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giovanni taulero
di P. Gerardo Cioffari OP.
Il terzo grande mistico domenicano tedesco, Giovanni Tauler nacque a Strassburgo verso il 1302, e vestì l’abito domenicano intorno al 1318[1]. Sembra che studiasse anche a Colonia, dove avrebbe ascoltato maestro Eckhart (che egli chiama amabile e grande) e dove ancora attuali erano i commenti di Alberto Magno allo Pseudo-Dionigi. Più volte cercò di spiegare in senso ortodosso le proposizioni di Eckhart condannate da Giovanni XXII. Ebbe il compito di predicare e fare da maestro spirituale in vari monasteri femminili domenicani. In zona si trovavano infatti quelli di Strassburgo, Spira, Worms, Magonza, Coblenza, Bonn, Colonia, e Medingen. Lo scontro fra il papa Giovanni XXII (1316-1334) e l’imperatore Ludovico il Bavaro, che portò all’interdetto sulla città di Strasburgo, costrinse Taulero come quasi tutti i domenicani che avevano obbedito al papa, ad abbandonare la città nel 1338 e a trasferirsi a Basilea.
Fu questo dell’esilio un periodo molto fecondo. Legato al movimento degli Amici di Dio, e specialmente a Enrico di Nördlingen, Margherita e Cristina Ebner, Taulero si dedicò alla predicazione in volgare che gli suscitò una diffusa fama di santità. Benché mistico il Taulero aveva una notevole foga oratoria. Ad esempio contro i fratelli e sorelle del libero spirito esclamava: Questo è contro i liberi spiriti che con le loro false illuminazioni credono di aver conosciuto la verità.E se ne esaltano, a propria soddisfazione e compiacenza, concentrano i sensi nella loro falsa passività, parlano irriverentemente di nostro Signore, del fatto che non si sia ancora superato questo modello, e fanno altri discorsi sfrenati[2]. Al contempo però il Taulero difendeva la legittimità dell’esperienza mistica delle beghine e degli amici di Dio. Attaccando i religiosi indifferenti e compiaciuti che si accontentavano delle osservanze esteriori, ed ostacolavano ogni vera riforma religiosa, Taulero diceva: Se venisse allora qualcuno e li avvisasse del tremendo pericolo in cui vivono e di quanto pericolosamente moriranno, essi se ne farebbero beffe e risponderebbero: “E’ un begardo” E ancora che è un innovatore, e lo deriderebbero come né i giudei né i pagani hanno mai deriso e insultato i cristiani. Questi falsi cristiani lo disprezzerebbero molto di più e lo schernirebbero dicendo: “Ecco l’innovatore! Costui fa parte degli spiriti elevati!”[3]. Ovviamente un linguaggio così diretto non poteva non procurargli dei nemici, per cui dovette anch’eggli subire critiche ed attacchi. Lo si accusava soprattutto di essere troppo pieno di sé e carente di umiltà. E si aggiungeva che in fondo era come tutti gli altri, avendo ad esempio accettato di riposarsi in una cella del monastero femminile domenicano di S. Nicola in Undis a Strassburgo, ove effettivamente morì e fu sepolto nel 1361.
