Ufficio delle Letture

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Invitatorio

Ant.      Venite, al Signore, fonte di ogni sapienza

Oppure:
Festeggiamo S. Tommaso, dottore angelico;
la Chiesa esulti nel tesserne le lodi.

Ufficio delle Letture

INNO
Tommaso, che arricchisci
la Chiesa e in essa splendi,
fa’ che cresciamo in grazia
cantando le tue lodi.

Con cuore puro e semplice
e con la mente limpida,
hai visto Dio,
beato più degli altri mortali.

Hai saputo levarti
a scrutare il mistero
e nutri di dottrina
ogni generazione.

Ti suggerì lo Spirito
intuizioni profonde
e i tuoi limpidi scritti
lodò lo stesso Cristo.

Silenzioso e modesto
vivevi col Signore
e come un sole splendi
fra i maestri più saggi.

Gloria a Dio trino ed unico
che per tua intercessione
speriamo di vedere
e cantare in eterno.

Antifona 1
Serie A  Ogni mio desiderio è davanti a te, o Signore,
e il mio gemito non ti è nascosto.

Serie B  Il Signore ha sciolto le labbra dei bimbi; egli istruisce le nostre lingue
e infonde sulle nostre labbra la grazia della sua benedizione.

SALMO 39-2-19

I
Ho sperato: ho sperato nel Signore +
ed egli su di me si è chinato, *
ha dato ascolto al mio grido.

Mi ha tratto dalla fossa della morte, *
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia, *
ha reso sicuri i miei passi.

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, *
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore *
e confideranno nel Signore.

Beato l’uomo che spera nel Signore +
e non si mette dalla parte dei superbi, *
né si volge a chi segue la menzogna.

Quanti prodigi hai fatto, Signore Dio mio +
quali disegni in nostro favore! *
Nessuno a te si può paragonare.

Se li voglio annunziare e proclamare *
sono troppi per essere contati.

Sacrificio e offerta non gradisci, *
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
Allora ho detto: «Ecco, io vengo.

Sul rotolo del libro, di me è scritto *
di compiere il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero, *
la tua legge è nel profondo del mio cuore».

Antifona 2
Serie A  Poiché hai chiesto il discernimento nel giudicare, ecco, faccio come tu hai detto:
ti concedo un animo saggio e intelligente, dice il Signore.

Serie B  L’amore di Dio crea e infonde la bontà in ogni cosa.

SALMO 39,10-14,17-18

Ho annunziato la tua giustizia
nella grande assemblea; *
vedi, non tengo chiuse le labbra,
Signore, tu lo sai.

Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, *
La tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia *
e la tua fedeltà alla grande assemblea.

Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia, *
la tua fedeltà e la tua grazia mi proteggano sempre,

poiché mi circondano mali senza numero, +
le mie colpe mi opprimono *
e non posso più vedere.

Sono più dei capelli del mio capo, *
il mio cuore viene meno.

Dégnati, Signore, di liberarmi; *
accorri, Signore, in mio aiuto.

Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano, +
dicano sempre: «Il Signore è grande» *
quelli che bramano la tua salvezza.

Io sono povero e infelice; *
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione, *
mio Dio, non tardare.

Antifona 2
Serie A  Poiché hai chiesto il discernimento nel giudicare, ecco, faccio come tu hai detto:
ti concedo un animo saggio e intelligente, dice il Signore.

Serie B  L’amore di Dio crea e infonde la bontà in ogni cosa.

Antifona 3
Serie A  Ciò che abbiamo contemplato del Verbo di vita,
lo annunziamo a voi affinché anche voi siate in comunione con noi.

Serie B  L’inabitazione di Dio in noi si conosce solo sperimentandola;
non è possibile tradurla in parole.

SALMO 26, 1-9
Il Signore è mia luce e mia salvezza.
Nel segreto dove tu solo ascolti, ti disse il mio cuore: Non ho cercato un premio al di fuori di te, ma il tuo volto (S. Agostino).

Il Signore è mia luce e mia salvezza, *
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita, *
di chi avrò terrore?

Quando mi assalgono i malvagi *
per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici, *
a inciampare e cadere.

Se contro di me si accampa un esercito, *
il mio cuore non teme;
se contro di me divampa la battaglia, *
anche allora ho fiducia.

