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insieme nella missione
Insieme nella Missione
Lettera del Maestro dell'Ordine
P. DAMIAN BYRNE O. P.
Lettera del Maestro dell'Ordine
P. DAMIAN BYRNE O. P.
Care Sorelle e Fratelli,
il Documento di Bologna del 1983 ricorda che principio e segno di unità della Famiglia Domenicana (cf. LCO 396) è il Maestro dell' Ordine, successore di San Domenico; è lui che concede l'aggregazione di un Istituto all'Ordine, che ‑ fuori del Capitolo generale ‑ garantisce e promuove la fedeltà allo spirito di San Domenico (cf. ANALECTA 1983, pp. 95‑97). Alla luce di questa dichiarazione della funzione del Maestro dell'Ordine, desidero comunicare a loro come io vedo la Famiglia Domenicana. Inizierò con il commento ai tre aspetti emersi sopra: Unità, aggregazione, fedeltà.
Unità
Durante questi sette anni ho incontrato molti domenicani, uomini e donne, religiosi e laici, in tutto il mondo. Ho sperimentato la realtà della Famiglia Domenicana e come essa si volga al Maestro dell'Ordine come a principio di unità nello sforzo di mantenere la propria fedeltà al carisma di San Domenico. Da parte mia, tra i frati, mi sono impegnato a considerare come mio compito primario quello di promuovere la fedeltà allo spirito del Nostro Padre così come si manifesta negli Atti dei Capitoli generali. A volte ho riscontrato che altri rami della FD superano i frati nella fedeltà a taluni aspetti della vita domenicana. In veste di « colui che concede l'aggregazione all'Ordine » mi è parso opportuno, in questo momento del mio generalato, riflettere su questi punti con tutti voi.La mia lettera sulla Vita Comune ha avuto origine da una visita alle sorelle dell'Africa, nel 1984, in cui rimasi profondamente colpito dalla loro fedeltà agli elementi essenziali della vita comune, nonostante i pesanti impegni apostolici. Ciò mi indusse a riprendere in esame i valori essenziali della vita comune e a riflettere sulla necessità, in alcune situazioni, di strutture nuove di persone e comunità, per preservare e promuovere questi valori. La fedeltà al progetto di Domenico è messa in evidenza da un gran numero di domenicane che hanno preso l'uno o l'altro aspetto del carisma domenicano e lo hanno tradotto in « centro vitale » per la propria comunità o congregazione. Basta pensare alle congregazioni che si dedicano all'insegnamento, alla cura dei malati, alla evangelizzazione... Con questi ministeri, le sorelle rispondono alle tre grandi preoccupazioni di Domenico: i poveri, i non credenti, i peccatori.
Le Suore costituiscono la parte più numerosa della FD: la loro presenza negli apostolati di frontiera è maggiore di quella dei frati; esse sono più attente alle necessità della gente, specialmente dei poveri e degli oppressi; frequentemente, sono più impegnate nella promozione dei diritti umani e, in vari modi, stanno rispondendo alla sfida della formazione permanente con maggior serietà di noi frati.
Aggregazione all'Ordine
Le congregazioni di suore ottengono la loro autonomia giuridica mediante un decreto della Santa Sede e la loro unione con i frati si realizza per mezzo della professione, simile a quella dei frati, come religiose domenicane. Nel nostro caso, ciò può condurre ad un vincolo molto stretto basato sul comune amore a San Domenico e sull'accettazione del suo progetto. Questo progetto, mi pare, è stato vissuto dagli ultimi Capitoli generali, a partire da Quezon City (1977), in una forma molto concreta. Credo che l'appartenenza dei laici, delle sorelle, delle monache e dei frati alla Famiglia Domenicana richieda una comprensione della stessa secondo la tradizione dell'Ordine e la traduzione dei suoi orientamenti nel nostro apostolato. Abbiamo tralasciato di considerarci primo, secondo o terzo Ordine: siamo tutti Domenicani.Fedeltà
Ritengo che questo senso di unità della Famiglia Domenicana richieda una esplicazione da parte mia di come, cioè, l'Ordine vede oggi la sua missione, alla luce della tradizione. La comprensione di questo ci condurrà ad una maggiore unità e zelo apostolico in tutti i rami della Famiglia Domenicana.Nel 1968 il P. Aniceto FERNANDEZ scriveva alle domenicane di tutto il mondo, in risposta ad alcune domande circa il loro posto nell'Ordine:
« E' giunto il momento di esaminare con cura le nostre relazioni. In questo nostro mondo, nel quale il Redentore ci ha collocati insieme per continuare la sua massima opera di salvezza, siamo chiamati ad abbracciare insieme lo spirito e la tradizione che ci lega a San Domenico, a cercare insieme e a costruire insieme le nostre comunità di fratelli e sorelle a servizio della Chiesa ».