Il profondo legame all’Ordine fu espresso a più riprese da Taulero nelle sue prediche, spesso vedendo in S. Domenico un vero realizzatore dell’unione mistica con Dio. E così gli altri grandi domenicani: Di questa nobiltà interiore nascosta nel fondo hanno parlato molti maestri, sia antichi sia recenti: il vescovo Alberto, maestro Teodorico, maestro Eckhart. Uno parla di scintilla dell’anima, un altro di fondo o cima, uno di principio, e il vescovo Alberto la definisce un’immagine in cui è raffigurata ed è presente la santa Trinità. Anche S. Tommaso è spesso citato, ma non in quanto teologo aristotelico, bensì come un teologo che ha vissuto interiormente in un atteggiamento di obbedienza a Dio.[4]
Difensore dell’esperienza dell’unione con Dio, Taulero si mostrò molto critico di coloro che si arricchivano in erudizione ma erano poco dediti all’esperienza vitale personale. In tale critica venivano presi di mira quelli che erano considerati i depositari della scienza teologica, i maestri di Parigi: I grandi teologi di Parigi leggono i grossi volumi e ne voltano i fogli. Ciò è molto buono. Ma queste persone (interiori) leggono il libro della vita dove tutto è vivente, voltano il cielo e la terra e vi leggono la meravigliosa opera di Dio. Il contrasto fra ciò che è semplice elaborazione concettuale e ciò che è vitale esperienza di comunione con Dio, è tale che mentre la prima può essere trasmessa ad altri, non così la seconda che è incomunicabile: E tutti gli eruditissimi maestri di Parigi, con tutta la loro sottigliezza, non potrebbero giungervi. E se volessero parlarne, dovrebbero ammutolire, e più volessero parlarne, meno lo potrebbero e meno lo comprenderebbero. E non solo naturalmente, ma neppure tutta la ricchezza della grazia né tutti gli angeli e santi potrebbero concedere loro di parlarne. Solo un uomo semplice, che si è abbandonato a Dio ed è umile, sperimenta e sente questa unione con Dio nel suo fondo interiore.[5]
Il punto di partenza è lo sguardo nella propria interiorità. Il famoso Conosci te stesso è la base per ogni discorso e cammino ulteriore. Guardando in sé stesso l’uomo si rende conto della propria nullità e comincia a cercare la fonte del proprio essere. Figlie, ci vuole una grande e straordinaria diligenza perché l’uomo conosca bene le sue intenzioni; gli occorre studiarci e pensarci sopra giorno e notte, esaminarsi e vedere cosa lo spinge e muove in tutte le sue opere. E deve con tutte le sue forze ricondurre direttamente a Dio tutto il suo operare. Allora l’uomo non dice più bugie[6].
Il cammino vero e proprio si svolge dunque in tre fasi, la prima delle quali è costituita dalla conversione, vale a dire dal prestare attenzione non più all’uomo esteriore ma all’interiore. Nasce così l’esigenza della purificazione (via purgativa), di superamento di quell’indolenza che pervade l’uomo in conseguenza del peccato originale. Per prima cosa l’uomo animale deve liberarsi (via purgativa) dell’attaccamento alle cose. Il motto è: Tutto va necessariamente eliminato. E per avere successo è necessario procedere ad esercizi ascetici con sacrifici scelti volontariamente ed altri mandati da Dio ed accettati con serenità.
A questa segue una seconda fase che è quella dei proficienti, che cioè, essedosi liberati dal dominio della propria volontà e da ogni egocentrismo sono perseveranti nel voler continuare sulla via della perfezione e cominciano ad intravvedere l’illuminazione. Questa fase è costituita dal discernimento (bescheidenheit) che è la via illuminativa, nel senso che l’uomo guardando dentro di sé cerca di eliminare tutto ciò che non è diretto verso Dio.
Nella terza fase l’uomo lascia dietro di sé la parte animale come pure la parte razionale per salire sul monte di Dio con la parte spirituale. E’ solo l’uomo gemut (spirito), cioè l’uomo figlio che può salire il monte. E’ il cammino per la via unitiva, la quale porta all’unione con Dio. E quando l’uomo si immerge in Dio con la parte divina di sé stesso (la scintilla dell’anima) il bagliore è tale che non vede più nulla, ed è tutto nella tenebra luminosa. Come l’uomo nel suo stato increato era eternamente Dio in Dio, così deve riportarsi completamente in Dio nel suo stato di creatura[7]. In tale assunzione dell’aspetto divino (gotvar) l’uomo vive la sua unione mistica, e l’unica differenza fra lui e Dio è che questi è Dio per natura, l’uomo è Dio per grazia.
