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riposare nel signore...
RIPOSARE NEL SIGNORE
Timothy Radcliffe OP
Timothy Radcliffe OP
Mi sento profondamente onorato di essere qui con voi per ricevere questo premio. Vi ringrazio molto per questo segno di amicizia. Mi è stato chiesto di dire qualche parola sul tema del Congresso Eucaristico Nazionale del 2005, "il Giorno del Signore". Ebbene, il titolo del mio contributo è "Riposando nel Signore".
C'è un pizzico di ironia nel mio intervento. Mi ero appena messo a sedere per iniziarne la stesura, quando ho ricevuto la visita di un amico che mi ha detto che lavoravo troppo e che dovevo riposare di più. "Perché non ti prendi una vacanza?", ha aggiunto. Gli ho risposto: "Ahimè, non ho modo di riposarmi, perché ho da scrivere un intervento sul riposo!"In effetti, non sono molto bravo a riposare. Dunque forse non sono la persona più adatta a parlare di questo argomento! Ma mi consolo ricordando uno dei miei confratelli che tenne una conferenza negli Stati Uniti. Quando ebbe concluso si sedette, ma l'applauso fu piuttosto tiepido. Allora, rivolto ad un tale seduto accanto di lui, disse: "Non sono stato poi così male, vero?". L'uomo gli rispose: "Oh, io non ce l'ho con lei. Ce l'ho soprattutto con chi l'ha invitata a parlare!"
ETIMOLOGIA DELLA PAROLA RIPOSO
L'etimologia della parola inglese "re-pose", come presumo anche della parola italiana "riposare", deriva dal verbo greco pauein, che significa "fermarsi". Perciò "riposare" è smettere di fare qualcosa. Il riposo è definito nei termini dell'attività, come pure la sua cessazione. Questo riflette certamente la cultura nordeuropea, e l'"etica del lavoro" protestante. Forse in un paese cattolico come l'Italia siete stati risparmiati dallo stress dell'etica del lavoro. La dignità dell'essere umano era costituita dal lavoro. Una persona aveva valore nella società per il contributo che dava attraverso il suo lavoro. La cittadinanza andava di pari passo con l'attività svolta da una persona. Era considerato un modo per fare ciò che si desiderava. Era un tempo atto a preparare l'uomo a tornare di nuovo al lavoro, ed era perciò irrilevante per la società, fino a quando egli non riappariva il lunedì mattina, pronto a lavorare duramente per un'altra settimana.
Herbert McCabe op ha scritto: "Un uomo deve fare ciò che gli viene ordinato quando lavora, ma nel tempo libero (quando non lavora) egli è libero di fare, professare, leggere ciò che vuole. È solo nella misura in cui queste cose toccano il rapporto di lavoro che vengono limitate. [...] In questa società la cultura tende a divenire una sorta di gioco privato il quale, essendo "libero", è libero da ogni rilevanza, ed essendo irrilevante non è degno di controllo. Filosofi, scienziati, romanzieri e teologi non hanno bisogno di sentirsi in alcun modo responsabili verso la comunità per ciò che affermano, perché nessuno comunque li prende sul serio.
Joseph Pieper ha dimostrato che se torniamo al mondo classico, è esattamente il contrario. La parola che significa 'lavoro' in greco — acrxoka — viene da "non oziare", axoka. Così in latino, "negotium", "affare, occupazione, impiego" deriva da "negotium", "non-ozio". Pieper ne deduce perciò che il mondo classico ci riporta ad una civiltà in cui si lavora in modo tale da avere tempo libero, piuttosto che il contrario. Questo è ciò che celebriamo ogni domenica.
Noi riposiamo in modo da ricordare che non siamo prima di tutto lavoratori, e che la nostra dignità è altrove. Come Dio chiamò Israele dalla schiavitù dell'Egitto e comandò al suo popolo di riposare nella libertà, così noi siamo chiamati ad uscire dalla schiavitù del mondo del lavoro.
Per citare di nuovo Herbert McCabe, il comandamento di non lavorare "è rivolto all'idolatria del lavoro. Così come tutti gli idoli sono "frutto del lavoro di mani di uomo", anche il lavoro può divenire un idolo, uno strumento di alienazione... Lo Shabbat viene a fermarti dall'essere assorbito dall'idea del successo, ti salva dal divenire schiavo della produttività e del profitto.
