San Tommaso teologo della Grazia

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S. Tommaso è un nostro fratello, ed è colui che ha vissuto nel modo più intenso il carisma di S. Domenico che è denominato “predicatore della Grazia”, “praedicator gratiae”, “predicatore grazioso” del mistero della Grazia.

Nel suo pensiero di Tommaso, la riflessione sulla grazia riveste un’importanza capitale.  Conclude la I-II e lo considero uno dei più elaborati. Sembra che costituisce un dono della sua genialità. Disgraziatamente esso ha subito vicissitudini singolari. E’ stato poco studiato e molto controverso, soprattutto nei periodi in cui la teologia più che illustrare il mistero è diventata controversista e ha conosciuto delle involuzioni da cui faticosamente ci liberiamo.
Vorrei introdurlo perché possiamo gustarne e viverne.

L’intuizione di Tommaso è che gli atti umani sono atti di Grazia. La Grazia è dono che Dio mette in condizione di fare a lui, siamo “graziati”, perché abbiamo il potere di rendere grazie a Dio, di compiere le opere che Dio gradisce. Inabitata dalle persone divine, la persona umana, ha il potere di conoscere, amare, vivere in Cristo con il Padre. Siamo le creature che il Padre in Cristo ha ‘aggiustate”, accordate con il suo disegno salvifico, in modo che vivano in comunione amica con Lui.

Non si tratta solo di conoscerlo o amarlo, ma di riconoscerci creature introdotte in Cristo nella vita trinitaria ed hanno il potere di realizzare anch’esse le operazioni con le quali le persone divine si conoscono, si amano e sono in comunione. Di questa comunione siamo partecipi. Generati nella filiazione del Verbo, inabitati dallo Spirito che è l’amore, abbiamo dal Padre il potere di essere anche noi coloro che  dal Verbo accolgono l’amore e che possono vivere in comunione di reciprocità.

E’ una prospettiva di rilievo singolare. Tommaso non ci ha detto le cose da predicare, ha formato i predicatori, che non sono ripetitori di messaggi, ma persone che, diventate concittadine dei santi, in Cristo, aiutano altri ad entrare nella stessa comunione. Il problema suo non è di annunziare dottrine, ma di accompagnare l’esperienza del vivere in Cristo; non vuole formare dei dotti, ma persone che, conosciuto che cosa comporta conoscersi, amarsi, fidarsi in relazione con le persone. divine, riescono ad affascinare altre, affinché si risveglino alla gioia dei vivere la loro identità di essere grate a Dio, creature di cui Dio, il Padre, si compiace.
“Predicatore della Grazia» è il qualificativo più grande di S. Domenico e della sua famiglia che predica il mistero della dignità umana, che s’accompagna con l’umanità nell’entrare nel disegno del Padre, come persone singole e come comunità. Prima che persone noi siamo creature nella realtà creata. Non è questione di decidere di entrare nella comunità umana, ma di accorgerci che è redenta in Cristo.

Il mistero della Grazia è prima di tutto il mistero dell’umanità di Gesù Cristo, nella cui umanità siamo diventate persone, figlie di Dio, giuste, liberate dal peccato, costituite nella possibilità di vivere in sintonia con il disegno del Padre che ci ha creati per Sé, perché diventati noi stessi, nella relazione con lo Spirito cooperiamo perché la creazione tutta sia in Dio.
Uno è il fine ultimo non solo dell’umanità ma della creazione. Nella pienezza del tempo la nostra creaturalità è stata resa filiale e il fine della creazione è stato pienamente svelato. Le creature che corrispondono alla loro identità creaturale si aprono nello Spirito al disegno di Dio. Gaudium et Spes attesta: lo Spirito Santo per vie misteriose, che egli soltanto conosce, conduce tutti alla Pasqua del Cristo, la pienezza della creazione (cfr. n. 20). Tommaso vede la Grazia in questa tessitura universale.  Tutte le persone, a qualunque tempo siano appartenute, se sono vissute nella rettitudine, sono vissute in Cristo, partecipi della stessa Grazia del Cristo (cfr. I-II 106,3,2m) Solo a pasqua questa grazia è partecipata attraverso mediazioni sensibili, visibili e fa entrare nella visione del Padre. Non ci sono persone che abbiano raggiunto la pienezza fuori della Pasqua del Cristo. Questa visione fonda una solidarietà cosmica. I cieli nuovi e la terra nuova nei quali regna la giustizia sono il frutto dell’opera che le persone “graziate” vanno proclamando nel tempo, in modo che ciascuna creatura possa raggiungere la pienezza.

Effetti della Grazia
La Grazia abilita a vivere in Cristo nello Spirito essere inseriti nella storia che lo Spirito rende amica. La pienezza finale è una per tutti e nessuno raggiunge la pienamente se non quando la raggiungono tutti. Abbiamo una pienezza già alla fine della nostra vita, al coronamento della nostra esistenza, ma solo nella pienezza finale, quando Cristo consegnerà il Regno al Padre,  ogni realtà sarà pienamente inserita nella comunione delle altre, in Dio.