Il P. Aniceto parla alle sorelle come ad uguali e come uguali le invita a cercare con i fratelli il modo migliore di realizzare congiuntamente la nostra missione di predicatori. Siamo fedeli alla meta proposta?
Capitoli generali 1977‑1989
Dal 1977 cinque Capitoli generali affermano che la predicazione è la priorità delle priorità, e che il predicare oggi deve includere le « quattro priorità »: Teologia, Evangelizzazione, Giustizia, Comunicazioni. Esse tutte affondano le loro radici nella nostra tradizione. Alcuni Capitoli, inoltre, hanno sviluppato maggiormente l'uno o l'altro aspetto della predicazione. Ad esempio, il Capitolo di Avila dei 1986 (n. 22) ci ha consegnato un documento sulle «Cinque frontiere », che è uno sviluppo delle due priorità: Giustizia e .Missione. Il recente Capitolo di OAKLAND del 1989 (n. 68, 4) attira la nostra attenzione sul fatto che, oltre ad essere radicate nella nostra tradizione, le quattro priorità sono strettamente congiunte fra loro. Non è possibile accettare l'una e tralasciare le altre, poiché sono in rapporto di mutua dipendenza e tutte insieme debbono essere presenti nell'apostolato di un autentico domenicano. Vi potranno essere specialisti in ciascuno dei campi, tuttavia lo specialista in comunicazioni, ad esempio, dovrà essere anche teologo e prestare attenzione ai problemi di Giustizia e Pace. Chi non è specialista dovrà attingere a tutte le priorità per realizzare il suo lavoro.Predicazione
La « carta magna » del predicatore è stata tracciata da Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi. A me sembra che quanto Paolo VI parla de « la predicazione con la testimonianza, per mezzo della parola e della comunicazione individuale del vangelo da persona a persona » stia descrivendo il programma di Domenico. Cosciente della necessità di tale testimonianza, lo vediamo predicare nelle chiese e sulle strade, a fedeli ed infedeli, a contatto con gruppi e singole persone.I primi seguaci di Domenico, il Predicatore, furono donne. D'altra parte è significativo che i primi frati abbiano preso come patrone dell'Ordine Santa Maria Maddalena, apostola degli apostoli, e Caterina di Alessandria, studiosa e insegnante di filosofia. Vi sono innumerevoli esempi di grandi donne predicatrici nella nostra storia: Caterina da Siena, Rosa da Lima, Margaret HALLAHAN, come pure molte fondatrici di congregazioni femminili.
Le Costituzioni dei frati sottolineano che l'intera comunità costituisce un nucleo di predicazione e che i frati «dovrebbero condividere le loro esperienze apostoliche e le difficoltà allo scopo di sottoporle ad uno studio comune, di modo che, riunite tutte le forze in gruppi speciali, si possa esercitare il ministero con maggior efficacia » (LCO 100, 4). Quando i fratelli e le sorelle lavorano insieme, la predicazione sgorga dalla comune riflessione sul Vangelo.
Anche le monache svolgono un loro ruolo. « La Vita domenicana contemplativa è specificata dall'orientamento dell'Ordine alla predicazione del Vangelo nella sua interezza. Le monache sono parte dell'Ordine predicante, e parte integrante; non solo per l'aiuto delle loro preghiere ma perché, unite ai predicatori, contribuiscono a creare la coscienza domenicana della realtà e della verità che i fratelli predicano...
La contemplazione domenicana si preoccuperà di studiare e penetrare tutti i misteri della fede, il programma completo della predicazione cristiana » (Anselm MOYNIHAN, O.P.).
I Capitoli di Walberberg (1980) e di Roma (1983) apportarono significativi contributi all'importanza della predicazione per le sorelle. Walberberg chiede ai frati di formare équipes di predicazione con le suore: « In questo modo la nostra predicazione raggiungerà, con maggior facilità e con più efficacia, la totalità della persona » (n. 77). Ci propone quindi di formare équipes di predicazione non solo per aiutarci reciprocamente, ma anche per far sì che la nostra predicazione raggiunga effettivamente la vita della gente.