UN MONDO IN TRASFORMAZIONE
Ciò che Pieper e McCabe hanno scritto a proposito della nostra liberazione dall'etica del lavoro è bello e vero. Ma mi chiedo se non provenga da un mondo del lavoro che oggi è sottoposto ad una trasformazione. Pieper scriveva nel 1948, mentre la Germania stava cercando di ricostruire la società dopo la guerra, e McCabe circa trent'anni fa. Noi stiamo entrando in un mondo in cui il lavoro inizia ad essere concepito in un modo nuovo, e ciò significa che il riposo nel Signore può portare un nuovo messaggio proprio questa trasformazione. Egli argomenta che siamo giunti alla fine di quello che chiama 'il capitalismo solido'. Era l'epoca simboleggiata da Ford, il costruttore di automobili, spesso chiamata "Fordismo". Si era celebrato il matrimonio tra capitale e mano d'opera. Forse qualche volta litigavano, ma avevano bisogno l'uno dell'altro. Si trattava di un matrimonio tra abilità umane e denaro.
Spesso un impiego durava tutta la vita. La produzione di fabbrica dipendeva da una forza lavoro stabile e capace. Ma quel mondo sta tramontando, mentre stiamo facendo.' il nostro ingresso in quella che Bauman chiama la 'Modernità Liquida'. In questo mondo il capitale non si impegna in relazioni stabili. Va in giro per il mondo, cercando mano d'opera a basso costo. Come ha scritto: "i brevi incontri prendono il posto di impegni di lunga durata. Non si pianta un albero di limoni per fare una limonata".
L'americano medio durante la sua vita cambia 11 lavori. I ricchi e i potenti sono quelli che cambiano più frequentemente. Sono moderni nomadi, pronti ad alzarsi e partire. Hanno bisogno solamente di un cellulare e di un computer portatile. Compagnie di successo come la Nike non possiedono neppure fabbriche né impiegano nuovi operai. Sarebbe un inutile sovraccarico. Dice Bauman: "Oggi detiene il potere chi si muove e agisce più velocemente, chi arriva vicino al movimento istantaneo. Mentre chi non si muove a una tale velocità, e soprattutto quella categoria di persone che non può assolutamente lasciare il proprio posto a suo piacimento, sono quelli che vengono comandati. Tutto ciò sta cambiando il senso del lavoro nella nostra società. E' un luogo di insicurezza, dato che i contratti diventano a breve termine, instabili o persino inesistenti. Questa insicurezza sta distruggendo la fiducia ed il mutuo impegno dei lavoratori. I sindacati, almeno in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, stanno perdendo gran parte del loro potere. Insicurezza vuoi dire che ognuno lotta per mantenere la propria posizione. E perciò il lavoro non è più considerato centrale per l'identità di un gran numero di persone. Chi è povero può essere disoccupato per tutta la vita, e chi lavora cambia spesso impiego. "Il lavoro non può più offrire un sicuro appiglio, l'asse attorno a cui ruotare e fissare definizioni di sé, la propria identità e i propri progetti di vita. Non può neanche esser facilmente concepito come il fondamento etico della società, o come l'asse etico della vita individuale.
Tutto ciò cambia il significato del Giorno del Signore e del senso del riposo. Se un numero sempre maggiore di persone non concepisce più la propria identità in base al lavoro che svolge, allora non avrà nemmeno bisogno di essere liberata da tale falsa identità.
SIGNIFICATO DEL RIPOSO OGGI
Qual è dunque il significato del riposo oggi? lo ne sottolineerei due aspetti.
Prima di tutto, lo Shabbat è il giorno in cui fare memoria della nostra meta finale, la storia che dà senso alla nostra vita.
In secondo luogo, noi siamo invitati a riposare sotto lo sguardo del Signore.