Se ciascuno resta immerso nella realtà riconciliata in Gesù Cristo le operazioni che compie accrescono la piena unione nella vita di Dio. Queste operazioni che strutturano la vita della persona scaturiscono veramente da noi che conosciamo e vogliamo ed hanno il loro conoramento nella conoscenza e nell’amore e nella giustizia del popolo radunato in Cristo. Questa forza operativa fa diventare «creazione nuova», non tale perché distrugge l’antica, ma perché la qualifica nella filialità divina: le creature diventano veramente figlie. In vita non possiamo sapere con certezza chi lo è diventato e perciò neppure chi non lo è diventato e non possiamo escludere nessuno dalla nostra nostalgia di comunione. I predicatori della Grazia non hanno preclusioni; la loro predicazione non è selettiva è di risveglio, di implorazione, di lode.

Queste qualità permettono di sintonizzarsi con le persone divine. Nel 700‑800 i nostri confratelli, per poter affermare la consistenza della Grazia in noi, negata dalla dottrina luterana, hanno talmente sottolineato che essa è creata in noi, da far passare in seconda linea il fatto per cui la Grazia è la realtà che le persone divine presenti in noi attuano in noi in modo che possiamo entrare in rapporto con loro. La Grazia non è un oggetto, ad es. un orologio; è una qualità che lo Spirito opera in noi e che permette di inserirci in Cristo e nel Cristo al Padre. Se non avessimo il Verbo e lo Spirito, non avremmo la Grazia. La Grazia è questa compromissione che le persone divine attuano in noi per risvegliarci alla presenza, renderci persone inabitate, accordate con loro in una relazione che è personale e che non viene contesa con quella delle altre persone viventi in Cristo.

La vita di Grazia vuol portarci al pieno innamoramento con le persone divine, un innamoramento consapevole: “Sono io che ti amo, io ti voglio” e così la persona trova gioia, può fare esperienza di unione con lo Spirito che la mette in comunicazione con il Padre.
Se consideriamo la nostra vita alla luce di queste verità possiamo avere un senso di scoraggiamento. In realtà siamo sfidati a vivere in Grazia. E se le nostre orecchie sono diventate sorde al mistero, al fascino che le persone divine esercitano su di noi, fascino che esercitano possiamo e dobbiamo scuotere il nostro torpore e volere vivere le operazioni della Grazia che sono quelle delle virtù teologali e morali. Molte volte siamo invece catturati, manipolati, plagiati ma non affascinati.
Tommaso Moro chiedeva a Dio: “Signore, fa’ che possa essere ME, perché diversamente non posso essere mai con te”. Esiste una sclerosi della vita in Grazia, quando non ci provochiamo. Come un bambino che, non essendo stimolato a certe operazioni, non riesce a viverle. Lo Spirito coltiva le potenzialità nostre in modo tale che ci si apra. Egli vuole che noi vogliamo lui; che diventiamo soggetto di conoscenza in Lui. Vuole che arrivi io a conoscerlo con tutto il mio vissuto anche nei limiti in cui ci troviamo.  A Lui interessa l’autenticità del rapporto che sia veramente personale. Egli non mi attira come una calamita. Quando si accorge che una persona preferisce esser catturata che diventare soggetto d’amore, tace da non indulgere alle maniere delle persone catapultate nel divino che si lasciano travolgere, perché non vogliono vivere il coinvolgimento. La Grazia non si risveglia se la persona non vuole che si risvegli. Dobbiamo dire “ti voglio conoscere, amore, voglio cooperare con te, rimanere in te”.

Il Cristo, nel quale siamo battezzati attraverso le mediazioni che ci provocano, e di cui ci facciamo carico, ci coltiva. Non si può delegare a nessuno “conosci Dio o amalo al posto mio”. Gli stimoli che riceviamo sono autentici solo nella misura in cui divengono nostri. Il predicatore è un servo inutile, quando coopera a che è la risposta sia la persona a darla. Fornisce stimoli, nozioni, elementi, ammaestramenti. L’immenso settore delle “gratiae gratis datae», è un insieme di forze che stimolano la persona perché in libertà voglia donare il consenso.
Dio vuole che ciascuna persona arrivi all’amore di lui; la conoscenza del mistero è legata all’amore: è conoscenza che matura. Solamente gli innamorati si nella pienezza della verità. Dio non sostituisce né destituisce dal potere di dire “IO ti amo”.