Una cosa ho chiesto al Signore, *
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore *
tutti i giorni della mia vita,

per gustare la dolcezza del Signore *
ed ammirare il suo santuario.
Egli mi offre un luogo di rifugio *
nel giorno della sventura.

Mi nasconde nel segreto della sua dimora, *
mi solleva sulla rupe.

E ora rialzo la testa *
sui nemici che mi circondano;
immolerò nella sua casa sacrifici d’esultanza, *
inni di gioia canterò al Signore.

Antifona 3
Serie A  Ciò che abbiamo contemplato del Verbo di vita,
lo annunziamo a voi affinché anche voi siate in comunione con noi.

Serie B  L’inabitazione di Dio in noi si conosce solo sperimentandola;
non è possibile tradurla in parole.

V/.        Signore, presso di te è la fonte della vita;
R/.        nella tua luce vedremo la luce.

PRIMA LETTURA

Dal libro del Siracide.      39,1b-14
Il sapiente è esperto nelle Scritture.

Chi si applica e medita la legge dell’Altissimo, indaga la sapienza di tutti gli antichi, si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi, penetra le sottigliezze delle parabole, indaga il senso recondito dei proverbi e s’occupa degli enigmi delle parabole. Svolge il suo compito fra i grandi, è presente alle riunioni dei capi, viaggia fra genti straniere, investigando il bene e il male in mezzo agli uomini. Di buon mattino rivolge il cuore al Signore che lo ha creato, prega davanti all’Al­tissimo, apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.
Se questa è la volontà del Signore grande, egli sarà ricolmato di spirito di sapienza, come pioggia effonderà parole di sapienza, nella preghiera renderà lode al Signore.
Egli dirigerà il suo consiglio e la sua scienza, mediterà sui misteri di Dio. Farà brillare la dottrina del suo insegnamento, si vanterà della legge dell’ al­leanza del Signore. Molti loderanno la sua intelli­genza, egli non sarà mai dimenticato, non scompa­rirà il suo ricordo, il suo nome vivrà di generazione in generazione. I popoli parleranno della sua sapien­za, l’assemblea proclamerà le sue lodi.
Se vive a lungo, lascerà un nome più noto di mille altri, se egli muore, avrà già fatto abbastanza per sé. Esporrò ancora le mie riflessioni, ne sono pieno come la luna a metà mese. Ascoltatemi, figli santi, e crescete come una pianta di rose su un tor­rente. Come incenso spandete un buon profumo, fate fiorire fiori come il giglio, spandete profumo e intonate un canto di lode: benedite il Signore per tutte le opere sue.

RESPONSORIO Sir 24,46-47
R/. Trasmetterò l’insegnamento come una profezia, * lo lascerò per le generazioni future.
V/. Vedete, non ho lavorato solo per me, ma per quanti cercano la dottrina;
R/. lo lascerò per le generazioni future.

oppure:

RESPONSORIO Sap 9,10.4
R/. Manda, Signore, la sapienza dal tuo trono glo­rioso, perché mi assista e mi affianchi nella mia fati­ca, * e io sappia che cosa ti è gradito.
V/. Dammi, Signore, la sapienza che siede in trono accanto a te,
R/. e io sappia che cosa ti è gradito.

SECONDA LETTURA [***]
Dagli «Opuscoli teologici» di san Tommaso d’Aquino, sacerdote e dottore della Chiesa.
(«Sui due precetti della carità e i dieci comandamenti della legge», in Opuscola theologica, II, nn. 1137-1154, 4, Ed. Leonina).

La legge della divina carità.