Il vecchio mondo del capitalismo Fordista credeva nel proseguimento della storia dell'umanità. Si trattava di una sorta di escatologia secolarizzata del progresso. L'umanità percorreva la strada verso la propria meta, ed era attraverso il lavoro delle nostre mani che davamo il nostro contributo al progresso. Secondo alcuni la strada portava ad un paradiso capitalista, mentre per altri si trattava di un eden comunista. Ma erano tutti d'accordo nel ritenere che il senso complessivo della vita risiedesse nei termini di un racconto non ancora concluso. Un po' di tempo fa, dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra fredda, noi occidentali abbiamo perduto quel senso di una storia più ampia nella quale inserire le nostre vicende personali. Tutto ciò è paradossale, dal momento che nessun'altra generazione ha mai avuto un senso così acuto dell'estensione del tempo.
Ogni bambino sa che viviamo nello spazio tra il Big Bang e il "Big Chili", ovvero la Grande Glaciazione, quando il mondo si raffredderà. Questa è la storia che imparano a scuola. Molti bambini occidentali conoscono meglio i dinosauri che le mucche o le capre. Possono distinguere un Triceratopo da un Tirannosaurus Rex più facilmente che un "Aberdeen Angus" da un "Friesian" (una mucca chinina da una marchigiana).
Ma nella lunga storia del nostro universo e anche del nostro pianeta, noi umani non abbiamo un ruolo particolare. Forse non esistevamo ancora quando morì l'ultimo dinosauro, mentre quando ci estingueremo probabilmente ci saranno ancora molti coleotteri in circolazione. Questa non è la nostra storia. L'unica differenza che può fare l'umanità è negativa, provocando disastri ecologici causati della cupidigia o dalle bombe. Non siamo di fronte ad una storia che abbia in serbo qualcosa per noi.
L'insicurezza del mondo del lavoro, e di relazioni familiari durature, significano che c'è solo questo momento per vivere. Gli impieghi non strutturano più una vita intera, e l'idea del lavoro come "vocazione" è scomparsa quasi ovunque. Le nostre vite diventano frammentate, senza un filo che le tenga insieme e dia loro senso. È, come si dice in inglese, la "now Generation", la Generazione Adesso. E adesso è il momento per una gratificazione immediata.
Bauman ha scritto: "qualsiasi cosa la vita possa offrire, che sia offerto hic et nunc — subito. Chi può sapere che cosa porterà il domani? Il rinvio della soddisfazione ha perso mordente. D'altra parte, è del tutto incerto se il lavoro e gli sforzi investiti oggi porteranno frutto nel tempo che si impiega ad attendere una ricompensa per le proprie fatiche."
RAPPORTO TRA LAVORO
E TEMPO LIBERO
Tutto ciò sta cambiando il rapporto tra lavoro e tempo libero. I giovani istruiti, quelli che si sentono a loro agio nel mondo della nuova tecnologia, vedono sempre più il lavoro come una forma di svago. Mentre i loro genitori andavano al lavoro, loro vanno a giocare.
Jeremy Rifkin è il presidente della Fondazione per gli andamenti economici di Washington. Ebbene, lui sostiene che la generazione più giovane impegnata negli affari, i "cangianti", come vengono chiamati, appartengono "ad un mondo più teatrale che ideologico, e più orientato verso un'etica del gioco che un ethos del lavoro". Se la Ford è la tipica industria del vecchio capitalismo solido, Hollywood rappresenta il nuovo. Ogni affare diventa spettacolo. "L'economia si sta trasformando da gigantesca fabbrica in immenso teatrq". Ciò si deve in parte al fatto che la cosiddetta "produzione culturale" è attualmente la più grande industria degli Stati Uniti. Ha preso il posto della difesa come maggior datore di lavoro. Ma Hollywood offre un modello su cui si basa ogni altro tipo di produzione.
Cito ancora Rifkin: "Mentre la fase industriale del capitalismo è stata caratterizzata dal prodotto, la fase culturale è caratterizzata dall'esecuzione. Il consulente di management Tom Peters dichiara che 'non è esagerato dire che oggi tutti stanno entrando nell'industria del divertimento'. Peters consiglia ai propri clienti di considerare che nella vita commerciale il totale è la somma dei drammi immaginari creati dai nostri utenti'. Le nuove parole chiave dell'operatività aziendale sono "mito", "fantasia" e "illusione" Ancora Rifkin: "Un numero crescente di individui, in particolare giovani, considera se stesso alla stregua di un attore e la propria vita un'opera d'arte in via di realizzazione".
