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lettere di p. bruno cadore'
LETTERA DEL MAESTRO DELL’ORDINE
Il Laicato domenicano e la predicazione
Il Laicato domenicano e la predicazione
“Effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni,
e i vostri giovani avranno visioni” (Gioele 3,1)
Cari fratelli e sorelle,
E’ con grande gioia che scrivo questa lettera – in questo giorno, anniversario della conferma dell’Ordine – per aprire l’anno della novena del Giubileo consacrato al tema: “ Laici Domenicani e Predicazione”. Questo anno inizia poco tempo dopo l’Anno della fede, inaugurato dal Papa Benedetto XVI al Sinodo della Nuova Evangelizzazione e della trasmissione della fede, durante il quale si è commemorata l’apertura del Concilio Vaticano II, e concluso da Papa Francesco con la promulgazione della Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium.
Si tratta dunque di volgere la nostra attenzione sui laici Domenicani in un contesto in cui l’Ordine dei Predicatori è particolarmente chiamato ad accogliere i molti appelli ad un rinnovamento dello zelo per l’evangelizzazione. Infatti, il recente Capitolo Generale dei frati ha dato come tema per la celebrazione del Giubileo questo motto, semplice e radicale al tempo stesso: “Mandati a predicare il Vangelo”, che fa eco all’invio dei primi frati come predicatori al servizio della Chiesa, completamente votati all’annuncio della Parola di Dio.
Il motto è semplice in quanto centra la nostra attenzione nel cuore del servizio che la Chiesa si
aspetta dall’Ordine: proclamare il Vangelo.
È radicale perché, al di là di tutte le difficoltà che si possono incontrare, al di là delle incertezze che sono in noi riguardo a ciò che dobbiamo essere o fare, esso ci ricorda che prima di tutto dobbiamo essere aperti a questo “invio” dal quale proviene la nostra identità. Oggi, forse più che mai, il tema dei Domenicani laici deve aiutarci a scoprire anzitutto che tutti noi, membri della Famiglia Domenicana, siamo mandati insieme per servire la conversazione di Dio con il mondo proclamando il Vangelo della pace.
Una “comunione Domenicana” mandata a predicare il Vangelo
Ovviamente, dai primordi dell’Ordine le cose si sono sviluppate. Per esempio, la Chiesa ha continuato la sua riflessione sulla predicazione. Ha anche proseguito la riflessione – e il Concilio Vat.II è stato un momento particolarmente importante in questo senso – sul laicato e il suo ruolo essenziale nella testimonianza e nell’annuncio del Vangelo. Allo stesso modo, la riflessione è
proseguita, sostenuta da esperienze concrete, riguardo al modo in cui i laici possono essere parte integrante degli Ordini e delle Congregazioni, di nuove comunità e tradizioni di vita spirituale.
Ciò che tutti hanno in comune è una forte convinzione sottolineata da Paolo VI durante il Concilio: la Chiesa diviene ciò che veramente è nella misura in cui si fa conversazione nel mondo, cioè proclamando il Vangelo nel mondo desidera testimoniare che il Dio della rivelazione biblica viene, in Gesù, ad incontrare l’umanità per conversare con essa. Io ho avuto l’opportunità già molti anni fa di partecipare ad Haiti alla vita di una parrocchia quando stavano nascendovi piccole comunità ecclesiali, chiamate “Fraternità”. In altre parrocchie il nome si trasformò in “Ti Legliz” (piccole Chiese), i due termini casualmente ci ricordano che “Fraternità” era il nome usato, nei primi secoli per designare le Assemblee della Chiesa. La fraternità, dove si tessono insieme la condivisione della fede ed il divenire umano di ogni individuo, era anche il crogiuolo della testimonianza e della missione. Così essa fu designata come il sigillo dell’atto di nascita della Chiesa.
Se è abbastanza chiaro che le cose sono cambiate dal tempo degli inizi dell’Ordine, percepiamo anche certe analogie che non possono non richiamarci alla memoria ciò che per Diego e Domenico accese il fuoco della predicazione: i mutamenti radicali nel modo di vivere della Chiesa come risultato dei cambiamenti nella società feudale, l’emergere di nuove conoscenze e nuovi modi di ottenerle, profondi mutamenti nell’organizzazione della società e delle città. Al cuore di questi cambiamenti sorsero gruppi di laici che invitavano la Chiesa ad agire, ad avventurarsi fuori dalle strutture fermamente stabilite e troppo rigide tanto da rischiare di soffocare l’ampio respiro della vita. Questi “poveri”, “umili” facevano la scelta di una vita che offriva un’umile presenza nel mondo, un’autentica parola vivente predicata come buona notizia, ed una certa radicalità nel loro modo di vivere. Essi erano animati da questa intuizione, quella radicalità vissuta in piena umanità perché il Vangelo era il modo migliore di “interpretare” la Parola e di rendere manifesta la presenza di Colui che viene a salvare il mondo.
Ad alcuni di questi gruppi di laici Papa Innocenzo III diede la possibilità di realizzare una predicazione itinerante e mendicante. I “Terz’Ordini” di mendicanti furono, in un modo o nell’altro, gli eredi di questi movimenti. In questo fermento della Chiesa, che cerca di riscoprire il vigore della sua autenticità, sorse la “Santa Predicazione di Prouille”, quando alcuni laici vennero a far parte dell’avventura balbettante di Domenico. Rileggendo questi inizi non posso non pensare a quando egli ricevette le prime sorelle convertite che erano venute a mettersi sotto la sua protezione, e poi Ermengarda Godoline e suo marito, Sanche Gasc (8 agosto 1207); Domenico cominciò a sognare questa avventura modellandola sul gruppo di cui San Luca parla nel suo vangelo, il gruppo che accompagnava Gesù, andando “per città e villaggi, proclamando e portando la buona notizia del regno di Dio” (Lc 8,1-3). Questo breve passaggio dal Vangelo di Luca che descrive Gesù, il predicatore, è al centro dei capitoli 7-10, alla cui luce possiamo gioire di essere a nostra volta “inviati a predicare il Vangelo”, come fraternità. Seguendo la “Santa Predicazione” siamo inviati come famiglia a predicare il Vangelo. L’idea della “Famiglia Domenicana” è così non solo un modo di esprimere il convenire di parecchi gruppi con un unico obiettivo. Esso esprime anche un modo di evangelizzare e, da questo punto di vista, i Laici domenicani sono un ricordo di questa esigenza, che ha radici nel Vangelo.
