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l'istituto di teologia ecumenica san nicola
La storia dei rapporti fra oriente e Occidente sembra indicare la Puglia come modello concreto di unità fra le due parti del mondo cristiano, l'est e l'ovest europeo. Tra le realizzazioni pugliesi, di particolare rilievo è da considerarsi l'Istituto di Teologia Ecumenica "San Nicola". Voluto dalla Conferenza Episcopale Pugliese, in particolare dall'Arcivescovo di Bari, Mons. Enrico Nicodemo, e dall'Ordine dei Frati Predicatori nel clima promosso dal Concilio Vaticano II, inizia la sua attività nel novembre 1969. La Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica l 'ha approvato "ad tempus" il 10 maggio 1971 e definitivamente il 9 luglio 1991 come Sezione Ecumenico Patristica Greco-Bizantina della Facoltà di Teologia della Pontificia Università "San Tommaso d ' Aquino" di Roma.
L'Istituto, in fedeltà alle indicazioni enunciate nel Decreto di fondazione, intende proporre la ricerca scientifica delle fonti della dottrina delle Chiese cattolica ed ortodossa e dei risultati del dialogo ecumenico, contesto di reciproco rispetto e convergenza di missione. Esso, per conseguire tali finalità, attende alla formazione di professori di teologia ecumenicopatristica greco-bizantina; promuove studi, ricerche, incontri e colloqui tra cattolici ed ortodossi e si vuole centro di riferimento per gli studiosi del settore e di animazione teologicoecumenica nelle Chiese locali. Conferisce i gradi accademici di Licenza e Dottorato in Teologia e il Diploma in Ecumenismo e Bizantinologia.
Un'operazione culturale che aspiri ad essere una cosa seria non può trascurare l'approfondimento delle proprie radici storiche, che rappresentano e costituiscono la natura stessa degli individui, i quali, sottoposti a particolari sollecitazioni, si esprimono in una determinata maniera e quindi stimolano una presa di coscienza. L'esperienza storica passa così nella vita e diviene forma di una configurazione culturale che si estrinseca in alcuni caratteri che ne contrassegnano la conformazione culturale. Ogni Chiesa ha un suo proprio nome, una sua vocazione e una sua personalità; e come ogni persona, ogni Chiesa è in continua ricerca e in continua realizzazione.
La trentennale esperienza ecumenica ci ha realmente sorpresi, soprattutto nella considera zione della reazione del popolo, che è entrato nel gioco, comportandosi da protagonista. Giustamente rilevava il Cardinale Salvatore Pappalardo nella prolusione all'anno accademico 1980/81 che: "il nostro popolo non sa di diversità nella nostra fede comune. E quella sua è testimonianza al di là della testimonianza generata da buona volontà o da accordo raggiunto, è l 'unica testimonianza che determina la vera unità. Intendo dire, la testimonianza senza la quale ogni altro elemento di unione, pur se necessaria, è costituzionalmente fallimentare" .
I vincoli sono tanti e non si potrebbero distruggere, senza lasciare in bianco tante pagine della nostra storia. Anche se l'avessimo voluto, il pellegrinaggio di orientali alla tomba del santo ce lo avrebbe ricordato con una insistenza martellante. Lo stesso affidamento della Basilica ai Domenicani (1951) aveva fatto ipotizzare la creazione di una facoltà di teologia orientale che doveva promuovere migliori rapporti fra mondo latino e mondo ortodosso.
La celebrazione del Vaticano II ha fatto precipitare in positivo le cose, sicché le realizzazioni arrivarono prima ancora di quanto si potesse sperare. Gli stimoli del Vaticano II si incarnavano così in una istituzione accademica.
Ma come partire? Il ritorno alle fonti fu la risposta suggeritaci dall’insegnamento conciliare e insieme dalla nostra tradizione ed esperienza storica. Volendo incominciare da quello che ci unisce ci si rivolse allo studio dei Padri, sicuro punto di partenza condiviso dalla dupli ce tradizione, orientale ed occidentale.
Il primo motivo per lo studio della patristica parte dal fatto che i Padri sono testimoni privilegiati della Tradizione. Non solo appaiono sempre legati alla Tradizione, ma ne sono contemporaneamente protagonisti e testimoni. In quanto tali più vicini alla freschezza delle origini. La Tradizione per i Padri non è affatto una realtà morta, quasi palla al piede e rifugio in una ripetizione di situazioni standardizzate, ma, al contrario, la presentazione di un mondo, dove si rivela la vivacità della pluralità nella varietà e la continuità nel progresso.