Per moltissime persone in questo mondo nuovo, andare a fare shopping non significa prima di tutto acquistare qualcosa. E prendere parte a una rappresentazione. I nuovi enormi centri commerciali sono luoghi deputati al divertimento dove si possono fare esperienze interessanti, si può vivere in un mondo immaginario e giocare con una realtà virtuale. In America vengono chiamati "destination entertainment centers" (centri destinati all'intrattenimento).
Sempre più spesso, le tensioni sociali in America ruotano attorno a chi è autorizzato ad entrare in questi mondi del gioco. Stanno diventando spazi privati e sorvegliati, dai quali i poveri sono esclusi. Essi potrebbero infatti rovinare il sogno. Non so quanto tutto ciò corrisponda alla vostra esperienza, qui nel sud dell'Italia. Forse potrebbe sembrare una specie di pazzo mondo che esiste solo in America, in Inghilterra, ecc. Uno dei più grandi negozi che io abbia visitato nella mia vita si trova però appena fuori la città di Bari! Ma mi domando se questo mondo nuovo, in cui il lavoro è trasformato in gioco e la produzione in divertimento, sia il frutto naturale di una cultura che ha perso i suoi sogni sul futuro. Se Roma brucia, perché non seguire l'esempio di Nerone e suonare la lira? Se non c'è futuro, ed esiste solo il presente, allora perché lavorare e risparmiare per un futuro in cui la gente ha smesso di credere? Mangia, bevi, e sii felice, perché domani potremmo non esserci più.
CHE SIGNIFICA PER NOI CELEBRARE IL GIORNO DEL RIPOSO DEL SIGNORE DI FRONTE A QUESTA CULTURA EMERGENTE?
Che significa per noi prenderci un giorno libero dal lavoro in una società che ha cominciato a trasformare il lavoro in svago? All'inizio della nostra storia, Dio si è riposato il settimo giorno dopo la creazione del mondo. E questo non era dovuto al fatto che la creazione dell'universo si fosse rivelata particolarmente faticosa! Il riposo era l'attività degli dei nel mondo antico dei vicini di Israele. Gli esseri umani erano stati creati per offrire sacrifici in modo che gli dei potessero mangiare, bere e bighellonare nei cieli. Il riposo era considerato un'attività divina. La differenza era che il Dio di Israele invitava il suo popolo ad unirsi al suo riposo. Non siamo stati creati per essere schiavi degli dei, ma per partecipare della festa di Dio. Dunque il nostro Shabbat non è tanto un'astensione dal lavoro, quanto il segno della dignità divina del nostro destino.
Il mondo del nuovo capitalismo, coi suoi giochi e i suoi svaghi, sembra essere una specie di pallida imitazione dello Shabbat degli ebrei e dei cristiani. La Sapienza danzava davanti a Dio quando creò il mondo. Dio ci ha fatto per giocare con lui, homo Iudens.
C'è forse una vaga eco di ciò in coloro che vorrebbero fare di ogni lavoro una forma di divertimento?
C'è per caso un vago ricordo della promessa cristiana del Paradiso quando non ci sarà più alcun lavoro?
La nostra generazione dell'Adesso ha perso le sue utopie. Come ha scritto Fukuyama in un'opera famosa, la storia è giunta alla sua fine. L'umanità è arrivata; oltre non c'è più nulla. Forse per una generazione che ha perso la speranza, Disneyland resta l'ultima eco dei nostri sogni? Alla speranza si è sostituita la fantasia. All'escatologia si è sostituita la realtà virtuale!
Tutto questo non lo dico per criticare la modernità, affatto! Voglio dire che se saremo capaci di rendere visibile anche un solo accenno dell'eterno Shabbat, i nostri giovani contemporanei saranno ansiosi di abbracciarlo. Dobbiamo mostrare loro di esser stati toccati dall'eterno Oggi di Dio se vogliamo che la generazione dell'Adesso trovi nel Cristianesimo una qualche eco dei propri sogni. Noi cristiani dobbiamo mostrarci giocosi, ludici, se vogliamo conquistare il nuovo uomo proteiforme, per il quale tutto è divertimento. Occorre mostrargli che lo Shabbat cristiano è un'attività molto più ricreante di qualsiasi gioco al computer.