E’ evidente che non tutti possono dedicarsi a fondo alla scienza; e perciò Cristo ha emanato una legge breve e incisiva che tutti possano conoscere e dalla cui osservanza nessuno per ignoranza possa ritenersi scusato. E questa è la legge della divina carità. Ad essa accenna l’Apostolo con quelle paro­le: «Il Signore pronunzierà sulla terra una parola breve» (Rm 9,28).
Questa legge deve costituire la norma di tutti gli atti umani. Come infatti vediamo nelle cose arti­ficiali che ogni lavoro si dice buono e retto se viene compiuto secondo le dovute regole, così anche si riconosce come retta e virtuosa l’azione dell’uomo, quando essa è conforme alla regola della divina carità. Quando invece è in contrasto con questa norma, non è né buona, né retta, né perfetta.
Questa legge dell’amore divino produce nel­l’uomo quattro effetti molto desiderabili. In primo luogo genera in lui la vita spirituale. E’ noto infatti che per sua natura l’amato è nell’amante. E perciò chi ama Dio, lo possiede in sé medesimo: «Chi sta nell’amore sta in Dio e Dio sta in lui» (1 Gv 4,16). Inoltre è legge dell’amore, che l’amante venga tra­sformato nell’amato. Se amiamo il Signore, diven­tiamo anche noi divini: «Chi si unisce al Signore, diventa un solo spirito con lui» (1 Cor 6,17). A detta di sant’Agostino, «come l’anima è la vita del corpo, così Dio è la vita dell’anima».
L’anima perciò agisce in maniera virtuosa e perfetta quando opera per mezzo della carità, mediante la quale Dio dimora in essa. Senza la carità, in verità l’anima non agisce: «Chi non ama rimane nella morte» (1 Gv 3,14). Se perciò qualcuno possedesse tutti i doni dello Spirito Santo, ma non avesse la carità, non avrebbe in sé la vita. Si tratti pure del dono delle lingue o del dono della fede o di qualsiasi altro dono: senza la carità essi non conferi­scono la vita. Come avviene di un cadavere rivestito di oggetti d’oro o di pietre preziose: resta sempre un corpo senza vita.
Secondo effetto della carità è promuovere la osservanza dei comandamenti divini: «L’amore di Dio non è mai ozioso — dice san Gregorio Magno ­quando c’è, produce grandi cose; se si rifiuta di essere fattivo, non è vero amore». Vediamo infatti che l’amante intraprende cose grandi e difficili per l’amato: «Se uno mi ama osserva la mia parola» (Gv 14,25). Chi dunque osserva il comandamento e la legge dell’amore divino, adempie tutta la legge.
Il terzo effetto della carità è di costituire un aiuto contro le avversità. Chi possiede la carità non sarà danneggiato da alcuna avversità: «Ogni cosa concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28); anzi è dato di esperienza che anche le cose avverse e difficili appaiono soavi a colui che ama.
Il quarto effetto della carità è di condurre alla felicità. La felicità eterna è promessa infatti soltanto a coloro che possiedono la carità, senza la quale tutte le altre cose sono insufficienti. Ed è da tenere ben presente che solo secondo il diverso grado di carità posseduto si misura il diverso grado di felicità, e non secondo qualche altra virtù. Molti infatti furo­no più mortificati degli Apostoli; ma questi sorpas­sano nella beatitudine tutti gli altri proprio per il possesso di un più eccellente grado di carità. E così si vede come la carità ottenga in noi questo quadruplice risultato.
Ma essa produce anche altri effetti che non vanno dimenticati: quali, la remissione dei peccati, l’illuminazione del cuore, la gioia perfetta, la pace, la libertà dei figli di Dio e l’amicizia con Dio.

RESPONSORIO
R/.  La fonte della sapienza riversò in Tommaso le sue acque, come limpido fiume di scienza, e Tommaso riversò la sua pienezza, * fecondò tutta la Chiesa.
V/.  Stile conciso, esposizione piacevole, pensiero chiaro, sublime, sicuro:
R/.  fecondò tutta la Chiesa.

oppure:

SECONDA LETTURA
Dagli «Opuscoli teologici» di san Tommaso d’Aquino, sacerdote e dottore della Chiesa.
(«De rationibus fidei», in Opera omnia, t. XL, Roma 1969, pp. 56 ss., ed. Leonina).
Ciò che è stolto dinanzi a Dio, è più sapiente che gli uomini (cfr. 1 Cor 2,15).

