La Trinità e il Filioque

Scopri

La teologia trinitaria ricalca le orme di s. Agostino, che partiva dalla natura divina per giungere, con riferimento alla struttura dell’anima umana, alle tre Persone (diversamente dai Greci che partivano dalla Trinità), anche nella concezione fondamentale delle relazioni divine [1].  Come nell’ordine delle creature la generazione temporale fonda le relazioni di paternità e figliolanza, cosi pure avviene nella generazione eterna del Verbo.  Allo stesso modo si ha la processione d’amore che dà adito ad una spirazione attiva ed una passiva. Il tutto dunque avviene per emanationem interiorem ab intra, e non con un rapporto ad extra di causa ed effetto (contro Ario) o di causa che si propone nell’effetto (contro Sabellio). Di conseguenza da un lato si mantiene un tipo di relazioni (generatio, spiratio) che garantisce l’unità della sostanza fra il generante e il generato, lo spirante e lo spirato, dall’altra garantisce la reale distinzione dei Tre.
In modo eminente vale per Dio la definizione che Boezio dà della persona: rationalis naturae individua substantia. Poiché vi sono in Dio tre Persone, che sono un solo Dio, ciò che le distingue l’una dall’altra è la relazione di opposizione (come avevano già detto Agostino e Anselmo) di ciascuna: paternità, filiazione e spirazione passiva.  In Dio, infatti, tutto è uno ed identico, a meno che non ci sia una relazione di opposizione.
La dottrina delle relazioni divine determina anche la soluzione tomistica del Filioque.  Tommaso si occupò di questo argomento prima nel “Contra errores Graecorum “, poi nel “De Potentia ” e finalmente, in modo più chiaro e sintetico, nella “Summa”.
Il Contra errores Graecorum fu la “traduzione” in termini e metodi scolastici del “Libellus de processione Spiritus Sancti et fidei Trinitatis ” di Nicola di Crotone, che l’aveva composto per soddisfare le esigenze unionistiche di Michele VIII Paleologo (1259-82).  Oltre il Filioque, ivi sono trattate anche le questioni relative al primato romano, agli azzimi e al purgatorio.  Tommaso si fidò delle citazioni (esclusivamente dai Padri greci) senza controllarle, ma poi dovette avere qualche dubbio, perché in opere successive non le utilizza[2].  L’impostazione generale è comunque dettata dalla convinzione che il punto di vista dei Greci non era troppo distante da quello latino, dicta Graecorum a nobis magis differunt in verbis quam in sensu.
Nella Summa theologica Tommaso procede secondo la sua solita rigorosità, vale a dire prospettando coscienziosamente il punto di vista degli avversari, in questo caso i cristiani orientali. Videtur quod Spiritum Sanctum non procedat a Filio. Sembra che lo Spirito Santo non proceda dal Figlio. Il primo dei sette argomenti addotti contro il Filioque parte da Dionigi l’Areopagita, secondo il quale non bisogna ardire di dire qualcosa intorno alla Divinità sostanziale, oltre a quanto è stato a noi divinamente rivelato nella Sacra Scrittura, la quale dice appunto “Spirito di Verità che procede dal Padre”. Il secondo argomento deriva dal canone VII del simbolo niceno-costantinopolitano: Crediamo nello Spirito Santo Signore e datore di vita, che procede dal Padre, e col Padre ed il Figlio è adorato e glorificato, che prevede fra l’altro l’anatema per chi cambia il simbolo. Col terzo punto si ha la testimonianza del Damasceno: Diciamo che lo Spirito Santo è dal Padre, e lo chiamiamo Spirito del Padre; mentre non diciamo che lo Spirito Santo è dal Figlio (De Fide Orth., lib. I, cap. 2). Anche la Leggenda di S. Andrea definisce lo Spirito procedente dal Padre e riposante nel Figlio (il Figlio è cioè escluso dalla processione). Il quinto argomento dice che il Figlio procede in quanto Verbo; ora lo spirito nell’uomo non procede dal suo verbo, quindi per analogia lo Spirito non procede dal Verbo. D’altra parte, se la processione dello Spirito dal Padre è perfetta, è superfluo fare intervenire il Figlio. Settimo: Nelle cose eterne e tanto più in quelle divine non c’è distinzione fra essere e potenza. Ora, lo Spirito si distinguerebbe dal Figlio anche senza procedere da Lui., come sembra dire Anselmo allorché dice che il Figlio e lo Spirito ricevono l’essere in modo diverso, uno per generazione l’altro per processione[3].