Il Capitolo di Roma, poi, spinge ad una più ampia e frequente collaborazione tra frati e suore nel lavoro apostolico, specialmente nella predicazione, nell'insegnamento della teologia e nello sviluppo dei nuovi metodi di predicazione (n. 66). Nel numero seguente si afferma: « Esortiamo specialmente le nostre sorelle ad usare con efficacia le possibilità di predicazione offerte dagli esercizi spirituali, il rinnovamento delle parrocchie, le celebrazioni paraliturgiche della Parola di Dio e le visite alle famiglie » (n. 67). Altra occasione significativa può essere la preghiera liturgica delle Lodi e dei Vespri.
Fratelli e sorelle che lavorano insieme costituiscono, per ciò stesso una testimonianza, una predicazione. Anticamente, il convento dei frati si chiamava « sacra praedicatio »; oggi, questo nome, esprime l'apostolato comune dell'intera Famiglia Domenicana.
Possiamo parlare della dignità della donna, ma le nostre parole non avrebbero valore se non dimostrassimo di essere un Ordine in cui uomini e donne lavorano insieme con mutuo rispetto e senza timore. Questa sarebbe veramente « una parola fatta carne », l'incarnazione della teologia. Credo sia importante riconoscere che dobbiamo fare ancora un lungo cammino e che parte del problema sta in un esagerato clericalismo di alcuni frati che non gradiscono predicare con donne.
Secondo il Diritto Canonico, .l'omelia della Messa è riservata a sacerdoti e diaconi, il che è causa di insofferenza e di tristezza per non poche religiose. Ma vi sono molti altri luoghi e altre opportunità per predicare. E noi siamo chiamati ad essere creativi e flessibili nella predicazione. Se Caterina da Siena si rivolse a Raimondo da Capua per la direzione spirituale, ella ne divenne poi la sua direttrice. Una domenicana predica la Parola partendo dalla sua esperienza di essere donna. In molti casi il prete può essere visto come recitante un ruolo sacro, il che può diminuire la sua efficacia, mentre le suore sono viste come semplici cristiane che hanno nient'altro da offrire che se stesse e il Vangelo.
La questione « da dove/da chi riceviamo l'autorità di predicare » è una cosa importante. Oggi, sia le donne che gli uomini, necessitano del permesso del Vescovo locale. In passato, era il Capitolo generale che, seguendo il disposto di Domenico, stabiliva « se Dio » aveva concesso la grazia di predicare (cf. Costituzioni a. 1241, dist. II, cap. XII). Le sorelle americane hanno pubblicato uno studio molto interessante su questo argomento. Gli esempi di predicazione descritti nei recenti Capitoli: sorelle che insegnano nelle nostre università; movimenti come quello di PARABLE negli Stati Uniti; la predicazione della pace da parte di domenicani/e, laici e laiche in Inghilterra devono costituire uno stimolo per tutti.
Riflessione teologica
« Quando Domenico pensò di formare i suoi frati come predicatori, li mandò a studiare». Reclutava seguaci nelle università e poi li rinviava all'università perché si preparassero al ministero della predicazione. Domenico voleva che i suoi predicatori fossero dotti e competenti. Guglielmo di Monferrato ci racconta che egli e Domenico avevano deciso di andare come missionari nel Nord Europa dopo che « Domenico avesse organizzato il suo Ordine ed io studiato Teologia per due anni... ».Questa tradizione di riflessione e studio teologico, non come fine a se stesso ma ordinato alla salvezza propria e a quella altrui, è una costante dell'Ordine. Non intendo dire che un domenicano debba essere necessariamente più colto degli altri religiosi, o che tutti i domenicani debbano diventare dei teologi specialisti, ma semplicemente che lo studio della verità è parte integrante di un vero domenicano, uomo o donna. Le sorelle sono pienamente consapevoli di ciò. Il Capitolo di OAKLAND precisa: « Ascoltare in modo domenicano implica una comunità di fratelli e sorelle che condividono nella comunione lo stesso progetto di vita » (n. 43).
Mano a mano che crescerà in noi la consapevolezza di questa realtà, si rafforzerà nel contempo, la devozione a San Domenico e si acquisterà una più chiara comprensione della nostra missione di predicare nella chiesa. A tale scopo, credo che dobbiamo sforzarci di più per far sì che la maggior parte della nostra formazione istituzionale si realizzi in comune (cf. Q. C. nn. 71, 79).
Quanto detto sopra, si applica alle Province e ai Vicariati dei frati, alle Federazioni e Conferenze delle Monache, nonché alle Congregazioni delle nostre sorelle, sempre che sia fattibile. Già esistono alcuni esempi: due Congregazioni di suore e frati in Bolivia, due Vicariati di frati in Venezuela, la Casa di Studi del Perù, il Noviziato intercongregazionale di St. Louis, U.S.A., monache in Messico, Argentina e Spagna. Questo serve sia nelle situazioni in cui vi è crescita e fioritura di vocazioni, come pure là dove la nostra presenza va via via riducendosi.