L’unità del nostro Ordine è di fatto data dalla sua missione evangelizzatrice: laici, suore, frati dell’Ordine siamo membri di un’unica famiglia la cui identità è l’essere mandati a predicare il Vangelo, testimoniando un Dio che viene a conversare con il mondo. O piuttosto, potremmo dire che l’identità “domenicana” è quella di una famiglia – quella di una “comunione” – costituita da questo legame organico tra evangelizzazione e contemplazione di quella verità che è la Parola vivente venuta nel mondo, è quello che cerchiamo di declinare nelle tre forme di preghiera, studio e fraternità, ciascuno nella maniera specifica del proprio stato di vita. Nel vangelo di Luca citato prima , l’invio dei Dodici , e poi dei Settantadue, si inscrive in questa dinamica in cui Gesù si rivela come la Parola che porta a compimento la promessa e dà vita, la Parola che deve essere ascoltata e
Ciò che tutti hanno in comune è una forte convinzione sottolineata da Paolo VI durante il Concilio: la Chiesa diviene ciò che veramente è nella misura in cui si fa conversazione nel mondo, cioè proclamando il Vangelo nel mondo desidera testimoniare che il Dio della rivelazione biblica viene, in Gesù, ad incontrare l’umanità per conversare con essa. Io ho avuto l’opportunità già molti anni fa di partecipare ad Haiti alla vita di una parrocchia quando stavano nascendovi piccole comunità ecclesiali, chiamate “Fraternità”. In altre parrocchie il nome si trasformò in “Ti Legliz” (piccole Chiese), i due termini casualmente ci ricordano che “Fraternità” era il nome usato, nei primi secoli per designare le Assemblee della Chiesa. La fraternità, dove si tessono insieme la condivisione della fede ed il divenire umano di ogni individuo, era anche il crogiuolo della testimonianza e della missione. Così essa fu designata come il sigillo dell’atto di nascita della Chiesa.
Se è abbastanza chiaro che le cose sono cambiate dal tempo degli inizi dell’Ordine, percepiamo anche certe analogie che non possono non richiamarci alla memoria ciò che per Diego e Domenico accese il fuoco della predicazione: i mutamenti radicali nel modo di vivere della Chiesa come risultato dei cambiamenti nella società feudale, l’emergere di nuove conoscenze e nuovi modi di ottenerle, profondi mutamenti nell’organizzazione della società e delle città. Al cuore di questi cambiamenti sorsero gruppi di laici che invitavano la Chiesa ad agire, ad avventurarsi fuori dalle strutture fermamente stabilite e troppo rigide tanto da rischiare di soffocare l’ampio respiro della vita. Questi “poveri”, “umili” facevano la scelta di una vita che offriva un’umile presenza nel mondo, un’autentica parola vivente predicata come buona notizia, ed una certa radicalità nel loro modo di vivere. Essi erano animati da questa intuizione, quella radicalità vissuta in piena umanità perché il Vangelo era il modo migliore di “interpretare” la Parola e di rendere manifesta la presenza di Colui che viene a salvare il mondo.
Ad alcuni di questi gruppi di laici Papa Innocenzo III diede la possibilità di realizzare una predicazione itinerante e mendicante. I “Terz’Ordini” di mendicanti furono, in un modo o nell’altro, gli eredi di questi movimenti. In questo fermento della Chiesa, che cerca di riscoprire il vigore della sua autenticità, sorse la “Santa Predicazione di Prouille”, quando alcuni laici vennero a far parte dell’avventura balbettante di Domenico. Rileggendo questi inizi non posso non pensare a quando egli ricevette le prime sorelle convertite che erano venute a mettersi sotto la sua protezione, e poi Ermengarda Godoline e suo marito, Sanche Gasc (8 agosto 1207); Domenico cominciò a sognare questa avventura modellandola sul gruppo di cui San Luca parla nel suo vangelo, il gruppo che accompagnava Gesù, andando “per città e villaggi, proclamando e portando la buona notizia del regno di Dio” (Lc 8,1-3). Questo breve passaggio dal Vangelo di Luca che descrive Gesù, il predicatore, è al centro dei capitoli 7-10, alla cui luce possiamo gioire di essere a nostra volta “inviati a predicare il Vangelo”, come fraternità. Seguendo la “Santa Predicazione” siamo inviati come famiglia a predicare il Vangelo. L’idea della “Famiglia Domenicana” è così non solo un modo di esprimere il convenire di parecchi gruppi con un unico obiettivo. Esso esprime anche un modo di evangelizzare e, da questo punto di vista, i Laici domenicani sono un ricordo di questa esigenza, che ha radici nel Vangelo.
L’unità del nostro Ordine è di fatto data dalla sua missione evangelizzatrice: laici, suore, frati dell’Ordine siamo membri di un’unica famiglia la cui identità è l’essere mandati a predicare il Vangelo, testimoniando un Dio che viene a conversare con il mondo. O piuttosto, potremmo dire che l’identità “domenicana” è quella di una famiglia – quella di una “comunione” – costituita da questo legame organico tra evangelizzazione e contemplazione di quella verità che è la Parola vivente venuta nel mondo, è quello che cerchiamo di declinare nelle tre forme di preghiera, studio e fraternità, ciascuno nella maniera specifica del proprio stato di vita. Nel vangelo di Luca citato prima , l’invio dei Dodici , e poi dei Settantadue, si inscrive in questa dinamica in cui Gesù si rivela come la Parola che porta a compimento la promessa e dà vita, la Parola che deve essere ascoltata e
messa in pratica, la Parola che riunisce fratelli e sorelle insieme. Approvando i Predicatori, Papa Onorio li presentava come totalmente dediti alla evangelizzazione della Parola di Dio. Questa consacrazione alla Parola, per la predicazione e la contemplazione (“consacracali nella verità: la tua Parola è verità” Gv 17,17), permette la nostra unità.