Tale unione mistica non è a discapito della teologia trinitaria e soprattutto della Cristologia. Anzi qui è la principale differenza fra Taulero e i fratelli del libero spirito. Questi ultimi erano così presi dalla divinizzazione dell’uomo da considerare il Cristo punto di riferimento che poteva essere agevolmente superato mediante un’esperienza mistica di superiore comunione con Dio. Per cui Taulero alla loro domanda: Non sei ancora arrivato più in là?, risponde: No, nessuno può oltrepassare il modello di nostro Signore Gesù Cristo[8]
Partendo da tali presupposti, dalla predicazione di Taulero non ci si può attendere una lezione di cultura o di informazione religiosa. La sua parola tende invece a scuotere e ad incidere sull’animo dell’ascoltatore, per cui è spesso sferzante e diretta, quasi che avvertisse l’urgenza della sua efficacia.
In comune con Eckhart, Taulero ha il fatto che i suoi sermoni non furono scritti da lui ma stenografati dagli ascoltatori. La sua celebrità portò altri scrittori a pubblicare operette tratte dai suoi sermoni, come le Institutiones divinae[9]. Secondo il Surio sua sarebbe anche una De vita et passione Salvatoris nostri Jesu Christi. Celeberrima poi la Theologia germanica, che tanta diffusione ebbe al tempo di Lutero e che da molti fu considerata l’espressione del pensiero di Taulero.
Il pensiero di Taulero non è molto originale. Egli prende l’idea centrale di Eckhart, che menziona una sola volta ma che è presente in tutte le idee centrali, di spogliarsi di tutto per incamminarsi alla ricerca del fondo dell’anima. Dato però il carattere improvvisato dei suoi sermoni, Taulero è ricco di immagini che illustrano questo cammino di vita interiore.
Come per Eckhart, anche per Tauler si è cercato di distinguere ciò che dipende da S. Tommaso (la passioni procedono dall’appetito irascibile e concupiscibile, le tentazioni provengono dall’amore disordinato di sé, le facoltà spirituali sono la memoria l’intelligenza e la volontà, la successione delle forme nell’uomo). Teologicamente dipende da S. Tommaso nelle implicanze della messa e della comunione, nell’ammettere la santificazione della Vergine dopo il suo concepimento.
Di origine neoplatonica sembra invece la concezione psicologica dell’uomo: Dell’uomo si può dire che è composto di tre uomini che però si riducono a uno. Il primo è l’uomo esteriore, l’animale sensibile; il secondo è l’uomo ragionevole con le sue facoltà razionali; il terzo è il Gemüt, o parte superiore dell’anima. Il tutto riunito costituisce l’uomo. Ed allo Pseudodionigi (secondo altri a Scoto Eriugena) risale anche la concezione di Dio come Nulla: S. Dionigi parlava di questo Nulla, quando diceva che Dio non è alcunché delle cose che noi possiamo nominare, comprendere ed afferrare. (…) Il niente creato (l’uomo) si radica nel Nulla increato (Dio), ma si tratta di uno stato che non si può né comprendere né esprimere.
Quello che in Eckhart appariva come distacco viene ugualmente presentato da Taulero come spogliamento e soprattutto come liberazione da tutte le immagini anche quelle buone, che comunque frappongono uno schermo tra il fondo misterioso dell’anima e Dio: Si racconta di un santo padre che era talmente spogliato di immagini, che non poteva ritenenrne alcuna dentro di sé. Un giorno un visitatore venne a bussare alla sua porta e gli chiese qualcosa. Il Padre rispose che sarebbe andato a cercarla, ma rientrato nella sua cella dimenticò tutto. Quello bussò di nuovo ed egli chiese: che cosa desideri?L’altro ripeté la sua richiesta. Il Padre rispose che avrebbe cercato la cosa che egli voleva. Ma poi la dimenticò come prima. Dato però che quello bussò per la terza volta, egli gli disse: Vieni e prendi tu stesso ciò di cui hai bisogno, io non posso conservare l’immagine così a lungo, essendo il mio spirito del tutto privo di immagini… In queste persone così libere di immagini, penetra il sole di Dio[10].
Dionisiana è anche l’origine della passività come condizione migliore a ricevere Dio dentro di sé: Affrettati ad entrare nel riposo interiore e nella passività, e se non trovi subito lo stato di passività, cerca almeno di occuparti di qualche opera interiore. E’ il riposo interiore di cui parlavano proprio in quegli anni Gregorio Palamas e gli esicasti a Bisanzio. Riposo ed esicasmo che in occidente più tardi saranno noti come “quietismo”, con una tinta quindi di negatività.