Quando vivevo a Santa Sabina, andavo spesso a pregare nella cappella barocca di Santa Caterina. Era un luogo di pace perfetta. All'inizio, ero quasi infastidito dalle immense nubi di piccoli angioletti nudi che affollavano ogni centimetro dell'abside, facendo acrobazie nella volta celeste. Mi sembravano una distrazione. Poi ho capito che essi rappresentano il nostro destino eterno: esser coloro che danzano alla presenza di Dio, come la Sapienza al principio. Può un giovane cogliere un qualche indizio della giocosità estatica dello Shabbat, o forse gli sembriamo troppo seri?
DIFFERENZA TRA IL MONDO DELLO "SHAW BUSINESS E LA GIOIA DELL'OGGI DI DIO
Qual è la differenza tra il mondo dello "show business" della generazione dell'Adesso e la gioia dell'eterno Oggi di Dio?
Innanzitutto, i nostri momenti di Shabbat sono quando ricordiamo il passato e guardiamo verso il futuro. Il nostro riposo presente non è lo stesso della generazione dell'Adesso, per la quale non esiste una storia durevole. Per noi cristiani è memoriale del futuro.
Riposiamo quindi come rottura dalla tirannia del presente, con le sue cure e preoccupazioni, e dall'essere assorbiti dal momento attuale.
Riposiamo così da ricordare che le nostre storie personali hanno senso solo all'interno di una storia più lunga, che conduce dalla Creazione al Regno. Quando l'Oggi eterno di Dio irrompe nel presente, è la promessa di ciò che deve venire.
Naturalmente è raro che i preti possano celebrare questo Shabbat la domenica. Ci sono troppe cose da fare. Ma abbiamo anche noi bisogno di momenti di Shabbat nel corso della settimana. Siamo predicatori della Buona Notizia, e la buona notizia è che l'umanità è in cammino verso il Regno. Ma chi ci crederà, se non mostriamo mai di riposare come anticipazione di quell'Oggi eterno? Abbiamo bisogno di vivere ora segni che mostrino come l'umanità sia destinata alla pace.
Nell'ebraismo lo Shabbat è celebrato come il matrimonio tra Israele e lo Shabbat. Lo Shabbat è la Sposa che viene. Il Cantico dei Cantici è il più sacro dei cantici perché celebra l'amore di Israele e il suo riposo.
Celebriamo anche noi uno Shabbat che parli della speranza che tutta la creazione giungerà un giorno al suo compimento. Se siamo eternamente indaffarati, chi crederà in noi? Il rilassamento e il gioco costituiscono per noi un obbligo religioso!
Ricordo quando il Maestro dell'Ordine Vincent de Cousesnongle fece visita alla comunità di Blackfriars, vicino Oxford, circa vent'anni fa. Ci assicurammo che avesse l'impressione che fossimo dei confratelli che lavoravano molto duramente, e che le nostre vite risplendessero per le buone opere. E quando lo incontrammo alla fine della visita, ci aspettavamo compiaciuti una lode. Neanche per sogno! Disse: "La mia sola critica è che voi tutti lavorate troppo. Non credete nella grazia? Non dovete salvare il mondo". Era troppo tardi per dirgli che non lavoravamo davvero così tanto, ma che avevamo solo voluto impressionarlo!
In secondo luogo, il nostro riposo nell'eterno Oggi di Dio si può distinguere da quello della generazione dell'Adesso da come noi guardiamo e siamo visti. Per tutti, tranne i ricchi e famosi, il divertimento coincide con l'essere spettatori. Guardiamo schermi: gli schermi delle televisioni, gli schermi del cinema, quelli dei nostri computer. Guardiamo ma non siamo visti. Una cosa è vera solo se appare sullo schermo. La Televisione garantisce l'esistenza. JeanBaudrillard scrive: "Oggi viviamo nel mondo immaginario dello schermo, degli interfaccia, e delle reti. Tutte le nostre macchine sono schermi. Anche noi siamo divenuti schermi... Viviamo ovunque ormai in un'allucinazione "estetica" della realtà".