In questa prospettiva, la dimensione dell’unità della famiglia Domenicana è essenziale perché è legata alla missione della predicazione del Regno (la continuazione della preghiera del Figlio al Padre, nel vangelo secondo Giovanni, evoca esplicitamente il mandato nel mondo e chiede che essi siano uno: Gv 17,18-23). È evidente che l’Ordine dei Predicatori non ha il monopolio della predicazione o dell’evangelizzazione nella Chiesa, ma mi sembra che la sua “conferma” da quasi
800 anni le ordini come “santa predicazione” di servire il carisma della predicazione nella Chiesa. In altre parole, di servire questa dimensione essenziale della Chiesa secondo cui questo carisma è costituito e stabilito dalla grazia dello Spirito di Cristo. Questo servizio non richiede solo la forma
dell’atto del predicare o evangelizzare, ma molto di più, a motivo della costituzione di una Famiglia unita per la predicazione, ricorda all’interno della Chiesa che l’evangelizzazione contribuisce a stabilire la Chiesa come fraternità e comunione.
Conversazione e comunione
Alla luce di queste tre evocazioni - della Chiesa-fraternità, degli inizi della Santa Predicazione dell’Ordine e dell’unità della famiglia domenicana – vi propongo di accogliere il tema di quest’anno: “ I laici domenicani e la predicazione” e di farne l’ispirazione della nostra riflessione. Quanto già scritto avrà fatto percepire che la formulazione di questo tema apre più larghi orizzonti per meglio comprendere come l’impegno dei laici nella famiglia domenicana sia determinante per la missione di predicazione dell’Ordine.
“Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico” (Lumen Gentium,31). In questa prospettiva generale, l’espressione “laici domenicani” permette di prendere atto di una certa diversità tra gli uomini e le donne che oggi desiderano, partendo dalla grazia stessa del loro battesimo, partecipare alla missione di Cristo – “ rendere la presenza di Cristo vivente in mezzo ai popoli” (Prologo della Regola del 1968) – mettendosi alla scuola di S. Domenico. A tutti, come laici, “ è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto ed accettato da tutti gli uomini su tutta la terra” (Decreto sull’apostolato dei laici, § 3). E tutti sono invitati a farlo contribuendo alla costituzione di questa “famiglia” domenicana inviata a predicare il Vangelo.
Come laici domenicani, “aderiscono fedelmente alla loro vocazione, si sforzano di farsi penetrare dallo spirito di S. Domenico: essi attingeranno dalla contemplazione assidua di Dio, unita alla preghiera e allo studio, una fede ferma; la testimonieranno con forza, ciascuno secondo la propria grazia e vocazione, per illuminare i fedeli che condividono la loro fede e gli uomini privati della luce di Cristo. Così, grazie ad essi, l’Ordine ha la possibilità di conseguire più pienamente il suo fine. Essi s’applicheranno a riconoscere e a condividere le miserie degli uomini, le loro angosce e le loro aspirazioni,. Guidati dalla luce del Vangelo secondo lo spirito della Chiesa, in unione con gli uomini di buona volontà, favoriranno grazie all’apostolato della verità, tutto ciò che è vero, giusto e santo e si sforzeranno di venire in aiuto a tutti gli uomini, per quanto possibile, in uno spirito di gioia e di sincera libertà” (Prologo della Regola del 1968).
Tra questi laici domenicani, i membri delle Fraternite laiche domenicane hanno evidentemente un posto privilegiato, scegliendo di impegnare tutta la loro vita con la promessa di portare questa
In questa prospettiva, la dimensione dell’unità della famiglia Domenicana è essenziale perché è legata alla missione della predicazione del Regno (la continuazione della preghiera del Figlio al Padre, nel vangelo secondo Giovanni, evoca esplicitamente il mandato nel mondo e chiede che essi siano uno: Gv 17,18-23). È evidente che l’Ordine dei Predicatori non ha il monopolio della predicazione o dell’evangelizzazione nella Chiesa, ma mi sembra che la sua “conferma” da quasi
800 anni le ordini come “santa predicazione” di servire il carisma della predicazione nella Chiesa. In altre parole, di servire questa dimensione essenziale della Chiesa secondo cui questo carisma è costituito e stabilito dalla grazia dello Spirito di Cristo. Questo servizio non richiede solo la forma
dell’atto del predicare o evangelizzare, ma molto di più, a motivo della costituzione di una Famiglia unita per la predicazione, ricorda all’interno della Chiesa che l’evangelizzazione contribuisce a stabilire la Chiesa come fraternità e comunione.
Conversazione e comunione
Alla luce di queste tre evocazioni - della Chiesa-fraternità, degli inizi della Santa Predicazione dell’Ordine e dell’unità della famiglia domenicana – vi propongo di accogliere il tema di quest’anno: “ I laici domenicani e la predicazione” e di farne l’ispirazione della nostra riflessione. Quanto già scritto avrà fatto percepire che la formulazione di questo tema apre più larghi orizzonti per meglio comprendere come l’impegno dei laici nella famiglia domenicana sia determinante per la missione di predicazione dell’Ordine.
“Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i doveri e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e sotto la guida dello spirito evangelico” (Lumen Gentium,31). In questa prospettiva generale, l’espressione “laici domenicani” permette di prendere atto di una certa diversità tra gli uomini e le donne che oggi desiderano, partendo dalla grazia stessa del loro battesimo, partecipare alla missione di Cristo – “ rendere la presenza di Cristo vivente in mezzo ai popoli” (Prologo della Regola del 1968) – mettendosi alla scuola di S. Domenico. A tutti, come laici, “ è imposto il nobile impegno di lavorare affinché il divino messaggio della salvezza sia conosciuto ed accettato da tutti gli uomini su tutta la terra” (Decreto sull’apostolato dei laici, § 3). E tutti sono invitati a farlo contribuendo alla costituzione di questa “famiglia” domenicana inviata a predicare il Vangelo.
Come laici domenicani, “aderiscono fedelmente alla loro vocazione, si sforzano di farsi penetrare dallo spirito di S. Domenico: essi attingeranno dalla contemplazione assidua di Dio, unita alla preghiera e allo studio, una fede ferma; la testimonieranno con forza, ciascuno secondo la propria grazia e vocazione, per illuminare i fedeli che condividono la loro fede e gli uomini privati della luce di Cristo. Così, grazie ad essi, l’Ordine ha la possibilità di conseguire più pienamente il suo fine. Essi s’applicheranno a riconoscere e a condividere le miserie degli uomini, le loro angosce e le loro aspirazioni,. Guidati dalla luce del Vangelo secondo lo spirito della Chiesa, in unione con gli uomini di buona volontà, favoriranno grazie all’apostolato della verità, tutto ciò che è vero, giusto e santo e si sforzeranno di venire in aiuto a tutti gli uomini, per quanto possibile, in uno spirito di gioia e di sincera libertà” (Prologo della Regola del 1968).