Il giudizio più esaltante su Taulero lo espresse Lutero quando scrisse Ego plus in eo reperi theologiae solidae et sincerae quam in universis omnium universitatum scholasticis doctoribus repertum est, aut reperiri possit in suis sententiis[11]. Un tale giudizio portò l’avversario di Lutero, Giovanni Eck ad andare giù duro su Taulero e considerarlo alla stregua dei valdesi e dei beghardi. Altri cattolici però difesero Taulero, come ad esempio S. Pier Canisio (che ne pubblicò le opere) e Lorenzo Surio. Poi venne la riabilitazione del Denifle nell’ambito di quella di Enrico Susone.
Il profondo legame all’Ordine fu espresso a più riprese da Taulero nelle sue prediche, spesso vedendo in S. Domenico un vero realizzatore dell’unione mistica con Dio. E così gli altri grandi domenicani: Di questa nobiltà interiore nascosta nel fondo hanno parlato molti maestri, sia antichi sia recenti: il vescovo Alberto, maestro Teodorico, maestro Eckhart. Uno parla di scintilla dell’anima, un altro di fondo o cima, uno di principio, e il vescovo Alberto la definisce un’immagine in cui è raffigurata ed è presente la santa Trinità. Anche S. Tommaso è spesso citato, ma non in quanto teologo aristotelico, bensì come un teologo che ha vissuto interiormente in un atteggiamento di obbedienza a Dio.[4]
Difensore dell’esperienza dell’unione con Dio, Taulero si mostrò molto critico di coloro che si arricchivano in erudizione ma erano poco dediti all’esperienza vitale personale. In tale critica venivano presi di mira quelli che erano considerati i depositari della scienza teologica, i maestri di Parigi: I grandi teologi di Parigi leggono i grossi volumi e ne voltano i fogli. Ciò è molto buono. Ma queste persone (interiori) leggono il libro della vita dove tutto è vivente, voltano il cielo e la terra e vi leggono la meravigliosa opera di Dio. Il contrasto fra ciò che è semplice elaborazione concettuale e ciò che è vitale esperienza di comunione con Dio, è tale che mentre la prima può essere trasmessa ad altri, non così la seconda che è incomunicabile: E tutti gli eruditissimi maestri di Parigi, con tutta la loro sottigliezza, non potrebbero giungervi. E se volessero parlarne, dovrebbero ammutolire, e più volessero parlarne, meno lo potrebbero e meno lo comprenderebbero. E non solo naturalmente, ma neppure tutta la ricchezza della grazia né tutti gli angeli e santi potrebbero concedere loro di parlarne. Solo un uomo semplice, che si è abbandonato a Dio ed è umile, sperimenta e sente questa unione con Dio nel suo fondo interiore.[5]
Il punto di partenza è lo sguardo nella propria interiorità. Il famoso Conosci te stesso è la base per ogni discorso e cammino ulteriore. Guardando in sé stesso l’uomo si rende conto della propria nullità e comincia a cercare la fonte del proprio essere. Figlie, ci vuole una grande e straordinaria diligenza perché l’uomo conosca bene le sue intenzioni; gli occorre studiarci e pensarci sopra giorno e notte, esaminarsi e vedere cosa lo spinge e muove in tutte le sue opere. E deve con tutte le sue forze ricondurre direttamente a Dio tutto il suo operare. Allora l’uomo non dice più bugie[6].
Il cammino vero e proprio si svolge dunque in tre fasi, la prima delle quali è costituita dalla conversione, vale a dire dal prestare attenzione non più all’uomo esteriore ma all’interiore. Nasce così l’esigenza della purificazione (via purgativa), di superamento di quell’indolenza che pervade l’uomo in conseguenza del peccato originale. Per prima cosa l’uomo animale deve liberarsi (via purgativa) dell’attaccamento alle cose. Il motto è: Tutto va necessariamente eliminato. E per avere successo è necessario procedere ad esercizi ascetici con sacrifici scelti volontariamente ed altri mandati da Dio ed accettati con serenità.