Spesso le comunità sono quelle dello spettacolo condiviso, dove si offre alle persone una comunità temporanea che guarda lo stesso spettacolo. Per alcuni può essere l'opera, per altri la partita di calcio. Zygmut Bauman le chiama "comunità del guardaroba", o "comunità carnevale". Dopo la fine dello spettacolo, si torna al guardaroba, si indossano gli abiti di sempre su quelli della festa, dell'occasione speciale, il vestito elegante da sera o la maglia sportiva, e si rientra a far parte della folla. In un certo senso, col sostituirsi alla comunità, suggerisce Bauman, si finisce col fraintenderla. Ci si disperde, invece di unificare l'energia inespressa del desiderio di socialità, e si contribuisce così alla perpetuazione della solitudine, cercando disperatamente ma invano di rimediare, nei rari - e raramente concertati e armoniosi - riti collettivi".
Nella sua essenza, questa era la critica di Marx nei confronti del cristianesimo. Assomigliano a questo le nostre eucaristie? Un breve spettacolo comune, che si unisce al canto degli inni, alla risata per le battute del predicatore, poi una rapida tazza di tè e via, di nuovo a immergersi in una giornata fredda e solitaria?
Lo spettatore moderno è un osservatore distaccato, che guarda criticamente, che si tiene in disparte e che si congeda rapidamente. È il distacco dell'osservatore scientifico. È il moderno "lo" dubbioso di Cartesio. Alle brutte, può diventare persino un guardone, che guarda ma non ha il coraggio di farsi vedere. Il pornografo è l'ultimo grado dello spettatore distaccato.
Quando siamo visibili, scegliamo il tipo di persona che vogliamo presentare alla gente. Scegliamo un'identità, un volto, che può cambiare a nostro piacimento. Vicino al nostro priorato a Londra, c'è un barbiere che viene chiamato "identità". Ci si può andare e scegliere chi si vuole essere quel giorno. Nella lista non è contemplato il look da cristiano.
L'aumento incredibile della "body art", con tatuaggi, piercing, capelli colorati ecc., suggerisce la cura con cui una persona si costruisce sulla scena della vita di ogni giorno, persino per andare a fare acquisti. I marchi tribali mostrano la nostra, pur temporanea, appartenenza.
Il cristianesimo invita ad un altro modo di vedere ed essere visto. Simeone va al tempio, e vede il bambino Gesù e trova il suo riposo. "Ora lascia Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola. Poiché i miei occhi hanno visto la salvezza preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gioia del tuo popolo Israele." (Luca 2, 29-32). Simeone riposa alla vista del suo Signore. E noi crediamo che il nostro riposo ultimo lo troveremo quando fisseremo lo sguardo su Dio, nella visione beatifica. Ma noi riposiamo anche nell'essere visti. Troviamo la nostra pace nell'esser sotto lo sguardo di Dio. Il luogo ultimo della pace e della quiete è quello della reciproca visione.
Una delle più belle rappresentazioni di questo tipo che io conosca è la "Madonna con il Canonico van der Paele" a Bruges. Il Canonico si è tolto gli occhiali, che aveva utilizzato per leggere un libro, cosicché i suoi occhi nudi possono posarsi sul bambino Gesù. Egli è appena passato da un certo modo di vedere, il modo moderno di leggere un libro, ad un altro modo di vedere, lo sguardo rivolto al volto del suo Signore. Gesù si gira verso di lui e lo guarda con un'intensità straordinaria. E la Madonna è là, anch'essa rivolta al canonico, come per mediare questo mutuo incontro di sguardi. Essa tiene il bambino di modo che egli possa guardare l'uomo, ed essa stessa lo osserva. Sulla destra, san Giorgio presenta formalmente il canonico. Lo indica, ma guarda al bambino. Da un lato si scorge san Donaziano. Così l'intero dipinto appare come tenuto insieme da questi reciproci sguardi, tutti convergenti sul bambino.