Tra questi laici domenicani, i membri delle Fraternite laiche domenicane hanno evidentemente un posto privilegiato, scegliendo di impegnare tutta la loro vita con la promessa di portare questa
partecipazione specifica alla missione di Cristo come membri dell’Ordine. Essi inscrivono così il loro impegno con la Parola vivente, non solo nella durata della loro esistenza di battezzati, ma anche nell’equilibrio d’insieme dei loro impegni e della loro vita, al fine di essere “predicazione”, servizio della conversazione di Dio con il mondo. Nello stesso tempo, essi inscrivono nella vita dell’Ordine l’esigenza di predicare la Parola riferendo sempre questa predicazione alla costruzione della Chiesa di Cristo attraverso la ricerca della comunione e dell’unità. Noi sappiamo bene che ci serve oggi riflettere riguardo la diversità esistente all’interno di queste Fraternite, cercando insieme come sempre meglio accettare, promuovere e coniugare questa diversità, cercando di riunirla nella testimonianza concreta di una vita laica che desidera essere predicazione.
Ci sono altre modalità secondo cui i laici decidono di prendere parte a questa missione e di appartenere alla “famiglia domenicana”, senza peraltro impegnarsi sotto questa forma: laici associati a numerose Congregazioni di suore, a un certo convento o a una specifica opera domenicana; eredi delle “milizie” medievali; membri del Movimento Internazionale della Gioventù Domenicana; Volontari domenicani; membri delle Fraternite Lataste e dei movimenti che si ispirano alla sua intuizione di Betania. A ciascuno di questi gruppi corrisponde un modo di impegno proprio con la famiglia domenicana.
E, come in ogni famiglia, ci sono anche gli amici che, senza aver fatto l’opzione esplicita di questa appartenenza, condividono la missione, sia per la loro collaborazione professionale che vogliono ancorare nello spirito di S. Domenico (per esempio dei professionisti dell’insegnamento, dell’editoria, della comunicazione), sia per delle scelte di evangelizzazione ( come per esempio di numerosi laici impegnati nella predicazione del Rosario secondo la tradizione domenicana). Il concetto di famiglia domenicana, di comunione domenicana, permette di riunire tutte queste dimensioni, con le monache, i frati, le suore di vita apostolica, i membri degli Istituti secolari e delle Fraternite sacerdotali, nel nome dell’evangelizzazione, missione comune per il Regno, nel rispetto e nell’autonomia della vocazione propria di ciascuno (cfr. Documento di Bologna).
Questa diversità è importante per esplicitare il senso del legame tra i laici domenicani e la predicazione. Bisogna subito sottolineare che si intende il termine “predicazione” nel senso più largo, tenendo conto della specificità della predicazione dell’omelia durante la liturgia, definita dalla disciplina della Chiesa. “ I vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno”! Evangelizzare la Parola di Dio, proclamare il Regno di Dio, annunciare il Vangelo, predicare il vangelo della pace, diffondere la presenza di Cristo … tutte queste espressioni echeggiano la profezia di Gioele: tutti profetizzeranno, parleranno “nel nome di Dio”. I termini del Concilio Vaticano II esprimono chiaramente la specificità della vocazione laica all’evangelizzazione ed è in questa linea che bisogna collocare il legame dei laici domenicani con la missione del servizio della predicazione dell’Ordine. Questa specificità è bivalente. Essa giunge nei luoghi specifici in cui i laici domenicani vivono e testimoniano e nei quali, grazie al loro servizio di evangelizzazione, permettono all’Ordine di portare a buon fine la sua missione, “di raggiungere nel modo più pieno il proprio fine”. Ma essa porta anche un contributo che, di ritorno, viene fatto all’Ordine e alla comunione domenicana, ed è un modo diverso, complementare, di contribuire al compimento della missione dell’Ordine. Sono state le donne convertite che hanno fatto prendere coscienza a Domenico della necessità di proteggerle. Sono state le prime povere donne valdesi che hanno messo in evidenza come la testimonianza della radicalità era portatrice di una testimonianza evangelica.
Mi sembra che i laici domenicani possono permettere alla predicazione dell’Ordine di raggiungere più pienamente il suo fine per il fatto stesso della realtà della vita laica, e questo in molti modi. Come per i frati e le suore dell’Ordine, la predicazione dei laici domenicani si radica in effetti nell’esperienza della vita. Per questo la ricchezza del loro contributo specifico alla predicazione dell’Ordine deriva dalla loro esperienza di vita familiare e professionale, di genitori, di vita ecclesiale, di essere giovani nelle società contemporanee, l’esperienza singolare del battezzato che
Ci sono altre modalità secondo cui i laici decidono di prendere parte a questa missione e di appartenere alla “famiglia domenicana”, senza peraltro impegnarsi sotto questa forma: laici associati a numerose Congregazioni di suore, a un certo convento o a una specifica opera domenicana; eredi delle “milizie” medievali; membri del Movimento Internazionale della Gioventù Domenicana; Volontari domenicani; membri delle Fraternite Lataste e dei movimenti che si ispirano alla sua intuizione di Betania. A ciascuno di questi gruppi corrisponde un modo di impegno proprio con la famiglia domenicana.
E, come in ogni famiglia, ci sono anche gli amici che, senza aver fatto l’opzione esplicita di questa appartenenza, condividono la missione, sia per la loro collaborazione professionale che vogliono ancorare nello spirito di S. Domenico (per esempio dei professionisti dell’insegnamento, dell’editoria, della comunicazione), sia per delle scelte di evangelizzazione ( come per esempio di numerosi laici impegnati nella predicazione del Rosario secondo la tradizione domenicana). Il concetto di famiglia domenicana, di comunione domenicana, permette di riunire tutte queste dimensioni, con le monache, i frati, le suore di vita apostolica, i membri degli Istituti secolari e delle Fraternite sacerdotali, nel nome dell’evangelizzazione, missione comune per il Regno, nel rispetto e nell’autonomia della vocazione propria di ciascuno (cfr. Documento di Bologna).