Tradizione Missionaria
Dall'inizio dell'Ordine molti Domenicani hanno sentito una chiamata come quella di Abramo: « Lascia la tua terra e la casa di tuo padre per il paese che io ti voglio mostrare » (Gen. 12). Lo stesso Domenico sentì un gran desiderio di andare fra i Cumani. Molti dei suoi seguaci condivisero il suo ideale e alcuni di essi dedicarono particolare attenzione alla lingua e ai costumi di coloro ai quali erano stati inviati.I Domenicani furono tra i primi ad andare nel Nuovo Mondo e nel 1587 fu fondata una Provincia missionaria in Spagna per rispondere alla chiamata dell'Oriente. Inoltre molte Congregazioni di nostre Sorelle furono fondate, attratte da questo aspetto del carisma di Domenico. In passato la funzione del missionario era quella di fondare la chiesa locale. Oggi invece è quella di arricchire la chiesa locale con il particolare carisma della Congregazione. In una recente visita in Africa rimasi sorpreso dal numero di vescovi che chiedevano la nostra presenza come predicatori e teologi. In KENYA un vescovo sta promuovendo una équipe domenicana di predicazione, composta da due suore e da un frate.
Il Capitolo di Avila sottolinea tre aspetti della Missione, qualunque sia il paese in cui ci troviamo: la sfida delle grandi religioni, quella delle ideologie secolari e quella delle sètte.
A1 Secondo Congresso della Missione dell'Ordine in Europa, celebrato in L'Arbresle, sui nuovi posti di missione, qualcuno osservò: « Non è necessario creare nuovi posti di predicazione. I luoghi esistono, siamo noi assenti da essi ». La concezione del missionario straniero è cambiata, come pure il nome; ma il bisogno è rimasto il medesimo. La preoccupazione di essere evangelizzatori, ovunque ci troviamo, è la grande sfida dei giorni nostri. Noi, perciò, oggi dobbiamo essere creativi come Domenico e le vostre Fondatrici lo furono al loro tempo.
Giustizia e Pace
L'esempio dei nostri primi missionari nel Nuovo Mondo ci può servire come punto di partenza. Un anno dopo il loro arrivo in quella che oggi si chiama Isola di Santo Domingo, incontriamo i primi Domenicani che difendono la dignità degli Indios. Nel loro approccio possiamo rilevare tre elementi, che possono oggi servirci di lezione:1.Quando al Priore Pedro de Cordoba furono presentate rimostranze per il contenuto della predica di Montesino, egli replicò che non era Montesino che aveva predicato, ma tutta la comunità. Ossia la protesta contro le ingiustizie era nata da una decisione comunitaria e Montesino era soltanto il portavoce della comunità.
2.Se il loro impatto fu grande, ciò è dovuto al fatto che erano rispettati come teologi e come domenicani di vita esemplare.
3.Cercarono la collaborazione specializzata dei loro fratelli dell'Università di Salamanca, in Spagna, e come risultato ottennero la prima « carta » dei diritti umani, che si deve all'opera di Francisco de Vitoria.
La lezione è chiara: noi dobbiamo agire come comunità e non come individui; come comunità di domenicani e non come gruppi isolati; dobbiamo essere consapevoli che il nostro vero contributo sarà I Domenicani furono tra i primi ad andare nel Nuovo Mondo e nel 1587 fu fondata una Provincia missionaria in Spagna per rispondere alla chiamata dell'Oriente. Inoltre molte Congregazioni di nostre Sorelle furono fondate, attratte da questo aspetto del carisma di Domenico. In passato la funzione del missionario era quella di fondare la chiesa locale. Oggi invece è quella di arricchire la chiesa locale con il particolare carisma della Congregazione. In una recente visita in Africa rimasi sorpreso dal numero di vescovi che chiedevano la nostra presenza come predicatori e teologi. In KENYA un vescovo sta promuovendo una équipe domenicana di predicazione, composta da due suore e da un frate.
Il Capitolo di Avila sottolinea tre aspetti della Missione, qualunque sia il paese in cui ci troviamo: la sfida delle grandi religioni, quella delle ideologie secolari e quella delle sètte.