IL GIORNO DEL SIGNORE E' TEMPO DI RIPOSO
Dunque il giorno del Signore è un tempo di riposo, anticipazione del nostro riposo ultimo. È un riposo nel quale entriamo imparando a vedere e ad essere visti. Non siamo spettatori come nell'agitato mondo dello show business. È un'apertura calma e contemplativa dei nostri occhi perché vedano i segni operati dal Signore. E' una visione riposante che ci rende persino capaci di vederci gli uni gli altri, e vedere così l'immagine di Dio.
Pieper spiega come nel Medioevo si facesse una distinzione tra l'intelletto inteso come ratio, cioè l'uso discorsivo e analitico della ragione, e come intellectus, che è la semplice intuizione della realtà, la nostra ricettività verso ciò che accade. La visione dell'intellectus è una sorta di partecipazione a ciò che supera la natura, ed è una preparazione alla visione beatifica. La vita contemplativa offre la quiete, il silenzio necessari se vogliamo aprire i nostri occhi e vedere. Pieper scrive che "il tempo libero è una forma di quella calma che costituisce la necessaria preparazione per accettare la realtà; solo la persona che sta in silenzio può udire, e chi non tace, non può ascoltare il tempo libero è la disposizione della comprensione ricettiva, della visione contemplativa, e dell'immersione nel reale".
Abbiamo perciò bisogno di momenti in cui fermarci e rilassarci non solo per recuperare le energie. Abbiamo bisogno del silenzio in cui possiamo aprire gli occhi e vedere le orme di Dio.
Quando ero bambino passavo molto tempo a camminare nei boschi. Ho imparato a restare in silenzio, quasi a scomparire in modo da poter osservare gli uccelli, le volpi e il cervo. E un modo di vedere molto diverso da quello con cui si guarda lo schermo della televisione, del cinema o del computer. Il salmo 45 dice "Stai in silenzio e conoscerai che io sono il Signore". È anche il silenzio di cui abbiamo bisogno se vogliamo vedere le immagini di Dio, gli uomini nostri simili. Simone Weil ha scritto: "I doni più preziosi non li otteniamo andandoli a cercare, ma aspettandoli... Questo modo di guardare è, in primo luogo, attento. L'anima si svuota del proprio contenuto per ricevere l'essere umano che sta guardando, così com'è, in tutta la sua verità...".
Abbiamo bisogno della quiete se vogliamo vedere il viso oltre la maschera, la bellezza dietro le rughe, l'anima oltre il volto. Abbiamo bisogno di rinfrescarci gli occhi, in modo che siano aperti a ciò che sta loro davanti, attenti alla bellezza, alla gioia e al dolore di quelli con cui viviamo. Così il giorno del Signore non sarà solo un tempo di astensione dal lavoro, ma un tempo per aprire gli occhi. Prendiamoci il tempo per osservare gli altri. Possiamo guardare i nostri amici, le nostre famiglie, i nostri fratelli e sorelle nell'Ordine. Apriamo gli occhi per vedere le gioie e le preoccupazioni degli uni e degli altri, scritte sui nostri volti. E' anche un momento in cui lasciarsi vedere. Riposiamo nello sguardo di Dio posato su di noi, come il canonico van Paele se ne sta quieto sotto lo sguardo di Gesù.
Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, ha ricordato che questo è l'atteggiamento da tenere davanti alle icone. Stiamo di fronte ad esse osservandone l'immagine. Ma le linee della prospettiva sono tracciate così profondamente che è l'immagine stessa che guarda verso di noi. Scrive: "quando la prospettiva `si scontra' con lo sguardo di chi contempla, gli occhi della figura iconica agiscono, cercano, avvincono. E la capacità di guardare le icone, la disciplina della loro `lettura', direi persino la rara capacità di lasciarsi guardare, farsi leggere".
Ci presentiamo davanti allo sguardo del santo, o di Dio stesso. Dio ci rivolge gli occhi pieni di verità e misericordia. Williams afferma che questo è lo guardo definitivamente liberante, quello del Creatore con cui non ci può essere rivalità né competizione. Dio è "l'Altro che non vuole competere, con cui non devo e non posso scendere a patti; l'Altro al di là della violenza, lo sguardo che non si può evitare né rivolgere altrove, che non ha né cerca alcun vantaggio."