Questa diversità è importante per esplicitare il senso del legame tra i laici domenicani e la predicazione. Bisogna subito sottolineare che si intende il termine “predicazione” nel senso più largo, tenendo conto della specificità della predicazione dell’omelia durante la liturgia, definita dalla disciplina della Chiesa. “ I vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno”! Evangelizzare la Parola di Dio, proclamare il Regno di Dio, annunciare il Vangelo, predicare il vangelo della pace, diffondere la presenza di Cristo … tutte queste espressioni echeggiano la profezia di Gioele: tutti profetizzeranno, parleranno “nel nome di Dio”. I termini del Concilio Vaticano II esprimono chiaramente la specificità della vocazione laica all’evangelizzazione ed è in questa linea che bisogna collocare il legame dei laici domenicani con la missione del servizio della predicazione dell’Ordine. Questa specificità è bivalente. Essa giunge nei luoghi specifici in cui i laici domenicani vivono e testimoniano e nei quali, grazie al loro servizio di evangelizzazione, permettono all’Ordine di portare a buon fine la sua missione, “di raggiungere nel modo più pieno il proprio fine”. Ma essa porta anche un contributo che, di ritorno, viene fatto all’Ordine e alla comunione domenicana, ed è un modo diverso, complementare, di contribuire al compimento della missione dell’Ordine. Sono state le donne convertite che hanno fatto prendere coscienza a Domenico della necessità di proteggerle. Sono state le prime povere donne valdesi che hanno messo in evidenza come la testimonianza della radicalità era portatrice di una testimonianza evangelica.
Mi sembra che i laici domenicani possono permettere alla predicazione dell’Ordine di raggiungere più pienamente il suo fine per il fatto stesso della realtà della vita laica, e questo in molti modi. Come per i frati e le suore dell’Ordine, la predicazione dei laici domenicani si radica in effetti nell’esperienza della vita. Per questo la ricchezza del loro contributo specifico alla predicazione dell’Ordine deriva dalla loro esperienza di vita familiare e professionale, di genitori, di vita ecclesiale, di essere giovani nelle società contemporanee, l’esperienza singolare del battezzato che
deve rendere conto della sua fede nel contesto di una famiglia o di un gruppo d’amici ai quali si è affettivamente legati ma che non condividono la stessa fede e, sovente, non manifestano alcun desiderio di condividerla … Inoltre, essi provano la difficoltà della testimonianza della fede in un modo tutto particolare: in molti ambiti del mondo contemporaneo, la situazione abituale di un laico lo pone a confronto con l’indifferenza, lo scetticismo e l’incredulità, in un modo molto differente dai religiosi, e questa esperienza è bene che arricchisca la predicazione di tutto l’Ordine. Nello stesso tempo, attraverso le attività della vita professionale, familiare o politica, un laico sperimenta come le esigenze cristiane di fraternità e di verità secondo cui cerca di contribuire alla trasformazione del mondo siano una predicazione essenzialmente legata al suo stato, che a sua volta si coniuga alla predicazione dell’insieme della “famiglia dei predicatori”.
Attraverso tutto questo ciascuno fa anche l’esperienza di Dio, della sua presenza, della sua Parola, della sua Provvidenza … Parlare in nome di Dio significa lasciare che il soffio di Dio ispiri le nostre parole umane in modo che esse testimonino la presenza e la “vita con noi”di Colui che è molto più grande di tutti noi. Ma significa anche lasciare che si inscriva dentro di noi, nel profondo delle nostre esperienze, una misteriosa eco dell’esperienza che Dio stesso, in suo Figlio, ha voluto fare della condizione umana. Si capisce facilmente che la complementarietà tra la predicazione dei laici e quella dei frati o delle suore impegnate nella famiglia domenicana nella forma della vita consacrata, è una conseguenza della complementarietà dell’esperienza della vita umana. Da questo punto di vista, è importante sottolineare che uno dei compiti della famiglia domenicana è di organizzarsi in modo che queste molteplici esperienze – e non soltanto le azioni concrete di evangelizzazione – entrino in conversazione e si insegnino a vicenda la presenza e la provvidenza di Dio. Troppo sovente, mi sembra, consideriamo come acquisito che siamo reciprocamente attenti a ciò che rende singolare l’esperienza di essere domenicani nei differenti stati di vita, che conosciamo il modo di vita degli altri membri della famiglia … In fondo, forse troppo spesso, pensiamo sia possibile costruire la nostra “famiglia” passando sotto silenzio ciò che costituisce il fondamento stesso della predicazione, perché è il luogo fondamentale dell’opera della grazia in ciascuno. Per servire la conversazione di Dio con l’umanità, bisogna prender tempo, e cercare i mezzi di ascoltare le eco delle molteplici conversazioni che Egli conduce in questo mondo. A partire da queste osservazioni possiamo dire che i laici domenicani arricchiscono il modo in cui l’Ordine deve giorno dopo giorno imparare ad “amare il mondo” a cui è inviato a predicare, non soltanto facendo delle analisi sottili e pertinenti del mondo ma anche rendendoci vulnerabili alle diverse esperienze del mondo che i membri della famiglia domenicana hanno. Facendo ciò d’altronde l’Ordine nella sua diversità imparerà anche a lasciarsi segnare dalle differenti interpretazioni della Parola che nascono dal cuore di queste esperienze. Con la Bibbia in una mano e un giornale nell’altra, amavano dire alcuni dei nostri antenati. L’esperienza condivisa arricchirà ulteriormente questa attitudine. A partire da questa consapevolezza l’Ordine nella sua interezza potrà rinforzare sempre di più la sua convinzione che uno dei primi doveri dell’annuncio del Vangelo è di permettere a ciascuno dei suoi interlocutori di discernere il suo posto in questo Regno annunciato, di scoprire che può assumere la propria responsabilità accettando d’essere a sua volta inviato. Al cuore dell'Ordine, i laici domenicani hanno la responsabilità di ricordare agli altri membri la questione fondamentale: i laici nella Chiesa non sono i destinatari della predicazione, dell'evangelizzazione e della cura pastorale ma piuttosto coloro che sono chiamati a esserne attori.