Il secondo motivo che ci ha messi in ascolto dei Padri è il metodo teologico da essi adottato. Semplificando questo discorso, rileviamo alcuni atteggiamenti e momenti tuttora validi per la scienza teologica: a) il ricorso alla Sacra Scrittura e il senso della Tradizione; b) la coscienza della novità cristiana, pur nel riconoscimento delle verità presenti nella cultura pagana, che per noi rappresentano gli altri, i no stri interlocutori ; c) la difesa della fede come bene sommo e il continuo approfondimento della Rivelazione; d) il senso del mistero e l 'esperienza del divino.
La terza motivazione che giustifica questa scelta è la loro ricchezza culturale, spirituale e apostolica. Spesso i Padri hanno gettato veri ponti tra il Vangelo e la cultura pagana, segnando così il cammino per un impegno di collaborazione, che si è dimostrato efficace anche per i secoli successivi.
Se vogliamo riassumere le ragioni che ci hanno indotto e tuttora ci inducono a studiare le opere dei Padri "possiamo dire che essi sono stati, dopo gli apostoli, come ha detto giusta mente Agostino, i piantatori, gli irrigatori, gli edificatori, i pastori, i nutritori della Chiesa, la quale ha potuto crescere per la loro azione vigile e indefessa. Perché la Chiesa continui a crescere è indispensabile conoscere a fondo la loro dottrina e la loro opera che si distingue per essere nello stesso tempo pastorale e teologica, catechetica e culturale, spirituale e sociale, in un modo eccellente e si può dire unico per rapporto a quanto è avvenuto in altre epoche della storia. E' proprio questa organica unità dei vari aspetti della vita e della missione della Chiesa che ren.çfe i Padri così attuali e fecondi anche per noi" .
Quest'insieme di motivi ha fatto propendere per un ascolto dei Padri, che si sarebbe caratterizzato nella riappropriazione della Tradizione, ricchezza comune della Chiesa indivisa.
Sulla base della esperienza storica, l 'Istituto ha individuato la propria finalità nella riscoperta dell'ecclesiologia di comunione, che costituisce la base per la riunione delle due Chiese sorelle, cattolica e ortodossa. L'indagine che vi si attua sottolinea certo le convergenze, ma non trascura le divergenze: sono due differenti tradizioni. Vogliamo studiare insieme le questioni che hanno diviso le due Chiese, non per ricostruire una storia di incomprensioni, ma per ripensare i problemi in uno stile diverso e riscrivere insieme la teologia, purificandola dagli atteggiamenti polemici segnati dallo spirito di concorrenza e contrapposizione. Non si intende una teologia contro qualcuno, ma vogliamo confrontarci sui problemi con la più assoluta libertà. In questa prospettiva abbiamo invitato, fin dal primo momento, professori e studenti ortodossi, in modo che l'altrui pensiero non venisse filtrato o esorcizzato da mediazioni sospette e pericolose.
Il confronto delle tradizioni non è il termine dell'indagine che si elabora nell'Istituto: sullo sfondo resta - ed è per noi il fine - la sintesi, stimolata dall'attuale temperie ecumenica. Nel lavoro di recupero e di rifusione di concetti e prospettive, modello ispiratore resta l'esperienza del primo millennio, che rappresenta, nonostante tutte le difficoltà e le distinzioni, un test estremamente sollecitante per una ricostruzione dell'unità in e attraverso la diversità.
L'attenzione all'ambiente in cui operiamo ci stimola, inoltre, a riscoprire la persistente presenza e tradizione bizantina, tipica delle ter re italo-meridionali, sollecitandoci ad offrire a chi lavora nel medesimo ambito un'indispensabile chiave di lettura - quella teologica - che realmente agevola, insieme agli altri aspetti, una integrale valutazione del documento o momento. Non riteniamo corretto leggere la realtà bizantina sottraendola alla dimensione teologica sempre in essa presente.
L'opera di rivisitazione di un passato eloquente per il nostro impegno è agevolata, dunque, da particolari motivi di ordine storico, geografico e spirituale, che costituiscono un significativo esempio di convivenza tra due mondi che, pur diversi, non erano affatto opposti o contrari.
La vocazione ecumenica della terra pugliese ha, quindi, dato vita ad una istituzione squisitamente scientifica, ma che ha valenza anche per l'azione pastorale sul territorio.