A questa segue una seconda fase che è quella dei proficienti, che cioè, essedosi liberati dal dominio della propria volontà e da ogni egocentrismo sono perseveranti nel voler continuare sulla via della perfezione e cominciano ad intravvedere l’illuminazione. Questa fase è costituita dal discernimento (bescheidenheit) che è la via illuminativa, nel senso che l’uomo guardando dentro di sé cerca di eliminare tutto ciò che non è diretto verso Dio.
Nella terza fase l’uomo lascia dietro di sé la parte animale come pure la parte razionale per salire sul monte di Dio con la parte spirituale. E’ solo l’uomo gemut (spirito), cioè l’uomo figlio che può salire il monte. E’ il cammino per la via unitiva, la quale porta all’unione con Dio. E quando l’uomo si immerge in Dio con la parte divina di sé stesso (la scintilla dell’anima) il bagliore è tale che non vede più nulla, ed è tutto nella tenebra luminosa. Come l’uomo nel suo stato increato era eternamente Dio in Dio, così deve riportarsi completamente in Dio nel suo stato di creatura[7]. In tale assunzione dell’aspetto divino (gotvar) l’uomo vive la sua unione mistica, e l’unica differenza fra lui e Dio è che questi è Dio per natura, l’uomo è Dio per grazia.
Tale unione mistica non è a discapito della teologia trinitaria e soprattutto della Cristologia. Anzi qui è la principale differenza fra Taulero e i fratelli del libero spirito. Questi ultimi erano così presi dalla divinizzazione dell’uomo da considerare il Cristo punto di riferimento che poteva essere agevolmente superato mediante un’esperienza mistica di superiore comunione con Dio. Per cui Taulero alla loro domanda: Non sei ancora arrivato più in là?, risponde: No, nessuno può oltrepassare il modello di nostro Signore Gesù Cristo[8]
Partendo da tali presupposti, dalla predicazione di Taulero non ci si può attendere una lezione di cultura o di informazione religiosa. La sua parola tende invece a scuotere e ad incidere sull’animo dell’ascoltatore, per cui è spesso sferzante e diretta, quasi che avvertisse l’urgenza della sua efficacia.
In comune con Eckhart, Taulero ha il fatto che i suoi sermoni non furono scritti da lui ma stenografati dagli ascoltatori. La sua celebrità portò altri scrittori a pubblicare operette tratte dai suoi sermoni, come le Institutiones divinae[9]. Secondo il Surio sua sarebbe anche una De vita et passione Salvatoris nostri Jesu Christi. Celeberrima poi la Theologia germanica, che tanta diffusione ebbe al tempo di Lutero e che da molti fu considerata l’espressione del pensiero di Taulero.
Il pensiero di Taulero non è molto originale. Egli prende l’idea centrale di Eckhart, che menziona una sola volta ma che è presente in tutte le idee centrali, di spogliarsi di tutto per incamminarsi alla ricerca del fondo dell’anima. Dato però il carattere improvvisato dei suoi sermoni, Taulero è ricco di immagini che illustrano questo cammino di vita interiore.
Come per Eckhart, anche per Tauler si è cercato di distinguere ciò che dipende da S. Tommaso (la passioni procedono dall’appetito irascibile e concupiscibile, le tentazioni provengono dall’amore disordinato di sé, le facoltà spirituali sono la memoria l’intelligenza e la volontà, la successione delle forme nell’uomo). Teologicamente dipende da S. Tommaso nelle implicanze della messa e della comunione, nell’ammettere la santificazione della Vergine dopo il suo concepimento.
Di origine neoplatonica sembra invece la concezione psicologica dell’uomo: Dell’uomo si può dire che è composto di tre uomini che però si riducono a uno. Il primo è l’uomo esteriore, l’animale sensibile; il secondo è l’uomo ragionevole con le sue facoltà razionali; il terzo è il Gemüt, o parte superiore dell’anima. Il tutto riunito costituisce l’uomo. Ed allo Pseudodionigi (secondo altri a Scoto Eriugena) risale anche la concezione di Dio come Nulla: S. Dionigi parlava di questo Nulla, quando diceva che Dio non è alcunché delle cose che noi possiamo nominare, comprendere ed afferrare. (…) Il niente creato (l’uomo) si radica nel Nulla increato (Dio), ma si tratta di uno stato che non si può né comprendere né esprimere.