In comunione, rinnovare la passione per l'evangelizzazione
Di recente la Chiesa ha definito la nozione di "famiglia spirituale", che corrisponde a ciò che viene chiamato " nuove comunità". In un certo senso, se accettiamo l’anacronismo, oseremmo dire che "la Santa Predicazione" degli inizi corrisponde a questa definizione e che la "famiglia domenicana" ne
è oggi il compimento. Attualmente è urgente per la Chiesa - ciò va ripetuto più volte - rinnovare la passione per l'evangelizzazione, che significa contemporaneamente essere determinati, esser protesi attraverso la forza e la grazia dell'evangelizzazione. E' inoltre urgente assicurare che l'iniziativa
Attraverso tutto questo ciascuno fa anche l’esperienza di Dio, della sua presenza, della sua Parola, della sua Provvidenza … Parlare in nome di Dio significa lasciare che il soffio di Dio ispiri le nostre parole umane in modo che esse testimonino la presenza e la “vita con noi”di Colui che è molto più grande di tutti noi. Ma significa anche lasciare che si inscriva dentro di noi, nel profondo delle nostre esperienze, una misteriosa eco dell’esperienza che Dio stesso, in suo Figlio, ha voluto fare della condizione umana. Si capisce facilmente che la complementarietà tra la predicazione dei laici e quella dei frati o delle suore impegnate nella famiglia domenicana nella forma della vita consacrata, è una conseguenza della complementarietà dell’esperienza della vita umana. Da questo punto di vista, è importante sottolineare che uno dei compiti della famiglia domenicana è di organizzarsi in modo che queste molteplici esperienze – e non soltanto le azioni concrete di evangelizzazione – entrino in conversazione e si insegnino a vicenda la presenza e la provvidenza di Dio. Troppo sovente, mi sembra, consideriamo come acquisito che siamo reciprocamente attenti a ciò che rende singolare l’esperienza di essere domenicani nei differenti stati di vita, che conosciamo il modo di vita degli altri membri della famiglia … In fondo, forse troppo spesso, pensiamo sia possibile costruire la nostra “famiglia” passando sotto silenzio ciò che costituisce il fondamento stesso della predicazione, perché è il luogo fondamentale dell’opera della grazia in ciascuno. Per servire la conversazione di Dio con l’umanità, bisogna prender tempo, e cercare i mezzi di ascoltare le eco delle molteplici conversazioni che Egli conduce in questo mondo. A partire da queste osservazioni possiamo dire che i laici domenicani arricchiscono il modo in cui l’Ordine deve giorno dopo giorno imparare ad “amare il mondo” a cui è inviato a predicare, non soltanto facendo delle analisi sottili e pertinenti del mondo ma anche rendendoci vulnerabili alle diverse esperienze del mondo che i membri della famiglia domenicana hanno. Facendo ciò d’altronde l’Ordine nella sua diversità imparerà anche a lasciarsi segnare dalle differenti interpretazioni della Parola che nascono dal cuore di queste esperienze. Con la Bibbia in una mano e un giornale nell’altra, amavano dire alcuni dei nostri antenati. L’esperienza condivisa arricchirà ulteriormente questa attitudine. A partire da questa consapevolezza l’Ordine nella sua interezza potrà rinforzare sempre di più la sua convinzione che uno dei primi doveri dell’annuncio del Vangelo è di permettere a ciascuno dei suoi interlocutori di discernere il suo posto in questo Regno annunciato, di scoprire che può assumere la propria responsabilità accettando d’essere a sua volta inviato. Al cuore dell'Ordine, i laici domenicani hanno la responsabilità di ricordare agli altri membri la questione fondamentale: i laici nella Chiesa non sono i destinatari della predicazione, dell'evangelizzazione e della cura pastorale ma piuttosto coloro che sono chiamati a esserne attori.
In comunione, rinnovare la passione per l'evangelizzazione
Di recente la Chiesa ha definito la nozione di "famiglia spirituale", che corrisponde a ciò che viene chiamato " nuove comunità". In un certo senso, se accettiamo l’anacronismo, oseremmo dire che "la Santa Predicazione" degli inizi corrisponde a questa definizione e che la "famiglia domenicana" ne
è oggi il compimento. Attualmente è urgente per la Chiesa - ciò va ripetuto più volte - rinnovare la passione per l'evangelizzazione, che significa contemporaneamente essere determinati, esser protesi attraverso la forza e la grazia dell'evangelizzazione. E' inoltre urgente assicurare che l'iniziativa
dell'evangelizzazione non sia vista solo come il frutto del lavoro dei preti ma piuttosto come il frutto di una comune azione attraverso la quale la Chiesa in modo unitario metta in gioco ciò che per lei è essenziale incontrando i suoi contemporanei. Per questo, per diventare ciò che essa essenzialmente è, la Chiesa ha bisogno dell'impegno di ciascuno a portare il Vangelo al mondo. Com'è possibile non capire questa urgenza per l'Ordine? Come "servo del carisma della predicazione" l'Ordine dei Predicatori ha il dovere di promuovere il carisma dei laici per l'evangelizzazione e di far vedere che è in gioco la vera identità della Chiesa, attraverso l'integrazione dei laici domenicani in un'unica comunione domenicana. Ma questo significa che, nell'Ordine come nella Chiesa, è urgente che noi consideriamo che gli orizzonti dell'evangelizzazione non possono più essere definiti in assenza di una solida conversazione tra noi tutti: laici, ministri e consacrati, facendo particolare attenzione all'esperienza e all'anelito missionario dei laici. Numerosi elementi mi sembrano decisivi circa lo specifico contributo dei laici domenicani a questo rinnovamento della passione per l'evangelizzazione per tutta la famiglia domenicana. Anzitutto, a rischio d'esser banale, il laico ci ricorda che l'intuizione evangelica di S. Domenico non può essere meramente ricondotta alla vita consacrata. C'è sempre un rischio, in una famiglia spirituale, che si stabiliscano distinzioni che conducono, implicitamente, a false gerarchie: consacrati o no; preti o no; uomini o donne; giovani o vecchi. Dobbiamo porre al centro la semplicità e certamente il coraggio di far fronte a questa tentazione e di portarvi rimedio. E' a queste condizioni che potremo far il miglior uso del carisma della predicazione a servizio della Chiesa come fraternità. Ed è ascoltando i laici domenicani e il racconto delle loro gioie come anche delle difficoltà che incontrano nei loro impegni ecclesiali, che si scopre troppo spesso - se l'apporto dei laici è in genere intensamente desiderato - che le loro iniziative, la loro formazione teologica, le loro conoscenze teoriche e pratiche, la loro esperienza umana non sono sempre gradite come potremmo desiderare. E' come se vi fossero due pesi e due misure nello spazio concesso alla voce di ciascuno che partecipa alla conversazione ecclesiale.