Cristo scelse per sé genitori poveri e tuttavia perfetti nella virtù, affinché nessuno si glori della sola nobiltà del sangue e delle ricchezze dei genitori. Condusse vita povera per insegnare a disprezzare le ricchezze. Visse in semplicità, senza ostentazione, allo scopo di tenere lontani gli uomini dalla disordi­nata brama degli onori. Sostenne la fatica, la fame, la sete e le afflizioni del corpo affinché gli uomini proclivi alle voluttà e delicatezze, a motivo delle asprezze di questa vita non si sottraessero all’eserci­zio della virtù. Infine sostenne la morte per impedire che il timore di essa facesse abbandonare a qualcuno la verità. E perché nessuno avesse paura di incorrere in una morte spregevole a causa della verità, scelse il più orribile genere di morte, cioè la morte in croce. Così dunque fu conveniente che il Figlio di Dio fatto uomo patisse la morte, per indurre col suo esempio gli uomini alla pratica della virtù, di modo che risulti vero ciò che Pietro dice: «Cristo ha sof­ferto per voi, lasciandovi un esempio affinché ne seguiate le orme» (1 Pt 2,21).
Se infatti fosse vissuto ricco nel mondo e rive­stito di potere e di qualche grande dignità, si sarebbe potuto credere che la sua dottrina e i suoi miracoli fossero accolti in forza del favore degli uomini e della potenza umana. Perciò, affinché fosse manife­sta l’opera della divina potenza, scelse tutto ciò che nel mondo è vile e debole: una madre povera, una vita indigente, discepoli e messaggeri incolti, il disprezzo e la condanna a morte da parte dei magna­ti della terra, onde apparisse chiaramente che l’ac­cettazione dei suoi miracoli e della sua dottrina non erano opera di potenza umana ma divina. Di conse­guenza in quello che operò e patì si unirono assieme la debolezza umana e il potere divino: alla nascita infatti è adagiato in una mangiatoia, avvolto in fasce, ma è servito dagli angeli; vive povero e mendico, ma risuscita i morti, rende la vista ai ciechi; muore appeso a un patibolo, è annoverato fra i malfattori; ma alla sua morte, il sole si oscura, la terra trema, le pietre si spezzano, le tombe si aprono e i corpi dei morti risuscitano. Se qualcuno dunque con­sideri quale grande frutto è scaturito da tali esordi, la conversione cioè di quasi tutto il mondo a Cristo, e ulteriormente cerchi ancora altri segni per credere, si può dire che è più duro di una pietra, dal momento che alla sua morte anche le pietre si spezzarono. Questa è la ragione per cui l’Apostolo dice ai Corinzi che «il linguaggio della croce è follia per quelli che si perdono, ma per noi che siamo salvi è potenza di Dio» (1 Cor 1,18).
A proposito di tutto questo c’è ancora un’altra cosa da tenere presente. Secondo lo stesso piano provvidenziale per il quale il Figlio di Dio fatto uomo volle prendere su se stesso le debolezze umane, stabilì che anche i suoi discepoli — da lui costituiti ministri dell’umana salvezza — fossero essi pure disprezzati nel mondo. Perciò non li scelse dotti e nobili, ma senza cultura e di bassa condizione sociale, ossia poveri pescatori. E mandandoli a lavo­rare per l’umana salvezza, comandò loro di praticare la povertà, di accettare persecuzioni e ingiurie, e di subire anche la morte per la verità, cosicché la loro predicazione non apparisse esercitata per vantaggi terreni, e la salvezza del mondo non venisse attri­buita alla sapienza e alla potenza dell’uomo, bensì soltanto a quella di Dio: per cui in essi — che secon­do il giudizio del mondo sembravano spregevoli ­non venne meno la potenza divina che opera cose mirabili.
Questo era necessario per l’umana salvezza, affinché gli uomini imparassero a non confidare orgogliosamente nelle proprie forze, ma solo in Dio. Infatti per la perfezione della santità umana è richie­sto che l’uomo si sottometta in tutte le cose a Dio, da lui speri di poter conseguire il possesso di ogni bene e riconosca di averlo da lui ricevuto.

RESPONSORIO    Sal 15,11.5b
R/. Mi indicherai il sentiero della vita, gioi piena nella tua presenza, * dolcezza senza fine alla tua destra.
V/. Nelle tue mani è la mia vita,
R/. dolcezza senza fine alla tua destra.

oppure:

SECONDA LETTURA
Dalle «Conferenze» di san Tommaso d’Aquino, sacerdote e dottore della Chiesa.
(Conf. sopra il «Credo in Deum»). come in LO III, p. 1251.

Te Deum.

ORAZIONE
O Dio, che nella tua provvidenza
hai dato alla Chiesa san Tommaso d’Aquino
maestro di sapienza e modello di santità;
per sua intercessione fa’ che ti cerchiamo con sincerità
e ti amiamo con tutte le nostre forze.
Per il nostro Signore.

oppure:
O Dio, che in san Tommaso d’Aquino
hai dato alla tua Chiesa un modello sublime di santità e di dottrina;
donaci la luce per comprendere i suoi inse­gnamenti
e la forza per imitare i suoi esempi.
Per il nostro Signore.