Le persone divine causano in noi la capacità di essere tu causa, generano i generatori delle operazioni che fanno relazione. Noi siamo i generatori della nostra condizione futura. Le  questioni sviluppate possono ridursi alle seguenti:
E’ indispensabile che la persona sia in grado di corrispondere all’azione delle persone divine
La partecipazione si realizza per mezzo delle prerogative tipicamente umane; nell’attuare queste prerogative Dio opera nel nostro operare in modo che le operazioni sono di tutti e due. Come quando due persone si danno e così la persona cresce nel desiderio implorante di essere per sempre in Dio.
Tommaso divide la Grazia si divide in grazia di santità e gratiae gratis datae; la prima in operante e cooperante in tutte le sue fasi: guarigione, volizione, operazione, perseveranza, implorazione della gloria.

Come i poeti, nelle parole del vocabolario, immette la novità della sua intuizione. Dio opera nel nostro operare; non opera effetti, vivifica gli operanti. Opera per rendere operanti, ti mette in condizione di vivere da figli di Dio e di volere-operare-perseverare-raggiungere la meta. (parla di Grazia preveniente e seguente).
Colui che ha dato il volere da anche l’operare e colui che fa operare ti porta alla pienezza. Perseverare è frutto del volere e premessa per arrivare alla meta: il premio della tua fedeltà è il dono dell’amore. Non si tratta di giochi di parole. E’ l’iter della vita spirituale. Non c’è nessuno che arrivi senza aver camminato fino alla fine, senza essere stato costituito per portare i frutti del suo esser figlio di Dio.

Tommaso presenta una pedagogia, una “paideia” domenicana. E’ maestro dei novizi. Avendo maturato la pedagogia divina, ne coglie i segni e conforta: avanti, stai andando bene.
Dio opera anche attraverso i sacramenti, che non sono cose. E’ la creazione chiamata a raccolta per accompagnare i figli di Dio nella crescita nella loro teoretica, ma esperienziale, esistenziale.
Per Tommaso tutti i carismi della Chiesa convergono nella predicazione e ne potenziano la ricezione. La predicazione è la più alta attività può aiutare dall’esterno. Spiega i fenomeni che Dio mette in atto perché tutto cooperi al bene di coloro che lo amano, spiega i miracoli, le profezie, i carismi; fa conoscere tutto, in modo che tu, conoscendo e avendo la percezione dei tutto, la persona possa decidere quello che fa. Siamo come miniere non ancora esplorate.
Non abbiamo persone capaci di coltivare figli di Dio, che aiutino la maturazione della personalità trinitaria. Questi è il predicatore della Grazia. Per questo motivo Tommaso ha scritto per i predicatori, per formare coloro che, nella Chiesa, hanno per compito: illustrare ai figli di Dio le potenzialità di cui Dio li ha dotati, il modo in cui queste potenzialità emergono. Colui che ci ha fatto senza di noi non ci porta a perfezione senza di noi. Dalla Grazia alla gloria attraverso un concatenamento di comportamenti ispirati da amore. Tommaso ci porta dalla Trinità di origine a quella di gloria esortandoci a percorrere la via della fedeltà allo Spirito che in Cristo ci rende popolo del Padre.
Questo ha descritto nei 44 articoli del trattato sulla Grazia. Essi sono un affresco ben costruito. Quando si incomincia ad intuirne la bellezza si sente il bisogno di contemplare, adorare, implorare cooperare. S. Tommaso è davvero un grande fratello. Ha avuto forse l’unico torto di crederci intelligenti, mentre noi siamo lenti, non abbiamo l’esperienza; vogliamo capire i testi senza sapere di che parlano e ci apriamo alla logomachia. Egli viveva l’esperienza e la descriveva, con una tale tenerezza e delicatezza che portava a volere, voler conoscere, conoscere il volere, voler operare, conoscere, cooperare e perseverare nel conoscere, nel voler vivere come figli di Dio portati dalla nostalgia di eternità («quando vedrò il tuo volto?”).

La contemplazione non distrae dalla storia, ma innerva nella storia che è anticipazione, iniziazione della vita in Dio. Esistono tante storie, tante mode, ma la storia dell’oggi di Dio è quella in cui la Grazia ci vivifica. Caterina dice le stesse cose, anche se con altro linguaggio, in altro modo. Così Antonino: bevono nello stesso fiume. La nostra tradizione non ha avuto frammentarietà, è la nostra eredità e la nostra responsabilità.

Vivere in questa luce ci porta ad una dimensione di verità che non rende estranei al mondo; e conduce all’ammirazione di tutto ciò che è ammirevole alla collaborazione costruttiva, che ispira fiducia nel cammino futuro delle nostra famiglia. Se noi  vivessimo in fedeltà la nostra comunione con le persone divine e fossimo accompagnati a verificare quello che viviamo, cominceremmo a penetrare l’importanza di chiarire a noi e agli altri quello che abbiamo vissuto: “quello che noi abbiamo visto, udito, contemplato e toccato noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi e la nostra comunione sia piena”.