Dopo tanti secoli di progressiva estraneazione e di reciproco allontanamento, l'alveo tracciato dal movimento ecumenico ha portato le Chiese a confrontarsi con il peccato costituito dalle divisioni, a riconoscere il carattere comunitario di tale peccato, a domandare perdono per la parte di peccato che esiste anche nella propria comunità in ordine alla divisione, e a invertire il cammino per giungere al superamento delle divisioni e a una piena riconciliazione. Si configura, alla luce di queste affermazioni, un percorso che va dal peccato di divisione al cammino verso la riconciliazione. Tale sentiero è battuto da più di trent'anni dall'Istituto di Bari che, oltre l'attività accademica in senso stretto, può presentare in bilancio dodici colloqui internazionali tra cattolici ed ortodossi, una rivista scientifica, Nicolaus, ormai al suo XXVIII anno di pubblicazione e numerosissimi convegni, conferenze e mostre.
In questo inizio di nuovo millennio il termine che è più ricorrente in ambito ecumenico è quello di "riconciliazione".
Il contesto del giubileo del 2000, da poco conclusosi, rappresenta il luogo privilegiato di quell'ansia riconciliativa che attraversa tutte le Chiese.
I richiami non mancano e le sollecitazioni si moltiplicano. “Non possiamo presentarci davanti a Cristo, Signore della storia, così divisi come ci siamo ritrovati nel corso del secondo millennio. Queste divisioni devono cedere il passo al riavvicinamento e alla concordia, debbono essere rimarginate le ferite sul cammino della unità dei cristiani" (L'Osservatore Romano, 13, 14NI/1994, p. 5). L'impegno non è di poco conto. La triste esperienza del passato ci carica di una responsabilità che diventa sempre più pesante.
In questa prospettiva l'unità della Chiesa costituisce il paradigma dell’unità del genere umano. Non è questa una presunzione dei cristiani, ma è la sfida positiva del messaggio di Cristo, unico Salvatore del genero umano. Paolo VI, con efficace sottolineatura, afferma va che "la divisione dei cristiani è un grave stato di fatto che perviene ad intaccare la stessa opera di Cristo" (Evangelii nuntiandi , 18/XII/1975, n.77).
Sulla scorta di tali affermazioni, Giovanni Paolo II insiste: "Come, infatti, annunciare il Vangelo della riconciliazione, senza il contempo impegnarsi ad operare per la riconciliazione dei cristiani? Se è vero che la Chiesa, per impulso dello Spirito Santo e con la promessa della indefettibilità, ha predicato e predica il Vangelo a tutte le nazioni, è anche vero che essa deve affrontare le difficoltà derivanti dalle divisioni. Messi di fronte a missionari in disaccordo fra loro, sebbene essi si richiamino tutti a Cristo, sapranno gli increduli accogliere il vero messaggio? Non penseranno che il Vangelo sia fattore di divisione, anche se esso è presentato come legge fondamentale della carità?" (Ut unum sint, 98).
Non a caso nel nostro linguaggio e nei documenti prodotti dalle singole Chiese e Comunità ecclesiali ricorrono, con moltiplicata frequenza, termini come: conversione, rinnovamento, dialogo, preghiera, i quali sono indicatori e condizioni di un itinerario da percorrere insieme in viste della meta dell'unione piena.
L'impegno della riconciliazione è divenuto per cattolici, ortodossi e protestanti un leitmotiv, che qualifica la coscienza di una esigenza ineludibile dei nostri tempi. Risuonano negli scritti e nelle parole espressioni significative: "riconciliazione delle memorie"; "riconciliazione delle etnie"; "riconciliazione nelle e fra le Chiese"; "riconciliazione delle tradizioni"; "spazi della riconciliazione: pace, giustizia e salvaguardia del creato"; "evangelizzazione e testimonianza comune".
Come non citare in questo contesto il tema della seconda Assemblea Ecumenica di Graz (23-29 giugno 1997): "Riconciliazione: dono di Dio e sorgente di vita nuova"?
Questo clima di ripensamento - ce lo auguriamo - non può non influenzare la società civile italiana, la quale, messi da parte le incomprensioni, i contrasti, i personalismi politici, saprà impegnarsi in una ricostruzione, con il concorso di tutte le forze, che faccia giustizia a quanti attendono un tenore di vita rispondente alla dignità della persona umana.
Istituto di Teologia ecumenico-patristica "San Nicola"
Piazzetta Bisanzio e Rainaldo, 15 - 70122 BARI
Tel. 080 5235252
​ite@facoltateologica.it
http://www.facoltateologica.it
Ordine dei Predicatori
Provincia San Tommaso d'Aquino in Italia
Curia Provinciale - Convento Madonna dell’Arco - 80048 Sant’Anastasia (NA)
Tel +39 081.89.99.111 - Fax +39 081.89.99.314 - Mail: info@domenicani.net
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