Insistere nell'impegno dei laici domenicani nella predicazione significa, secondo la tradizione dell'Ordine, insistere sulla necessità dello studio. Infatti, come si è detto all'inizio, la predicazione trova la sua sorgente nell’equilibrio di tre forme di contemplazione che sono la preghiera, lo studio e la vita fraterna. Proclamare la Parola, essere in ascolto del desiderio di verità del mondo contemporaneo, cercare di porre le migliori condizioni possibili per il dialogo con culture e nuove forme di conoscenza: tutto questo richiede l’ascesi dello studio. L'Ordine non deve mai cessare di essere "studente" perché la testimonianza e le parole di fede trovano nello studio la conoscenza della tradizione della Chiesa, il rigore e l'obiettività che aprono ai nostri interlocutori genuini percorsi di libertà nei quali dispiegare la comprensione intelligente della fede nella Chiesa.
La diversità delle situazioni concrete nelle quali i laici vivono è una grandissima sorgente di ricchezza per tutta la famiglia domenicana. Essa permette, infatti, di non cedere alla facilità con cui le realtà umane, personali, familiari e sociali potrebbero essere univocamente rappresentate, né un punto di vista teorico che potrebbe diventare normativo e riduttivo. E' nella esperienza concreta che sono sollevate le questioni riguardanti la vita delle coppie, il far crescere i figli, le responsabilità professionali, la mancanza di lavoro stabile, il livello finanziario della vita e l'impegno politico e sociale. E' anche nella concretezza dell'esperienza che sono vissuti la morte del coniuge o di un figlio, quei momenti difficili del dover forse intraprendere cambi di percorso professionali, le tappe di un cammino che portano alla pensione, le limitazioni dell'età avanzata. Proprio perché tutte queste esperienze sono, nella concretezza della vita, in dialogo coi loro impegni di predicazione del Vangelo, i laici domenicani offrono un contributo ineguagliabile alla comprensione della Parola di Dio nella famiglia domenicana. L'insistenza della Chiesa oggi sul bisogno di un rinnovamento dell'evangelizzazione spesso va di pari passo con l'osservare che la "secolarizzazione" è la maggiore sfida alla proclamazione del Regno. Anche qui è necessario sottolineare lo specifico carattere delle esperienze che i laici fanno della secolarizzazione nei loro ambienti professionali, sociali e
Insistere nell'impegno dei laici domenicani nella predicazione significa, secondo la tradizione dell'Ordine, insistere sulla necessità dello studio. Infatti, come si è detto all'inizio, la predicazione trova la sua sorgente nell’equilibrio di tre forme di contemplazione che sono la preghiera, lo studio e la vita fraterna. Proclamare la Parola, essere in ascolto del desiderio di verità del mondo contemporaneo, cercare di porre le migliori condizioni possibili per il dialogo con culture e nuove forme di conoscenza: tutto questo richiede l’ascesi dello studio. L'Ordine non deve mai cessare di essere "studente" perché la testimonianza e le parole di fede trovano nello studio la conoscenza della tradizione della Chiesa, il rigore e l'obiettività che aprono ai nostri interlocutori genuini percorsi di libertà nei quali dispiegare la comprensione intelligente della fede nella Chiesa.
La diversità delle situazioni concrete nelle quali i laici vivono è una grandissima sorgente di ricchezza per tutta la famiglia domenicana. Essa permette, infatti, di non cedere alla facilità con cui le realtà umane, personali, familiari e sociali potrebbero essere univocamente rappresentate, né un punto di vista teorico che potrebbe diventare normativo e riduttivo. E' nella esperienza concreta che sono sollevate le questioni riguardanti la vita delle coppie, il far crescere i figli, le responsabilità professionali, la mancanza di lavoro stabile, il livello finanziario della vita e l'impegno politico e sociale. E' anche nella concretezza dell'esperienza che sono vissuti la morte del coniuge o di un figlio, quei momenti difficili del dover forse intraprendere cambi di percorso professionali, le tappe di un cammino che portano alla pensione, le limitazioni dell'età avanzata. Proprio perché tutte queste esperienze sono, nella concretezza della vita, in dialogo coi loro impegni di predicazione del Vangelo, i laici domenicani offrono un contributo ineguagliabile alla comprensione della Parola di Dio nella famiglia domenicana. L'insistenza della Chiesa oggi sul bisogno di un rinnovamento dell'evangelizzazione spesso va di pari passo con l'osservare che la "secolarizzazione" è la maggiore sfida alla proclamazione del Regno. Anche qui è necessario sottolineare lo specifico carattere delle esperienze che i laici fanno della secolarizzazione nei loro ambienti professionali, sociali e
familiari. Talora sentiamo fratelli e sorelle laici esprimere la loro tristezza nel vedere come le proprie famiglie crescano lontane dalla fede con una certa indifferenza, la solitudine che avvertono quando sembra pressoché impossibile dire la loro fede in pubblico nei contesti in cui vivono o lavorano, l'incomprensione che ricevono quando cercano di mostrare che non c'è necessaria contraddizione tra la ragione moderna, che è soprattutto tecnica e moderna, e le proprie convinzioni di fede e valoriali. Qualche volta, inoltre, alcuni raccontano delle difficoltà, in contesti molto diversificati, di trovare il giusto atteggiamento nell'attuale contesto di pluralismo religioso. In questo i laici domenicani possono aiutare tutta la famiglia domenicana a dispiegare creativamente una predicazione che tenga insieme la testimonianza visibile del modo in cui vivono e il parlare con franchezza. Considerando tale complementarietà, l'impegno della famiglia domenicana a una missione condivisa di evangelizzazione può portare al riconoscimento di un numero di obiettivi di primaria importanza. E' chiaramente prima di tutto compito di ogni “santa predicazione” locale di identificare queste priorità, tenendo a mente la concreta realtà in cui opera, la cultura di ciascun paese e la sua storia ecclesiale specifica. Ma credo che ci sia una particolare necessità oggi di unire la riflessione di altri membri della famiglia domenicana con i laici, nel momento in cui si affronta il rinnovamento dell'evangelizzazione con le famiglie, con il mondo dell'educazione, verso i giovani. La loro esperienza della conoscenza pratica attuale deve essere cercata allo scopo di arrivare ad una migliore definizione di come possono incontrarsi evangelizzazione e culture tecnico-scientifiche e i nuovi social network. E' con essi, e probabilmente attingendo negli stessi luoghi della loro esperienza, che possiamo domare la secolarizzazione non solo nella misura in cui sconvolge le modalità di conoscenza della Chiesa ma anche nel fatto che apre nuove vie di libertà per l'evangelizzazione.