Sed contra. E qui Tommaso a sostegno del Filioque ricorda che nel simbolo atanasiano è detto che Lo Spirito Santo non è fatto né creato né generato dal Padre e dal Figlio, ma procede (da essi). Ma la serie delle auctoritates non sembra avere per lui un grande peso. A suo avviso il Filioque è una necessità di ragione all’interno della Trinità, in quanto senza di esso lo Spirito Santo in alcun modo si potrebbe concepire come persona distinta dal Figlio, come fa notare sin dalle prime battute del Respondeo dicendum dello stesso articolo.
Egli imposta il problema nei termini metafisici proposti da Anselmo, vale a dire ricorrendo alla “relationis oppositio”: E’ necessario che il Figlio e lo Spirito Santo si riferiscano l’uno all’altro con opposte relazioni.  Ora, in Dio non ci possono essere altre relazioni fra loro opposte se non quelle di origine, come abbiamo già spiegato. Ma le opposte relazioni di origine sorgono o dal fatto che un soggetto è principio, o dal fatto che deriva da un principio.  Quindi non rimane altro che affermare o che il Figlio procede dallo Spirito Santo, cosa che nessuno ammette, oppure che lo Spirito Santo procede dal Figlio, come professiamo noi.  E questo è consono all’indole delle due processioni.  Si è detto infatti che il Figlio procede per processione intellettuale come Verbo, e lo Spirito Santo per processione di volontà come amore.  Ora, è necessario che l’amore proceda dal verbo, giacché non si ama se non ciò che si conosce. E’ quindi chiaro che lo Spirito Santo procede dal Figlio. Per Tommaso l’autonomia personale dello Spirito è data dunque dalle relazioni di opposizione, alle quali si aggiunge anche la necessità di un ordine: Se dunque dall’unica persona del Padre procedono due persone, cioè il Figlio e lo Spirito Santo, è necessario che fra questi vi sia un certo ordine; né è possibile assegnare altro ordine se non quello di natura, per il quale uno proceda dall’altro[4].
Tommaso, tuttavia, evita di tirare la conclusione anselmiana di una processione “aequaliter a Patre Filioque”, che sembra logica nell’ambito di una metafisica della “relationis oppositio”.  Spinto forse dall’esempio di Agostino e dal rispetto della tradizione orientale, specifica che l’ex Filio (Filioque) coincide col per Filium dei Greci, in quanto la preposizione “per” indica nel complemento la causa o il principio di quell’atto. La conclusione di Tommaso è poi ancor più esplicita riguardo alla priorità del Padre: Siccome il Figlio ha dal Padre di essere principio dello Spirito Santo, si può dire che il Padre per il Figlio spira lo Spirito Santo, oppure, ed è la stessa cosa, che lo Spirito Santo procede dal Padre per il Figlio [5].


[1] Cfr. Summa Theologiae, I, qq. 28 e 29.
[2] Cfr. De Potentia, q. 10, e Summa theologica, I, q. 36
[3] Summa Theologiae, I, q. 36, a. 2 (sono i 7 Praeterea contro il Filioque)
[4] Cfr. Summa Theologiae, I,  q. 36, a. 2. Entrambe le citazioni sono prese dal lungo Respondeo dicendum. Da notare che questa “necessità della distinzione personale dello Spirito”, come pure “la necessità di un ordine intratrinitario e specialmente ad invicem fra Figlio e Spirito” saranno i cavalli di battaglia dei polemisti domenicani del Tre e Quattrocento.
[5] Cfr. Summa Theologiae, I, q. 36, a. 3 (conclusione del Respondeo dicendum).