A1 Secondo Congresso della Missione dell'Ordine in Europa, celebrato in L'Arbresle, sui nuovi posti di missione, qualcuno osservò: « Non è necessario creare nuovi posti di predicazione. I luoghi esistono, siamo noi assenti da essi ». La concezione del missionario straniero è cambiata, come pure il nome; ma il bisogno è rimasto il medesimo. La preoccupazione di essere evangelizzatori, ovunque ci troviamo, è la grande sfida dei giorni nostri. Noi, perciò, oggi dobbiamo essere creativi come Domenico e le vostre Fondatrici lo furono al loro tempo.
Dobbiamo non soltanto predicare la giustizia, ma anche testimoniarla nelle nostre relazioni con le sorelle. Sovente, noi frati, diamo per scontato l'aiuto delle nostre sorelle nel mantenimento dei nostri conventi o nella prosecuzione dei nostri impegni apostolici, ma la nostra predicazione sulla giustizia sarebbe senza efficacia se gli altri vedessero che noi manchiamo di giustizia nei confronti di queste persone che sono a noi più vicine.
Mezzi di comunicazione
La Quarta Priorità ‑ che in termini moderni viene chiamata « Mass Media » ‑ ha vecchie radici nella nostra tradizione. John MILLS ha fatto notare che, due secoli prima della rivoluzione della stampa, i domenicani svolsero un ruolo importante facendo del libro un mezzo familiare di comunicazione.In questo secolo, nei mezzi di comunicazione si è prodotta una enorme evoluzione. Noi dobbiamo familiarizzare con il linguaggio di questi mezzi in modo da imparare ad « usare nella nostra predicazione un linguaggio moderno, che è quello della gente comune, che ci abiliti ad essere realmente predicatori del nostro tempo » (AVILA, n. 72).
I mass media sono in se stessi uno strumento importante per scoprire questo linguaggio. Essi sono anche un'importante fonte di informazione sul nostro mondo. Ma noi dobbiamo imparare ad apprezzare tale strumento con senso critico, sviluppare un sano rispetto sia per il suo potere come per i suoi limiti, insieme alla consapevolezza che possono essere manipolati. Noi dobbiamo anche prendere coscienza delle lezioni positive che i media ci danno e delle opportunità che ci offrono nella predicazione della parola. Non potremmo noi realizzare effettivamente tutto ciò insieme?
Il Governo Domenicano
Una delle caratteristiche più significative dell'Ordine è il suo sistema di governo, le cui basi furono poste dallo stesso San Domenico. Quantunque le Congregazioni di suore fondate di recente non ne posseggano tutti gli elementi, esse tuttavia considerano la forma domenicana di governo come essenziale alla loro vita domenicana.Le nostre Costituzioni garantiscono i diritti degli individui e delle comunità. Il modo di arrivare alle decisioni attraverso il corretto uso del Capitolo (riunione di professi/e) è essenziale al buon esito del governo domenicano e in nessun modo diminuisce l'autorità legale dei superiori e dei consigli.
Nel suo libro « Il Coraggio ciel Futuro », al cap. VI, par. « Precisazioni sul regime 'democratico' dell'Ordine », P. V. DE COUESNONGLE scrisse:
« La legge fondamentale della democrazia è la legge della maggioranza. Non è così tra noi, dove nondimeno le votazioni sono numerose. La nostra legge propria è la legge della unanimità. Nel Capitolo conventuale ‑ e lo stesso avviene nei Capitoli provinciali o generali ‑ il Priore, lungi dall'appagarsi di un voto precipitoso, deve permettere una larga informazione, suscitare una ricerca comune e provocare un dibattito tale da tendere a un parere il più possibile unanime. Questa ricerca di unanimità, garantisce la presenza del Signore e del suo Spirito e, per questo fatto stesso, orienta con maggior sicurezza verso la scoperta della volontà di Dio. Parimenti, al Vaticano II, Paolo VI, ha fatto ritardare certe votazioni per favorire una maggior intesa e evitare che alcune decisioni venissero prese solo a maggioranza ».
La voce della minoranza deve essere ascoltata. Essa può avere cose importanti da dire, tali da far modificare o cambiare la nostra posizione. Se questa voce venisse soffocata da una votazione rapida della maggioranza, il nostro stile di governo risulterebbe conculcato. Ricordiamoci che il governo domenicano è per la missione, a servizio della evangelizzazione.
Ho voluto condividere con tutte/i voi queste mie idee. Siamo 40.000 Suore, 4.000 Monache, 6.900 Frati, più di 120.000 Laici domenicani impegnati in diversi ministeri. Che cosa potremmo realizzare, se lavorassimo insieme?
Sinceramente vostro fratello nel S. Padre Domenico
Fr. Damian Byrne, O.P. Maestro dell'Ordine
Roma, 10 novembre 1990
Roma, 10 novembre 1990
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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