In questo tempo di invito a un rinnovamento dell'evangelizzazione, l'Ordine dei Predicatori mi sembra allora chiamato in particolar modo a integrare nella dinamica della sua missione un’attenzione prioritaria alla promozione della vocazione laica a portare il Vangelo al mondo. Questo sarebbe un meraviglioso modo di servire la Chiesa oggi. A questo punto, vorrei porre una speciale enfasi su certi strumenti che potremmo sviluppare. Lo spirito nel quale i vari gruppi di laici domenicani sono chiamati a vivere deve essere e deve restare segnato dalla gioia, dalla libertà e dalla semplicità: è in questa prospettiva che orientiamo i documenti preparati per il Laicato domenicano dopo il Concilio. Le FLD hanno la preminente responsabilità nell'intera costellazione dei vari gruppi laici, perché impegnate a tentare, in una vita interamente laica, l’equilibrio di tutte le dimensioni della tradizione di s. Domenico. Dobbiamo assicurarci che le fraternite offrano questa possibilità di vita alla scuola di S. Domenico, deliberatamente distinguendo se stesse da ogni "forma di contaminazione con la vita religiosa" ed evitando formalismi che condurrebbero alla sclerosi. Per tali ragioni, dobbiamo anche essere aperti all'emergere di altre forme di vita laica nella Famiglia domenicana, proprio per la pluralità delle esperienze prima ricordate. La sfida dell'evangelizzazione dei giovani certamente ci chiama a promuovere, finché possiamo, i gruppi che possano prendere parte nel coordinamento del Movimento internazionale domenicano giovanile, non come gruppi di pastorale per giovani ma piuttosto come gruppi creati e formati da giovani missionari per altri giovani (facendo particolare attenzione a quei giovani che non hanno ricevuto la fede e a quelli che vivono lontano da quei contesti nei quali ci sono normalmente tradizioni spirituali). Nel corso di quest'anno sento che è importante che gli altri membri della Famiglia domenicana prendano tempo per ascoltare, per conoscere, per capire meglio la vocazione laica inserita nella missione dell'Ordine e così prender parte vigorosamente alla promozione di questa vocazione. Se svilupperemo questa dinamica del laicato domenicano, ciò ci impegnerà a promuovere nel cuore della Chiesa una riflessione attuale sulla natura della vocazione laica a evangelizzare che riguarda tutti i battezzati e anche una riflessione sul contributo delle "comunioni laiche" che rientrano nelle tradizioni spirituali che caratterizzano l'istituzione delle comunità ecclesiali locali. Invito le teologhe e i teologi della famiglia domenicana ad aiutarci in questa riflessione.
In questo tempo di invito a un rinnovamento dell'evangelizzazione, l'Ordine dei Predicatori mi sembra allora chiamato in particolar modo a integrare nella dinamica della sua missione un’attenzione prioritaria alla promozione della vocazione laica a portare il Vangelo al mondo. Questo sarebbe un meraviglioso modo di servire la Chiesa oggi. A questo punto, vorrei porre una speciale enfasi su certi strumenti che potremmo sviluppare. Lo spirito nel quale i vari gruppi di laici domenicani sono chiamati a vivere deve essere e deve restare segnato dalla gioia, dalla libertà e dalla semplicità: è in questa prospettiva che orientiamo i documenti preparati per il Laicato domenicano dopo il Concilio. Le FLD hanno la preminente responsabilità nell'intera costellazione dei vari gruppi laici, perché impegnate a tentare, in una vita interamente laica, l’equilibrio di tutte le dimensioni della tradizione di s. Domenico. Dobbiamo assicurarci che le fraternite offrano questa possibilità di vita alla scuola di S. Domenico, deliberatamente distinguendo se stesse da ogni "forma di contaminazione con la vita religiosa" ed evitando formalismi che condurrebbero alla sclerosi. Per tali ragioni, dobbiamo anche essere aperti all'emergere di altre forme di vita laica nella Famiglia domenicana, proprio per la pluralità delle esperienze prima ricordate. La sfida dell'evangelizzazione dei giovani certamente ci chiama a promuovere, finché possiamo, i gruppi che possano prendere parte nel coordinamento del Movimento internazionale domenicano giovanile, non come gruppi di pastorale per giovani ma piuttosto come gruppi creati e formati da giovani missionari per altri giovani (facendo particolare attenzione a quei giovani che non hanno ricevuto la fede e a quelli che vivono lontano da quei contesti nei quali ci sono normalmente tradizioni spirituali). Nel corso di quest'anno sento che è importante che gli altri membri della Famiglia domenicana prendano tempo per ascoltare, per conoscere, per capire meglio la vocazione laica inserita nella missione dell'Ordine e così prender parte vigorosamente alla promozione di questa vocazione. Se svilupperemo questa dinamica del laicato domenicano, ciò ci impegnerà a promuovere nel cuore della Chiesa una riflessione attuale sulla natura della vocazione laica a evangelizzare che riguarda tutti i battezzati e anche una riflessione sul contributo delle "comunioni laiche" che rientrano nelle tradizioni spirituali che caratterizzano l'istituzione delle comunità ecclesiali locali. Invito le teologhe e i teologi della famiglia domenicana ad aiutarci in questa riflessione.
I vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno… Consacrare un anno della novena preparatoria al Giubileo dell'Ordine al tema "Laici domenicani e predicazione" può aiutarci a essere più consapevoli della sfida di “essere inviati per predicare il Vangelo” nella Famiglia domenicana. Fondamentalmente è un appello a ciascuno a radicare il nostro desiderio di evangelizzare sempre più profondamente nel mistero del nostro battesimo che ci consacra a edificare la Chiesa nel mondo come sacramento di salvezza. Invito tutte le comunità dell'Ordine e tutte le comunità e i gruppi all'interno della Famiglia domenicana a dedicare tempo nel corso di quest'anno per approfondire questo tema. Infine, invito a profittare del tempo di quaresima per dedicare un po' di tempo ogni settimana a fare lectio divina comunitaria sui testi delle cinque domeniche di questo anno liturgico, fondando nuovamente la loro comunione nel ripercorrere il cammino nel quale la Chiesa invita i catecumeni a rinascere per la gioia di evangelizzare.
Traduzione a cura di Maria Assunta Aridissione, Irene Larcan e Angelo Serina
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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