Quello che in Eckhart appariva come distacco viene ugualmente presentato da Taulero come spogliamento e soprattutto come liberazione da tutte le immagini anche quelle buone, che comunque frappongono uno schermo tra il fondo misterioso dell’anima e Dio: Si racconta di un santo padre che era talmente spogliato di immagini, che non poteva ritenenrne alcuna dentro di sé. Un giorno un visitatore venne a bussare alla sua porta e gli chiese qualcosa. Il Padre rispose che sarebbe andato a cercarla, ma rientrato nella sua cella dimenticò tutto. Quello bussò di nuovo ed egli chiese: che cosa desideri?L’altro ripeté la sua richiesta. Il Padre rispose che avrebbe cercato la cosa che egli voleva. Ma poi la dimenticò come prima. Dato però che quello bussò per la terza volta, egli gli disse: Vieni e prendi tu stesso ciò di cui hai bisogno, io non posso conservare l’immagine così a lungo, essendo il mio spirito del tutto privo di immagini… In queste persone così libere di immagini, penetra il sole di Dio[10].
Dionisiana è anche l’origine della passività come condizione migliore a ricevere Dio dentro di sé: Affrettati ad entrare nel riposo interiore e nella passività, e se non trovi subito lo stato di passività, cerca almeno di occuparti di qualche opera interiore. E’ il riposo interiore di cui parlavano proprio in quegli anni Gregorio Palamas e gli esicasti a Bisanzio. Riposo ed esicasmo che in occidente più tardi saranno noti come “quietismo”, con una tinta quindi di negatività.
Il giudizio più esaltante su Taulero lo espresse Lutero quando scrisse Ego plus in eo reperi theologiae solidae et sincerae quam in universis omnium universitatum scholasticis doctoribus repertum est, aut reperiri possit in suis sententiis[11]. Un tale giudizio portò l’avversario di Lutero, Giovanni Eck ad andare giù duro su Taulero e considerarlo alla stregua dei valdesi e dei beghardi. Altri cattolici però difesero Taulero, come ad esempio S. Pier Canisio (che ne pubblicò le opere) e Lorenzo Surio. Poi venne la riabilitazione del Denifle nell’ambito di quella di Enrico Susone.
[1] Cfr. Louise Gnädinger, Giovanni Taulero. Ambiente di vita e dottrina mistica, Ed. Paoline, Torino 1997. Questo della Gnädinger è una monografia monumentale esemplare.
[2] Cfr. Die Predigten Taulers, a cura di Ferdinand Vetter, Berlin 1910 (ristampa, Dublin-Zürich 1968). Per una traduzione italiana, vedi Giovanni Tauler. Opere, a cura di Bernardino De Blasio, Ed. Paoline, Alba 1977. Segnalo anche Taulero, Il fondo dell’anima, a cura di Marco Vannini, Piemme, Casale Monferrato 1997. Per la citazione in questione vedi Vetter, V 54, p. 250. Citato da Gnädinger, Giovanni Taulero, p. 65.
[3] Cfr. Die Predigten Taulers, cit., V 36, p. 138. Citato da Gnädinger, Giovanni Taulero, p. 63.
[4] Cfr. Gnädinger, Giovanni Taulero, pp. 321-350.
[5] Ivi, V 78, p. 421 ; V 81, p. 432. Citato da Gnädinger, Giovanni Taulero, pp. 69-70.
[6] Ivi, V 56, p. 260. Citato da Gnädinger, Giovanni Taulero, p. 113.
[7] Ivi, V 56, p. 262.
[8] Ivi, V, 15, p. 71. In Gnädinger, Giovanni Taulero, p. 246.
[9] Colonia 1548, nota anche come Medulla animae, Francoforte 1644.
[10] DTC XV, 72.
[11] DTC XV, 75.
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