Sotto lo sguardo di Dio possiamo permetterci di essere nudi. La nudità del battesimo nella Chiesa delle origini era il segno che il tempo della vergogna era finito. Possiamo riposare così come siamo di fronte agli occhi di Dio. Come ha scritto Gregorio di Nissa, "scacciando queste foglie appassite che velano la nostra vita potremo presentarci ancora davanti agli occhi del nostro creatore." Con le parole di un'antica orazione pasquale: "toglici il velo dagli occhi, donaci la tua fiducia, non lasciarci nella vergogna e nell'imbarazzo, non lasciarci al nostro disprezzo".
Abbiamo bisogno di momenti di riposo, di abbandonarci quietamente, nella nostra nudità, davanti a Dio e agli occhi di coloro che amiamo. Ci vuole tempo per spogliarci, per mostrarci agli altri nella nostra complessità e con le nostre contraddizioni. Non ci si mostra in un istante. Abbiamo bisogno di momenti di Shabbat gli uni con gli altri, con le nostre famiglie, i nostri fratelli, le nostre comunità religiose, in cui possiamo avvicinarci poco a poco alla visibilità, fiduciosi in uno sguardo misericordioso. Facendo la nostra professione come Domenicani, abbiamo implorato la misericordia di Dio e quella dei fratelli. È solo confidando in uno sguardo misericordioso, nel perdono, che osiamo vivere gli uni con gli altri. Ciò implica che ci si dia un tempo per poter dire chi sono io e per ascoltare chi è il mio fratello. Abbiamo bisogno di tempo per scoprire negli occhi dell'altro che io ho un.valore e che la mia vita ha una coerenza e un senso. Essere amato è esser visto in un certo modo; come più che utile, più che divertente, e più che desiderabile. E' non esser visto come un oggetto ma come un soggetto, anche come chi restituisce lo stesso sguardo.
Questo è il riposo, non solo dal lavoro febbrile della settimana. È il riposo dallo show business della vita di ogni giorno, dall'essere uno spettatore, dall'indossare maschere e dal prendere parte a vuoti giochi. È riposare nel silenzio di qualcuno per cui non sei solo un "altro", ma un altro "lo".
San Aelred di Rivaulx, il Cistercense inglese, ha scritto: "Eccoci qui, io e te, e spero un terzo, Cristo in mezzo a noi... Adesso non c'è nessuno a disturbarci. Non c'è nessuno che possa interrompere la nostra amichevole conversazione, nessuna chiacchiera e nessun tipo di rumore disturberà questa piacevole solitudine. Vieni ora, amato, apri il tuo cuore e poni in queste orecchie amiche qualsiasi cosa vuoi, ed accettiamo come un dono gradito il favore di questo luogo, di questo tempo e di questo riposo".
Ecco allora in cosa consiste il nostro riposo nello Shabbat, nel vedere e nell'essere visti. Ed è anche il riposo di Dio, il compimento della creazione. Come diceva Sant'Ambrogio: "Il sesto giorno è giunto a compimento; l'opera tutta del mondo si è conclusa. L'umanità è stata creata, l'umanità che governa ogni essere vivente, l'umanità che riassume in sé l'intero universo, l'umanità che è la gioia di ogni creatura del mondo. Certamente è giunto il momento di dare il nostro contributo di silenzio, perché ora Dio riposa dal suo lavoro di creazione del mondo. Egli ha trovato riposo nei luoghi più profondi dell'umanità, nella mente, nella volontà e nei propositi dell'umanità, poiché egli ha creato l'uomo col potere della ragione, ha creato l'uomo per imitare sé stesso, perché si sforzi di conseguire la virtù, per godere della grazia del paradiso.
Dio trova conforto qui, come testimonia egli stesso quando dice: "In chi troverò riposo, se non nell'umile e nell'uomo di pace e in chi teme la mia parola?".
Ringrazio il Signore nostro Dio per aver compiuto un'opera tale da poter trovare riposo in essa.
Ha fatto i cieli, ma non ho letto che dopo abbia riposato.
Ha fatto la terra, ma non ho letto che dopo abbia riposato.
Ha fatto il sole, la luna e le stelle, ma non leggo che abbia trovato riposo in essi.
Questo è ciò che leggo: egli creò l'uomo, e poi trovò riposo in colui i cui peccati avrebbe potuto perdonare".

Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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