alla missione comune. L’Ordine è tanto più vitale quando sa armonizzare il dinamismo dei frati.[10]
Scopo dei superiori non è esercitare il potere, ma il saperlo donare ai singoli frati. Il fatto che il capitolo generale sia la suprema autorità indica che l’autorità è concessa a tutti i frati: I superiori godono di autorità in virtù del loro ufficio, i teologi e i pensatori in virtù della loro scienza, i fratelli impegnati nell’apostolato pastorale godono di autorità a causa del loro contatto con la gente che lotta per vivere la fede, i fratelli più anziani godono di autorità per la loro esperienza, i più giovani hanno l’autorità che proviene dalla loro conoscenza del mondo contemporaneo con i suoi problemi.[11]
Come l’autorità, anche la responsabilità va divisa fra i confratelli con la stessa fiducia che ebbe Domenico quando li inviò due a due lontano. Certamente la fiducia è un rischio, ma è questo rischio che fa parte della tradizione domenicana. Ai cistercensi scandalizzati che Domenico permetteva ai frati di uscire liberamente, questi avrebbe risposto: Io so, io so per certo che i miei giovani usciranno e rientreranno, saranno inviati e ritorneranno, ma i vostri giovani saranno tenuti chiusi, e tuttavia usciranno[12]. Una fiducia che non significa disinteresse. Anzi è rispetto per la libertà che deve crescere nell’altro. Quando però un confratello è in crisi è necessario essere pronti all’ascolto.
La valenza comunitaria deve penetrare tutta la vita domenicana e non soltanto la preghiera. Vale ad esempio anche per lo studio: Tutto il mondo dell’erudizione, degli esperti biblici, degli studiosi di patristica, dei filosofi e degli psicologi è lì per contribuire a che lo scambio di idee tra i nostri frati sia fecondo e veritiero. Si ha buona teologia, per esempio, quando lo studioso della Scrittura aiuta il frate impegnato nel lavoro pastorale a comprendere la propria esperienza, e quando il frate ricco di esperienza pastorale aiuta quello studioso a comprendere la Parola di Dio. La rinascita della nostra tradizione teologica esige non solo di formare più frati nelle varie discipline, ma di fare teologia tutti insieme[13].
Il prezzo della democrazia è tuttavia alto. Essere pronti ad ascoltare il dubbio dell’altro, come pure a cercare di capire la reticenza dell’altro a prendere il nostro punto di vista, richiede tempo. Il che è a tutto discapito dell’efficienza.Credo che non saremo mai uno degli Ordini più efficienti nella Chiesa e sarebbe sbagliato cercare di esserlo! Se l’espressione concreta della democrazia è la votazione, bisogna guardarsi dal prendere partito per la maggioranza. Si è parte di un’idea durante il dibattito, ma una volta conclusa la votazione, maggioranza o minoranza bisogna sentirsi parte della comunità, ed il superiore è superiore di tutti e non soltanto di chi l’ha eletto.
La libertà domenicana si esplicita di fronte a contesti culturali e sociali diversi, per cui è naturale che vi siano diverse accentuazioni. Ad esempio, le culture africane possono aiutarci a capire la natura del dibattito e l’importanza del tempo e della pazienza nell’ascoltare i nostri fratelli; nell’America del Nord, l’immenso senso di rispetto per l’individuo può approfondire la nostra comprensione della libertà domenicana; nell’Europa orientale, l’appassionato compromettersi per la fede può aiutarci a comprendere che cosa significhi dare la propria vita all’Ordine; in America latina possiamo imparare quanto sia essenziale per la nostra predicazione compromettersi per la giustizia.[14]
[1] Per il decreto di unione vedi ASOP, a. 105, fasc. II (maggio settembre 1997, p. 241.
[2] Per il decreto di unione della provincia Utriusque Lombardiae con S. Pietro Martire, vedi ASOP a. 104, fasc. II (maggio settembre 1996), p. 297.
[3] Per il decreto d’unione della Provincia Romana con S. Marco e Sardegna, ivi, p. 244.
[4] Per il relativo decreto, ivi, p. 243.
[5] La litografia Monastero Suore domenicane di Alba ha pubblicato parecchi suoi interventi, come Lettera ai nostri fratelli e sorelle in formazione, 1999; La Promessa di Vita, 1998; Votati alla missione, 1994; Libertà e responsabilità domenicana. Verso una spiritualità di governo, 1997; “Una città posta su un monte non può restare nascosta”. Una vita contemplativa, 2001; La perenne sorgente della speranza. Lo studio e l’annuncio della Buona Novella, 1995.
[6] La perenne sorgente, cit., p. 3.
[7] Il tema è trattato espressamente in Votati alla missione.
[8] Testo originale, Dominican Freedom and Responsibility, in ASOP a. 105, fasc. II, maggio settembre 1997, pp. 165-197. Trad. it. Alba 1997.
[9] Il Radcliffe fu particolarmente sensibile al tema della libertà. Ad esempio nella prefazione al libro di B. Montagnes Le père Lagrange, 1855-1938, scriveva: Marqué par l’ideal de liberté de Lacordaire, avec un esprit de pionnier, à la fois audacieux et réaliste, le Père Lagrange s’est aventuré sur une frontière nouvelle, celle de l’étude scientifique des écrits bibliques. Cfr. ASOP, a. 103, fasc. I (gennaio aprile 1995), pp. 77-79. Nell’omelia funebre del P. Congar il Radcliffe, facendo trasparire la sua spiritualità, affermava che in Congar l’Ordine aveva avuto quattro momenti di grazia. Il primo era costituito dalle conferenze e predicazioni “sulla libertà e contro il nazismo, disobbedendo esplicitamente ai suoi carcerieri”. La seconda fu la sua appartenenza all’Ordine in spirito di comunità fraterna (vedi la scuola di Le Saulchoir). Il terzo momento di grazia è la capacità di soffrire per la comunione ecclesiale (una sofferenza coronata dalla gioia del concilio). Il quarto momento è l’ecclesiologia ecumenica (con la sofferenza della divisione tra i cristiani).
[10] Libertà e responsabilità, cit., p. 9.
[11] Libertà e responsabilità, cit., p. 12.
[12] Tugwell, A Dominican Blessing. Early Dominican Selected Writings, New York 1982, p. 91.
[13] La perenne sorgente, cit. p. 21.
[14] Libertà e responsabilità, cit., p. 37.
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
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